Notizie / Ristoranti / “I grandi ristoranti non sono finiti, ma vengono premiati chef che complicano la cucina”. Intervista a Ernesto e Mario Iaccarino

Ristoranti

"I grandi ristoranti non sono finiti, ma vengono premiati chef che complicano la cucina". Intervista a Ernesto e Mario Iaccarino

Il Don Alfonso 1890 di Sant'Agata sui Due Golfi è in quartier generale appena rinnovato della famiglia Iaccarino, che continua la sua espansione nel mondo senza perdere di vista il cuore della casa: "Siamo andati in una direzione in cui viene premiata gente che ha complicato tanto le cose, mentre la cucina è facile"

  • 14 Luglio, 2024

Con oltre il 50% di clienti di ritorno, che di anno in anno visitano la casa della famiglia Iaccarino, il ristorante Don Alfonso 1890 si conferma una delle grandi destinazioni per gli amanti dell’ospitalità d’autore. Ristorante, sì, ma anche un boutique hotel di 8 camere, Relais & Châteaux appena ristrutturato che mantiene integra l’impronta di sempre, espressione di uno stile locale, con i colori accesi che tornano negli ambienti, gli arredi e i tessuti, ma anche nelle ceramiche di Vietri disegnate ad hoc per la struttura di Sant’Agata sui Due Golfi. Una grande casa padronale in pieno centro cittadino, che nasconde un giardino verdissimo, un patio che regala relax e frescura a un passo dalla piscina. È qui che incontriamo Mario ed Ernesto Iaccarino, maitre e chef. Seconda generazione alla guida della struttura che hanno raccolto il testimone dalla mamma Livia – grande signora di sala – e dal papà e chef Alfonso, a sua volta erede di una lunga storia nell’ospitalità: l’hotel di casa è a pochi metri, in linea d’aria, dal Don Alfonso.

Come sta andando questa riapertura?

Risponde Ernesto. I numeri che stiamo facendo sono molto buoni anche se siamo in un contesto non esplosivo.

La stagione non decolla?

Risponde Mario. La Costiera, fino a ora, sta a meno 30%.

Quindi non c’è problema di overtourism qui, o no?

Risponde Mario. In zona si sente, ma non qui dove siamo noi, nella parte finale della Costiera Sorrentina e Amalfitana. Il comune di Massa Lubrense non è molto famoso: non è Firenze, non è Venezia, neanche Sorrento, Positano, Amalfi o Capri. Quindi vive una situazione molto più serena rispetto a luoghi più conosciuti a livello internazionale e più forti come brand.

Però c’è il brand di tutta la Costiera.

Risponde Mario. Sì, e ovviamente soffre di questo, per esempio per la viabilità, un problema legato anche alla conformazione geografica di questo posto che richiede una riflessione seria. Non è semplice perché bisogna combattere anche con dei gruppi di trasporti importanti. Un problema dato dal trasporto pubblico: i pullman che si sono quintuplicati in costiera amalfitana, da Positano ad Amalfi incontri anche 15 pullman. Ma la nostra zona è più tranquilla.

Anche per il fatto di non essere sul mare?

Risponde Mario. Siamo addirittura ancora più privilegiati, perché in estate abbiamo una temperatura piacevolissima: il Don Alfonso è un buen retiro interessante. Un posto dove ci sono 8 camere, al massimo ci sono 8 coppie che gravitano in piscina. Abbiamo clienti che vengono qui 7-8 giorni e non escono dal cancello. Qualche volta dico «Andatevi a fare una passeggiata». E mi rispondono «Mario, ma dove dobbiamo andare a passeggiare? Stiamo così bene qua, ci sentiamo coccolati, colazione, pranzo e cena». Quando uno vive in una grande città e si ritrova in un contesto più fresco, dove c’è una bella musica, c’è un bel giardino, c’è una cucina con buoni prodotti bio, c’è una situazione di comfort soprattutto emotivo, sta bene.

Ma questa diminuzione di turismo da che dipende?

