A Roma non sono affatto poche le insegne storiche che ancora oggi portano in alto la cucina capitolina. Diverse si concentrano nel centro città da una parte e l’altra del Tevere, altre resistono nei quartieri popolari come San Giovanni o Garbatella. Noi però oggi vi vogliamo parlare di un’osteria nata nel 1940 nello chiccosissimo quadrante Trieste-Parioli, una zona che ancora oggi rappresenta un feudo indiscusso di quella romanità un po’ borghese e certamente benestante. Una parte di Roma in cui, tra gli eleganti palazzi realizzati da Moretti e Gio Ponti, non ti aspetti di trovare una trattoria dall’anima dolcemente decadente e profondamente popolare.
Da Emilio: oltre 50 anni di cucina romana
Al civico 189 di via Alessandria c’è Da Emilio, una di quelle trattorie senza trucco e senza inganno. L’insegna recita esattamente quello che si trova all’interno: tanta sostanza e zero orpelli. Non ve ne parliamo perché abbiamo assaggiato una delle migliori carbonare della città o perché dalla cucina esce un piatto che proprio non conosce eguali altrove. Niente di tutto questo, vi parliamo di questa trattoria perché qui si mangia una buona cucina romana e casalinga, respirando un’atmosfera calda ed accogliente, di quelle che a volte non si riescono a creare neppure in certi pranzi di famiglia in cui tutti ci dobbiamo stare per forza simpatici e invece no. Da Emilio è uno di quei posti in cui ci si può venire anche da soli con l’assoluta certezza che nessuno ci guarderà con l’occhio compassionevole rivolto a chi sta patendo la sindrome dell’abbandono, anche perché - per chi dovesse essere colto da un improvviso attacco di solitudine – Emilio fa il suo giro tra i tavoli a dispensare consigli, chiacchiere e a raccontare a chi glielo chiede, com’è iniziata la storia di questo posto.
Una mano di bianco alle pareti
«Questo ristorante esiste dal 1940, con mia moglie Italia l’abbiamo rilevato nel 1970. Io in sala e lei in cucina, è così da 54 anni. Ci siamo dedicati completamente a questa attività e fino a una decina di anni fa nel periodo estivo, invece di andarcene in villeggiatura, ne approfittavamo per dare una mano di bianco alle pareti e fare piccoli lavori». Racconta Emilio che oggi di anni ne ha 85 e in sala può contare sul supporto del figlio Claudio e di un altro bravo collaboratore, ma non c’è giorno che non venga nel suo ristorante e con lui sua moglie. È bellissimo vederlo girare tra i tavoli, mai a mani vuote sia chiaro: porta o toglie piatti, il cestino del pane, l’acqua. Il più delle volte si ferma a parlare con gli ospiti, molti dei quali sono clienti storici che non guardano più neppure il menu perché lo conosco a memoria. Come quel tavolo da due, in cui siedono padre e figlio. “Ma oggi ce l’hai le penne alla giudia? Le prendevo sempre da ragazzino! Ti ricordi papà?”. Chiede il giovane, parlando di questo piatto poverissimo (penne con sugo di pomodoro, basilico e acciughe) che Emilio imparò da ragazzo quando lavorava in un’osteria di San Giovanni.
Da Aldo Fabrizi a Gianni Morandi
Attaccate alle pareti diverse cornici, c’è quella con l’attestato di Cavaliere della Repubblica onorificenza riconosciuta ad Emilio qualche anno fa, c’è l’altra in cui lui e sua moglie sono insieme a Gianni Morandi. C’è poi la foto della signora Italia con Aldo Fabrizi: «Il signor Fabrizi abitava in Piazza Bari, tutti i giorni a pranzo era qua da noi. – Racconta Emilio – Puntuale alle 13, si faceva portare dal suo autista e si sedeva sempre al solito tavolo».
E proprio non distante dal posto di Aldo Fabrizi si accomoda Adolfo, un signore coetaneo di Emilio, è a pranzo da solo. Il suo tavolo è quello accanto alla parete, mangia piatti casalinghi: pasta olio e parmigiano, polpette ai ferri e broccoli all’agro. Il figlio di Emilio passa più volte ad assicurarsi che tutto sia di suo gradimento, lo tenta con un dolce “Te lo porto un dolcetto Ado’?” e poco dopo arriva con una fetta di torta al cioccolato. Adolfo ha bisogno di qualche attenzione in più, a Pasqua ha perso sua mamma di oltre cento anni, ma del resto non si smette mai di essere figli.
Cucina romana e piatti casalinghi
Il menu è racchiuso in un foglio A4 diviso in colonne di antipasti, primi, secondi e così via. In alto al centro c’è scritto Cucina casareccia e subito sotto “Lista del giorno”, che si compone di una quantità sterminata di piatti a cui dà una ragionevole sfoltita un NO scritto a matita. Per gli amanti dei primi romani, segnaliamo una gricia vecchia scuola, dunque leggermente asciutta senza la cremosità da (inutile) cottura risottata. Questa primavera che tarda ad arrivare rende ancora possibile godere di quell’ossobuco di vitella con purè di patate, un piatto sostanzioso che Italia sa cucinare particolarmente bene. Restano gli ultimi carciofi, qui fatti alla romana con aglio, mentuccia e la generosa quantità d’olio che richiedono. Proprio buono, morbido e gustoso, l’abbacchio alla cacciatora. Contorno “signature” di Emilio, una verza cruda tagliata sottilissima e condita a mo’ di puntarelle. Sarà per il calore generale e quella gentilezza di altri tempi del signor Emilio, ma perdoniamo una amatriciana nient’affatto ecumenica, con la cipolla e un dimenticabile guanciale affumicato, insieme al cestino del pane in cui trovano spazio dei terribili grissini. Conto, in linea con l’onestà del posto e di chi lo gestisce: sui 38 euro a persona per un pasto completo.
Da Emilio - Roma - via Alessandria, 129