Camillo. Un ristorante in piazza Navona
L’ultimo passaggio di consegne, nel ristorante che la famiglia De Sanctis gestisce da quattro generazioni in piazza Navona, era già destinato a cambiare le cose in tempi non sospetti, prima che l’emergenza sanitaria arrivasse a mettere in ginocchio quelle attività che lavorano principalmente col turismo internazionale. Ma Filippo e Tommaso, cui papà Enrico aveva intenzione di lasciare le redini a partire dal prossimo anno, sono entrati in azione prima del previsto, consci della necessità di rimodulare l’offerta e l’identità del ristorante di famiglia come fosse un progetto rinato da zero, con l’idea di crescere giorno dopo giorno insieme alla città. E per la città. Del resto la celeberrima piazza ellittica scandita dalle fontane monumentali del Bernini è sempre stata meta prediletta dei turisti che affollano la città in ogni momento dell’anno; e ora si riscopre diversa. Agli stranieri in arrivo da ogni parte del mondo si sono sostituiti i romani (ma dal 3 giugno si potrà contare anche sul turismo italiano, e, per l’estate, su un timido ritorno dei visitatori europei), che con meraviglia si aggirano alla scoperta del centro storico di Roma, godendo anche di quella piazza che per molti versi era diventata off limits, improntata com’era a una proposta mirata a ingolosire il turismo di massa, senza prestare troppa attenzione alla qualità e facendo pagare cara l’opportunità di prendere un caffè seduti al cospetto di uno degli scenari urbani più suggestivi del mondo. Tra le attività che ormai punteggiano buona parte del perimetro della piazza, sono in molte a disperare per la sorte dei prossimi mesi.
Ripensare l’attività per i romani
La famiglia De Sanctis, invece, parte da un assunto piuttosto intuitivo per darsi la forza di ripartire: lavorare in piazza Navona è una fortuna, perché se è sempre stata bella per i turisti può tornare a esserlo anche per i romani. E allora ecco la svolta di Camillo, che in piazza, al civico 79, è operativo dal 1890: lavorare con e per il quartiere (per la città), richiamando una clientela giovane e locale. Facendo di un ristorante super turistico un salotto aperto per la città, com’era negli anni Sessanta, quando l’aperitivo in piazza era abitudine comune di tanti romani. Con l’auspicio (la ragionevole certezza?) che modulare un’offerta più originale a prezzi accessibili potrà richiamare anche i turisti quando torneranno a visitare la città. I fautori di questa transizione sono proprio Tommaso e Filippo: “Abbiamo dovuto accelerare, con piacere, un progetto già cantiere. C’è stata una grossa debacle economica, ora anche noi siamo un’azienda in difficoltà, ma in futuro questo reset ci darà tanto” spiega fiducioso Tommaso “Io prima di ritornare alla casa base ho visto realtà di ristorazione diametralmente opposte a quello che c’è stato nel centro di Roma finora: noi i romani in piazza non avremmo mai pensato di poterli attrarre, l’immaginario collettivo che fa di questo luogo uno scenario da turismo di massa ha sempre pesato in tal senso. Ma la colpa è anche nostra che abbiamo iniziato a interpretare il turismo così. Per noi è un sogno riconquistare i romani, e spero anche di lanciare un trend, per far sì che quando torneranno i turisti saremo capaci di accoglierli in modo diverso, cambiare le carte in tavola.
Aperitivo in piazza e cucina agile. Suggestioni dal mondo
Tommaso in passato ha lavoro nelle brigate di Angelo Troiani, Alessandro Narducci, Daniele Lippi e poi nella cucina del ristorante Pierluigi, sempre in centro città. Oggi ha tanta voglia di mettersi in gioco e la curiosità di approcciare la ristorazione gastronomica in punta di piedi, dopo aver molto girato il mondo per raccogliere stimoli ed esperienze: “L’ultimo viaggio, l’autunno scorso, mi ha portato in Giappone, nei posti più sperduti, per scoprire nuove tradizioni gastronomiche; come quando sono andato in cerca di produttori artigianali di salsa di soia in una piccola isoletta di 500 abitanti. Sono tornato con 30 chili di ingredienti, ho iniziato a organizzare pop up dinner ispirate ai miei viaggi. Ora posso lavorare sulla mia idea di cucina nel nostro ristorante”. Con lui c’è Filippo: una laurea in finanza aziendale, poi al lavoro nel mondo dell’arte contemporanea, ora responsabile di Camillo per l’impostazione dell’idea e la strategia di marketing. Nella prima fase di riapertura, quando era consentito solo l’asporto, è nata l’idea del Drinketto, aperitivo take away in bottiglia sigillata, che oggi si può consumare anche seduti ai tavolini in piazza, meglio se con qualche sfizio street food in uscita dalla cucina.
Un menu per romani e per turisti new normal
Tommaso si preoccupa di disegnare un menu agile, lavorando sulla selezione delle materie prime e su molte preparazioni home made, dalle salse al pane: “Sono una persona che studia molto, volevo realizzare l’hamburger perfetto (proposto a 5 euro, e con 3 euro in più si possono aggiungere le "patate fritte a mestiere", ndr), ispirato al modello di Shake Shack; ho lavorato molto sul pane, per raggiungere l’equilibrio perfetto, e ora ne sono orgoglioso”. Ma le pietanze esplorano tutto il mondo: panini al vapore proposti però con sughi classici della romanità (5 euro), mazemen (ramen “asciutto”), e più in generale un menu con poche proposte - non più di una ventina – declinate su tre orizzonti: “Roma, l’Italia, il mondo, partendo da pane, pasta e fritti (come il cuoppo di gamberi e calamari o i moscardini a 6,50 euro, ndr), che accolgono diverse suggestioni. Dalle fettuccine al pomodoro realizzare finalmente con ottimi ingredienti ai noodle del mazemen, fatti da noi. Per molto tempo abbiamo accontentato il turista che chiedeva le fettuccine Alfredo col pollo, ora abbiamo tempo per creare il nostro carattere, così da diventare una scelta alternativa a tutti gli altri, che continuano a sperare che le cose tornino esattamente come prima. Noi invece, senza essere integralisti, proporremo al turista un’offerta ben chiara, lui sarà libero di sperimentare: il turista medio la vera Roma non la vede mai; ci siamo sempre lamentati della Roma stereotipata, ma siamo noi a dover mettere in atto un cambiamento”.
Dunque spazio a cibo accattivante e informale, senza la presunzione di avere la formula per il successo già in tasca, perché il processo di ripartenza sarà lento e imprevedibile, e cambiare pelle non è mai facile: “Al momento lavoriamo senza servizio al tavolo, abbiamo predisposto due banconi per gli ordini, tutto è eseguito con cura, ma il cliente poi sceglie da sé se portar via o accomodarsi al tavolo. Così riusciamo a contenere i costi e a eliminare certe formalità. Ai romani piace, anche nostro padre, all’inizio spaventato, si è convinto che questo potrà essere il futuro”. Si lavora prevalentemente per l’aperitivo, ma Camillo è aperto no stop dalle 11 del mattino a notte fonda, tutti i giorni: “C’è bisogno di impegno, ed elasticità, dobbiamo essere pronti a migliorarci sempre. Ma siamo piuttosto reattivi ai cambiamenti, di certo non torneremo come prima, vogliamo essere più facili e più moderni. L’ambizione è creare qualcosa di successo che possa smuovere la mentalità che ci ha sempre danneggiato. Magari anche fare scuola”. Perché no.
Camillo - Roma - piazza Navona, 79 - Pagina Fb
a cura di Livia Montagnoli