Risponde Mario. Secondo me c’è stata una bomba esplosiva nei ultimi 2 o 3 anni, nel post Covid. Ora si sta tornando alla normalità. Noi siamo stati chiusi nell’anno migliore, il 2023, che è stato uno degli anni storici per il turismo qui.

Questa è una zona anche di turismo enogastronomico, non sarà che davvero la fine del fine dining?

Risponde Ernesto. Non abbiamo questa percezione. Ma a parte noi, direi che il problema non è che il fine dining non va più, ma che tipo di fine dining abbiamo costruito in questi anni. Tutti noi, ristoratori giornalisti insieme, abbiamo creato un fine dining che non funziona. Poi invece ce ne sono alcuni che funzionano.

E quali?

Risponde Ernesto. Quelli in cui  usi i migliori prodotti, fai piatti diretti, golosi, al massimo con 4 ingredienti. Se il piatto è buono è buono, non serve tanto per capire che ti stai mangiando. Non serve un’enciclopedia che ti spieghi che questa è l’acidità e questo è l’amaro. Se una bimba di 10 anni mangia il tuo degustazione e ti fai complimenti vuol dire che l’istituto primordiale è diretto sul buono. Secondo me il problema è che siamo andati in una direzione in cui viene premiata gente che ha complicato tanto le cose. Invece la cucina è facile: deve essere bella e buona. Punto. Non bisogna avere l’arco di scienza. Poi se hai la continuità di 50 anni questo aiuta, certo, anche in un anno difficile come questo.

Ma la crisi dei ristoranti d’autore allora?

Risponde Ernesto. Secondo me il settore ha avuto delle colpe, però non può essere vero che il fine dining che è finito. Il tema è un altro.

Un punto cruciale.

Risponde Ernesto. I costi del personale in Italia sono altissimi, e questo non significa che uno non vuole pagare il personale, anzi: noi vorremmo dare di più al personale, il tema è il benedetto cuneo fiscale che da vent’anni l’Europa ci viene di cambiare, ma noi non lo cambiamo. E oggi è di una attualità incredibile, perché con l’inflazione degli ultimi due anni se non abbattiamo il cuneo fiscale, le persone preferiscono non lavorare e affidarsi a qualche forma di assistenza.

Dare più soldi ai dipendenti aiuterebbe?

Risponde Ernesto. Abbiamo lo stesso costo del personale della Germania, ma lì i due terzi di questa cifra vanno al dipendente e uno va allo Stato, in Italia il contrario, quindi il dipendente ha quasi la metà di uno stipendio di un equivalente tedesco. Una situazione demotivante che ti obbliga a dare altre forme di incentivi, quindi ti crea anche dei costi strani. Noi stiamo chiedendo di avere un Paese normale. L’azienda non vuole agevolazioni, vogliamo dare più soldi dipendenti per motivarli di più e per far girare anche l’economia: così l’Italia riparte perché ripartono i consumi, invece noi siamo depressi, perché se paghi il 60% di tasse – e se fai i conti bene alla fine è il 60% per tutti, le imprese e i dipendenti, tra l’altro anche noi siamo dipendenti – dobbiamo stare tutti attenti.

Quai sono le conseguenze?

Risponde Ernesto. Da questo dipendono mille cose, per esempio città come Milano o come Roma si stanno svuotando perché se fai un lavoro da 1800 euro al mese, non ti paghi neanche la casa e il mangiare con quei soldi, però quella è una busta paga che costa all’azienda 3/3500 euro. Se non si mette mano, in modo serio al cuneo fiscale, va in crisi tutto, non solo il fine dining.

Quali sono i margini di un ristorante come il vostro?

Risponde Mario. Se sei bravo bravo tra il 10 e il 15%, però poi c’è la tassazione. E po c’è un investimento di volta in volta, sai che metti un euro da parte, lo investi qui, perché vuoi far vivere questo posto. Abbiamo fatto due grosse ristrutturazioni in 15 anni, non quella regolare che facciamo ogni anno, ma due grosse, una dal 2007 al 2012, e l’ultima adesso, nel 2023, dopo 11 anni. Ogni 10-12 anni sventriamo. Ci piacciono le nuove sfide e ci piace stare in un contesto che sia migliore. Questo anche grazie a tutte le altre cose che danno ossigeno.

