Verso la Fase 2
L’ultimo DPCM che presiederà alla graduale ripartenza della fase 2 ha gelato le aspettative del settore della ristorazione, che stando alle raccomandazioni del Comitato Scientifico non potrà riaprire battenti prima del 1 giugno, e solo se sarà confermato il progressivo miglioramento della situazione. Con le associazioni di categoria in subbuglio e catastrofiche previsioni sulla tenuta delle piccole attività (solo a Roma, dicono le stime del Centro Studi della CNA, un ristorante su 5 non riaprirà, mentre su base nazionale la Fipe prevede la moria di 50mila attività, con 350mila posti di lavoro persi), le amministrazioni comunali delle principali città italiane sono comunque al lavoro per studiare misure che favoriscano la ripresa quando sarà possibile. E mentre il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini auspica che la riapertura di ristoranti e bar possa essere anticipata rispetto alla data indicata del 1 giugno, le idee più concrete per una ripartenza che conceda un po’ di respiro alle attività di ristorazione arrivano, per ora, da Milano e Genova. Di idee si tratta, perché nulla è ancora scritto e in entrambi i casi bisognerà testare attentamente la fattibilità dei progetti, ugualmente incentrati su una riorganizzazione della spazio pubblico (proposta, peraltro, anche dai sindaci di altre città, come Bari, ma spesso avversata da comitati e associazioni di quartiere, come sta succedendo nel centro storico di Roma, dov'è già partita la levata di scudi contro la proposta del Campidoglio di ampliare le concessioni di suolo pubblico per bar e ristoranti).
Fase 2 ristoranti a Milano: la strategia di adattamento
A Milano, la strategia di adattamento proposta da Palazzo Marino e ora al vaglio dei cittadini, che possono a propria volta avanzare perplessità e idee sulla ripartenza, evidenzia la necessità di garantire nuovi spazi all’aperto per i ristoranti e i bar che ne sono sprovvisti. Il piano è molto ambizioso – troppo sostiene qualcuno – e mette in discussione l’intero sistema di mobilità cittadino, a vantaggio di uno spazio urbano che, nel rispetto delle norme di distanziamento sociale, possa comunque favorire l’interazione e il tempo libero all’aria aperta. Per quel che riguarda il sostegno alla ristorazione e alle attività di quartiere, oltre a favorire l’estensione degli orari d’apertura, l’idea (ripetiamo ambiziosa, se non utopistica) è quella di incentivare la pedonalità, liberando così i marciapiedi (e i margini della carreggiata) dalle auto in sosta per popolarli dei tavolini di bar e ristoranti costretti a diminuire il numero di coperti all’interno dei locali.
Le piazze della ristorazione a Genova per la Fase 2
Nel frattempo, anche il sindaco di Genova Marco Bucci ipotizza l’eventualità di destinare alcuni spazi pubblici all’aperto all’allestimento di “sagre urbane”. Il termine che richiama subito alla mente l’immagine di assembramenti e folle festanti non deve ingannare. Pur lasciando adito a dubbi (come controllare la fruizione ordinata di servizi pubblici concentrati in un unico spazio, seppur all’aperto?), l’idea è quella di attrezzare quattro o cinque “piazze” cittadine dove bar e ristoranti costretti a dimezzare i coperti o impossibilitati a riaprire nel rispetto delle norme di sicurezza possano trovare ospitalità per i mesi estivi. Le cucine sarebbero dunque allineate sul perimetro, mentre al centro troverebbero spazio i tavoli all’aperto, opportunamente distanziati. “Come una sorta di Mog all’aria aperta”, ha commentato il sindaco in una diretta Facebook, “con l’intento di aiutare i pubblici esercizi a sopravvivere in fase 2”. A partire da piazzale Kennedy, dove Bucci - che ha già previsto l’abolizione della tassa di occupazione del suolo pubblico per il 2020 - ipotizza anche l’apertura di un drive in. Idea lodevole in teoria, molto rischiosa nella pratica.
a cura di Livia Montagnoli