L'Antica Corte Pallavicina
Chi non conosce l’Antica Corte Pallavicina, luogo del cuore nella bassa Parmense, dove si respira pace e buon gusto in tutti i sensi? Coloro che non hanno avuto la fortuna o l’occasione di venire qui, a un tiro di schioppo dal fiume Po, quasi sicuramente sanno della sua esistenza da riviste e trasmissioni televisive. È facile lasciarsi incantare dalle immagini di questo posto tra fiaba e sogno che si avvera, con relais di charme, ristorante di rango, Hosteria del Maiale, azienda agricola da cui proviene quasi tutto quello che arriva in tavola, vini e farine comprese, produzione di salumi spaziali e cantine storiche di stagionatura, museo del culatello e del masalén.
L’incantesimo per l’emergenza da Covid-19 ha colpito, come una randellata in piena testa, anche il piccolo regno raccolto intorno al castello quattrocentesco che fu dei marchesi Pallavicino e dal 1990 di proprietà della famiglia Spigaroli, costretto a chiudere da inizio marzo, quando erano in programma tanti eventi, tra cui il grande appuntamento con il meglio della norcineria italiana: Salumi da Re rimandato a dopo l'estate. Ma poi tutto si è fermato. Oltre il Po, a neanche 25 chilometri, Cremona e il cuore della zona rossa. Solo l’azienda agricola ha continuato a produrre.
L'intervista a Massimo Spigaroli
Abbiamo intervistato Massimo Spigaroli, il “signore” del castello, e ci siamo fatti raccontare gli ultimi tre mesi a Corte e l’inizio della ripresa a poche ore dell’apertura del ristorante gourmet.
Com’era la situazione pre-Coronavirus?
Bene, come sempre. Tutto prenotato al relais e al ristorante, da mesi. Clienti italiani ma anche tanti stranieri: qui vengono da tutto il mondo. Per una notte al relais, una cena gourmet al ristorante e quella più pop e rustica alla Hosteria del Maiale, ma molti anche per un soggiorno di diversi giorni.
Quale è la vostra proposta per gli ospiti?
Abbiamo messo a punto un nostro sistema, concepito per offrire ai clienti una rosa di varie esperienze per far vivere il territorio: il corso sulla pasta e quello sui salumi, la visita nel palazzo e nelle cantine storiche dove stagionano i culatelli, il lavoro nell’orto e in vigna, una passeggiata nella golena, mangiare pesce fritto in un baracchino in riva al fiume.
Che momento era quando è arrivata l'emergenza?
Ci stavamo preparando alla primavera e al periodo clou per la Corte, che va da marzo a giugno, per riprendere quota da settembre a novembre. Avevamo il personale al completo, 60 dipendenti.
Vi stavate anche preparando a un anno particolare, così nelle previsioni.
Doveva essere il nostro anno. Parma capitale italiana della cultura 2020. I 100 anni della nostra famiglia nella ristorazione, con l’apertura del Lido sul Po nel 1920. Poi…
Poi?
Una spada conficcata nella schiena. Ai primi di marzo in 3 giorni disdette tutte le prenotazioni. Dopo, più nulla, silenzio e deserto. Mai successo da quando ha aperto l’Antica Corte Pallavicina, dieci anni fa. Chiuso anche il mercato dei contadini, dove andavamo a vendere le nostre verdure. La prima settimana è stata molto dura, lo confesso, un grande sconforto, i sacrifici di una vita, della mia e della mia famiglia.
Quali sono state le prime reazioni?
Non ho voluto vedere la televisione, ho spento il computer, non leggevo i messaggi. Avevo bisogno di silenzio, di non farmi condizionare, di non perdere lucidità. Volevo reagire, ragionare, trovare soluzioni, progettare cose nuove.
Come vi siete organizzati?
Alcuni dipendenti sono stati messi in cassa integrazione, altri in ferie, altri hanno continuato a lavorare, ma in modo diverso. Il personale della reception a zappare in vigna, a mettere in sesto il palazzo. Alcuni addetti della cucina hanno fatto le conserve e i preparati di cucina, hanno messo a punto nuove ricette, dato spunti per il menu della ripresa.
Vi siete dedicati molto alla terra...
Abbiamo impiantato una vigna nuova e attivato una farm delivery: io con i miei ragazzi raccolgo le verdure del nostro orto e delle nostre serre e faccio le cassette ortolane, mio fratello e la figlia Benedetta le consegnano il giovedì in zona.