Parli delle consulenze. Che tipo di lavoro è?

Risponde Mario. Bello, affascinante e complesso.

Oggi avete una bella collezione: due a Macau, uno Portogallo, uno in Canada, uno in Nuova Zelanda, uno in Missouri…

Risponde Mario. Sono due tipi diversi di ristoranti: c’è Casa Don Alfonso, un progetto di casual dining dove riscopriamo la cucina partenopea e la cucina mediterranea, con tutte le ricette delle nonne della famiglia Iaccarino e delle nonne mediterranee. Un concetto molto interessante che ci sta facendo capire quanto è importante preservare e andare in quella direzione in là. Esattamente la direzione opposta in cui si pensa di dover andare: la tradizione come punto di partenza, ma anche come punto di arrivo, attraverso le espressioni massime dei prodotti.

E l’altro?

Risponde Mario. Il Don Alfonso, un concetto di fine dining che trovi a Toronto, Macau, dove abbiamo aperto un secondo indirizzo a Palazzo Versace qualche mese fa, Nuova Zelanda. E poi a Cascais, in Portogallo, aperto da poco, ancora in rodaggio. Nei fine dining facciamo dei piatti storici nostri, poi ci sono anche dei percorsi creativi e piatti che non sono in carta al Don Alfonso, che Ernesto realizza con lo chef di cucina del luogo. Lasciamo un margine di creatività anche alle persone che sono attorno a noi.

Come si affronta una consulenza in posti così diversi tra di loro?

Risponde Mario. I progetti di consulenza sono il più grande momento di crescita per noi, che non diamo solo il nostro know how, ma assorbiamo tantissimo dalle diversità, dalle difficoltà, dalle complicazioni che uno specifico territorio può dare a livello di selezione di prodotti e a livello di risorse umane. Quando lavori in un paese come il Nord America, su 50 collaboratori hai 45 etnie diverse, dal colombiano fino all’uzbeko. Devi riuscire a costruire queste persone sotto l’aspetto del back office che è la parte della produzione culinaria, ma devi anche costruire il gusto sul tuo gusto mediterraneo.

Come ci si riesce?

Risponde Mario. Con il tempo, la dedizione totale, la conoscenza, gli devi raccontare tante cose, gli spieghi la differenza del gusto. Costruire il gusto di una brigata di cucina, i cui membri sono uno dall’Uzbekistan un altro dalla Patagonia è una delle missioni più affascinanti che ci sono. Improvvisamente ti accorgi che il cinese di turno riesce a realizzare uno spaghetto al pomodoro esattamente come lo realizzi tu, è la più grande soddisfazione. Come quando il maestro di scuola, vede il bambino che sa scrivere correttamente. È un’emozione veramente spettacolare.

Così costruisci una vera grammatica del gusto

Risponde Mario. La stessa soddisfazione è riuscire a fare in modo che queste 15 persone che gravitano nella sala del ristorante riescano a raccontare i ravioli di pasta fresca farciti di caciotta e maggiorana con i pomodorini vesuviani e il basilico. Devi fare in modo che la persona che sta là, che arriva dal Centro America, riesca a raccontare quel piatto nello stesso modo in cui lo racconteresti tu. Ci vuole il tempo.

Quanto tempo?

Risponde Mario. Quando vado in un posto dedico tantissimo alla formazione del cuore delle persone. Noi dobbiamo riuscire a coinvolgere emotivamente queste persone di tante etnie diverse che sono i nostri ambasciatori, anche perché noi non siamo presenti sempre, andiamo due volte l’anno.

Quali sono le tappe?