Delivery, dunque?
Sì, ma non delivery da ristoratore ma da agricoltore e produttore di salumi. È un’iniziativa nuova della Corte, che continuerà anche dopo l’emergenza sanitaria. In quella che era la vecchia porcilaia abbiamo aperto un farm shop, La Motta, dove vendiamo tutte le nostre produzioni e quelle di agricoltori evoluti.
E i salumi?
La produzione di salumi è stata ridimensionata ma abbiamo fatto la manutenzione di quelli in cantina, controllati e spazzolati pezzo per pezzo, preparandoli per quando sarà il momento.
Come hai affrontato il Covid nel tuo ruolo istituzionale?
Nel mio ruolo di sindaco di Polesine Zibello (da un anno esatto, dal maggio 2019, n.d.r.) ho fatto un video per i cittadini dicendo le cose come sono, togliendo le punte, senza drammatizzare e fare allarmismi, ma dando soluzioni e infondendo ottimismo, con tanta umanità, come se fosse la mia famiglia.
Com’è l’Antica Corte vuota?
Nell’orto sono entrate le lepri. Dentro il cortile sono arrivati i fagiani, giravano le gazze, i pavoni, che sono un po’ le mascotte dei nostri clienti, per la prima volta hanno fatto la ruota per nessuno. Tutto un po’ selvaggio, la natura si è ripresa i suoi spazi.
Chi e cosa ti è stato di conforto in questo periodo?
Gli amici veri, la famiglia, le dimostrazioni di affetto e solidarietà da parte di tante persone, una su tutte quella di Ducasse: abbiamo affinità nel modo di sentire le cose. E poi la squadra di ragazzi della Corte che hanno capito, si sono dati da fare e hanno fatto di tutto: muratori, imbianchini, contadini... Avevamo tre zappe, ne abbiamo comprate altre sette.
Un ritorno alla terra?
Ci ha salvato la terra e questo nostro sistema, il nostro territorio, che ci ha sempre sostenuto e ci è tornato utile in questo momento difficile.
Volendo vedere il mezzo pieno, qualche risvolto positivo del Coronavirus?
Mi ha costretto a riflettere, un’occasione che non mi capiterà più, almeno lo spero (sorride). Ho progettato i miei prossimi 100 anni, anche quelli in cui non ci sarò più. Mi sento una persona diversa. Io e mio fratello abbiamo capito che non possiamo spingere oltre nella ristorazione perché stiamo invecchiando, che è necessario diversificare.
Non è una novità per voi...
Lo abbiamo sempre fatto ma oggi ancora di più, una diversificazione intelligente. Si è rafforzato ulteriormente il contatto con il territorio. In questo momento ho “conosciuto” le persone, quelle di qualità mi sono restate vicine. È stata una prova del nove.
Cosa hai imparato da questa emergenza?
La lezione che ci insegna il Coronavirus, non solo a noi, è quella di togliere i fronzoli, di avere più consapevolezza che da un giorno all’altro può succedere di nuovo, di tenere il fienile pieno. Di dar da mangiare alla testa per reagire e progettare il futuro.
Come vedi il dopo Covid-19?
Il virus lascerà il segno e qualcosa di quello che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo rimarrà. La gente comincerà a ragionare di più, a muoversi diversamente, a stare di più a casa, a scegliere, selezionare. L’osteria ha riaperto da due settimane ma non ci sono molti clienti, c’è ancora tanta diffidenza. Anche se qui contaminazione zero, nessuno si è ammalato.
Al momento quali sono le attività del sistema Antica Corte Pallavicina?
L’azienda agricola, che non ha mai smesso di lavorare. La ristorazione, con le modifiche del caso e le distanze di sicurezza: l’Hosteria del Maiale ha riaperto all’inizio della fase 2, il 18 maggio, il ristorante gourmet il 29 maggio. La vendita dei prodotti aziendali attraverso il delivery, il farm shop e al mercato contadino di zona, riaperto da un mese con ingresso contingentato. Altre attività sono comprensibilmente sospese: il catering, i banchetti al Cavallino Bianco, i grandi buffet, gli eventi. Eravamo fortini sul quel fronte…
Il nuovo menu del ristorante dell’Antica Corte?
Terra terra terra, e poi il mio fiume.
Antica Corte Pallavicina - Polesine Zibello (PR) - strada del Palazzo Due Torri, 3 - 0524936539 - anticacortepallavicinarelais.it
a cura di Mara Nocilla