Risponde Mario. Bisogna prima costruire i rapporti umani. Secondo bisogna costruire la loro conoscenza e il loro gusto. Dobbiamo raccontargli, attraverso video, cosa succede a Gragnano, sui Monti Lattari, nella Piana del Sele o in Sicilia con il pecorino, o con il Parmigiano.

E per quanto riguarda i prodotti come la mettete?

Risponde Mario. Oggi è più semplice: utilizzare un prodotto italiano 20 anni fa era un’impresa, oggi con la Global Distribution, riesci a avere un gamberetto di Mazzara del Vallo a Macao 22 ore dopo che l’hanno pescato. Però siamo molto dediti allo studio dei prodotti locali. E li interpretiamo perché è importante anche far crescere le produzioni locali. In Missouri ci sono delle mele straordinarie, im Canada funghi pazzeschi, Ogni luogo lo analizziamo, lo studiamo, e cerchiamo di fare il km0 anche lì. Poi c’è il prodotto irrimpiazzabile, per noi il pomodoro è l’oro, l’olio extravergine è l’oro. Li spediamo direttamente la Sant’Agata.

Stesso prodotto?

Risponde Mario. Se mangi uno spaghetto al pomodoro a Macao, a Toronto, a Saint Louis mangi esattamente la stessa qualità di prodotto che trovi al Don Alfonso a Sant’Agata. È il must assoluto: stessa pasta, stesso pomodoro, stesso olio. Quello della nostra azienda Le Peracciole a Punta Campanella.

Anche su quello state lavorando

Risponde Mario. Stiamo andando avanti con il progetto bio e potenziando il progetto di sostenibilità con il fotovoltaico. Lì c’è anche una casa che stiamo ristrutturando dove vorrebbe andare a vivere mio padre Alfonso. Noi la facciamo partire come realizzazione del sogno di Alfonso però Alfonso ha avuto tanti sogni nella vita.

Quale è il tuo su Punta Campanella?

Risponde Mario. Dobbiamo cominciare a farla fruttare, perché l’azienda ha un costo importante di gestione. Ma soprattutto perché quel posto va condiviso: è un posto unico, dove c’è una storia importante e dove poter costruire un’appendice della boutique hotel Don Alfonso di Sant’Agata, per un’esperienza quasi mistica. Ti ritrovi di fronte a Capri in un contesto di nove ettari di cultura biologica, in questa casa antica di 200 anni, fatta tutta di pietra viva, tagliata a pezzo per pezzo, con i tetti a botte, con ci saranno 6 posti letto in totale. Hai uno chef a disposizione, una persona che si prende cura dell’ospitalità, con tanto di macchinetta elettrica a disposizione per farti portare su nella civiltà. Quello è un luogo che va condiviso, perché la bellezza va condivisa ma anche per far capire quello che facciamo qua, dovremmo portare a Punta Campanella ogni essere umano che viene a Don Alfonso.

Così uno può capire da dove vengono quei sapori…

Risponde Mario. I nostri sforzi, anche economici, sono stati sono e saranno fino a che avremo la forza, riuscire a preservare il gusto primitivo di certe cose. Cose che fanno parte di questo patrimonio culinario immenso che arriva da 2000 anni di storia.

Quindi questa è la vostra ricerca gastronomica?

Risponde Mario. Per noi la ricerca più grande sarà conservare quel gusto e quel pomodoro. E tutti gli sforzi sono dedicati a questo, quella è la nostra ricerca: riuscire a portare nelle cucine del Don Alfonso un prodotto che ci ricorda quando noi eravamo bambini. Per noi la nostra missione di vita sotto l’aspetto culinario è molto chiara: più andiamo avanti più avremo il dovere di preservare il gusto e di preservare le tradizioni. Questo è come noi vediamo il mondo presente e futuro del Don Alfonso.

TI POTREBBE INTERESSARE ANCHE...
"I grandi ri...
Random24

Corsi per Appassionati

Corsi per Professionisti

University

Master

© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.

Made with love by Programmatic Advertising Ltd

Made with love by Programmatic Advertising Ltd

© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati