Sei anni. Sono tanti o pochi? Il tempo è relativo, tutto dipende da come lo si impiega. Nino Rossi, classe 1982, ha dedicato gli ultimi sei anni a far crescere un progetto gastronomico che oggi condensa a pieno la personalità di chi l’ha creato, partendo da zero, nel cuore dell’Aspromonte: non certo una destinazione banale. E Nino Rossi non è un cuoco banale, anzi: si definisce autodidatta, ha una intelligenza trasversale che solo da poco ha messo al servizio della sua narrazione culinaria. Con grande successo.
Nino Rossi si definisce un autodidatta (ma ricordiamo le brevi ma reiterate esperienze con Norbert Niederkofler e il banco di prova di Davos, alla guida della cucina dell’Arthaus Hotel per periodi limitati nel tempo, propedeutici a forgiarsi sul campo) che ha compreso l’importanza di essere trasversale. Dopo la maturità classica, e un’adolescenza trascorsa tra la Calabria e Roma, vola dall’altra parte del mondo, sì, ma per studiare comunicazione in America, a Los Angeles. Il tratto più evidente del suo carattere è la volitività. Quel rigore verso sé stesso e le proprie passioni che in passato l’ha portato ad applicarsi con dedizione al pattinaggio, e poi – scopertosi grande fan della musica elettronica – a studiare con lo stesso impegno persino una materia che molti relegherebbero tra gli hobby da coltivare a tempo perso.
"Ho capito che sono fatto così, nella vita ho sempre perseguito i miei interessi con approccio rigoroso, in cicli più o meno lunghi. La cucina, arrivata in una fase già avanzata del mio percorso, si è rivelata la passione più intensa e duratura, la cosa che mi viene più naturale fare senza forzarmi. Questo l’ho capito davvero solo negli ultimi 2-3 anni, ora che il mio cervello è allenato per pensare e agire da cuoco. Raggiunta questa maturità, so anche che voglio centellinare i miei sforzi, per preservare la spontaneità di questa scintilla e tenere alto il mio attaccamento alla professione". Che non significa certo abdicare al proprio ruolo, ormai di rilievo nella geografia della nuova ristorazione d’autore italiana, e ancor prima strategico nel cementare quel “collettivo” di giovani cuochi calabresi (ve ne avevamo parlato qualche anno fa) che nella sua visione si sono riconosciuti, e oggi concorrono a fare della Calabria gastronomica una regione divertente e ricca di spunti da approfondire.
Alle origini di Qafiz: il ristorante di Nino Rossi
Come e perché nasce, dunque, Qafiz? Il nome viene dal termine arabo localmente tradotto come cafisu, contenitore per l’olio in uso da secoli: quella di Nino Rossi è una tavola fine dining ospitata nella bellissima tenuta di famiglia di Santa Cristina – poco più di un chilometro dai boschi del Parco dell’Aspromonte e meno di trenta dalla costa ionica – che da molti più anni è anche luogo deputato all’organizzazione di banchetti e cerimonie come tradizione locale comanda. “Dentro c’è sicuramente il mio passato” sorride lui “Sono nato a Gioia Tauro, in una famiglia particolare, la tenuta dove vivo e lavoro oggi l’ho ereditata dai miei genitori: mia nonna era di Fiesole, arrivò con i toscani mandati in Calabria dal governo fascista per produrre olio. Sono cresciuto con i crostini toscani e il fagiano in tavola, ma anche con la cucina davvero contadina della tata che per 65 anni è stata in casa nostra: una donna di queste parti, che non ebbe la possibilità di studiare, ma che era una cuoca sopraffina. Lei mi ha fatto scoprire le pietanze e gli usi della nostra terra, ricordo che c’era sempre qualcosa di fritto, e le conserve… I miei genitori, invece, mi hanno trasmesso la passione per la ristorazione: il mio primo tristellato l’ho visitato a nove anni, con loro abbiamo girato per ristoranti sin da quando sono bambino”.
La stessa gavetta nella banquettistica è stata funzionale per arrivare pronto al traguardo del primo progetto in proprio: "Dal 2009 ho iniziato a seguire l’organizzazione degli eventi a Villa Rossi: lavorando per battesimi e comunioni mi sono guadagnato il rispetto delle persone del posto. E in cucina so fare la battaglia, conosco i piatti tradizionali, non mi spaventano i grandi numeri. Però ho sentito la necessità di fare altro, ho costruito il mio sogno un pezzo dopo l’altro. Certo, avere in dote questa proprietà è stata una fortuna, ma bisogna farla girare per mantenerla!". E infatti non si è smesso di organizzare banchetti ("facciamo 60 matrimoni all’anno, ho un’altra brigata dedicata solo a quello") e presto, a giugno 2022, debutterà anche il b&b: quattro camere e una suite per gli ospiti che vogliono circondarsi della bellezza di questo angolo di Aspromonte, godendo dell’accoglienza concertata da Rossella Audino, dal 2012 spalla di Nino nella gestione l’ospitalità.
L’universo Qafiz (e di Aspro)
Al centro di questo sistema oggi c’è Qafiz, con la fondamentale appendice del cocktail bar Aspro, altra scommessa vinta con la voglia di sperimentare su una miscelazione tecnicamente moderna, ma alimentata dal territorio, incubatore di creatività nato nel 2019, presto rivelatosi essenziale in un processo di osmosi e scambio continuo con la cucina: "Aspro è un altro database a cui attingere per ideare piatti, ma la dinamica è mutuale: mi impegno a tradurre la cucina all’interno del bar, con tanto lavoro sull’ingrediente e tecniche che utilizzo da cuoco. Però per favore, non parliamo di cucina liquida!". E allora torniamo a focalizzarci su Qafiz: "Si parte dal territorio, mi piace dedicarmi all’alimurgia (lo studio dell’alimentazione da piante selvatiche, ndr), la proprietà è grande, dentro ci scorre un fiume, abbiamo tre ettari di uliveto, un aranceto. Le materie prime non mancano. Ma per la mia idea di ristorazione di territorio è ancora più importante tradurre le consuetudini della tavola calabrese. Attingo ad abitudini familiari povere e ricche, ma cerco anche di incentivare uno scarto dalle dinamiche di consumo locali, che per esempio privilegiano le proteine animali come rivendicazione di uno status sociale, retaggio del passato, schernendo legumi e verdure, che invece in molti piatti io metto al centro".
Nino Rossi. Il processo creativo di uno chef tra Francia e Oriente
La dedizione allo studio introduce gli elementi che chiudono il cerchio: "La padronanza delle tecniche di cucina francese, innanzitutto. E l’Estremo Oriente: un cuoco non può fare a meno di tenerlo in considerazione, e non per una questione di moda. La loro ricerca sugli aceti, l’esaltazione della sapidità, la capacità di costruire un equilibrio a partire da un numero finito di ingredienti. La cucina cinese e quella giapponese ti fanno riflettere tantissimo, la sfida è riportare questi stimoli al mio mondo. Mi faccio ispirare soprattutto dagli aceti di riso nipponici, senza dimenticare che anche la nostra tradizione storicamente ha giocato sull’acidità: penso all’agresto, l’equivalente del verjus di cultura francofona". Da Qafiz si può scegliere tra due menu degustazione, da 9 o 12 portate (Sambuco a 120 euro, con opzione “riassunto” da 6 portate, e Visioni a 180 euro). Una piccola carta consente di optare per i classici della casa. Nino Rossi, dal canto suo, sente di aver già fatto molta strada (i riconoscimenti di critica e pubblico lo dicono da tempo, esserne consapevoli è un’altra cosa): "Sono arrivato al punto in cui ho iniziato a mettere da parte il delirio creativo, trovo una certa facilità nell’arrivare alla creazione di un piatto che porti la mia cifra stilistica, ma per quel che riguarda il rigore delle preparazioni e la precisione del gusto sono solo all’inizio” spiega onesto e compìto “È chiaro dal sentiero tracciato in questi anni come ormai esista un 'decalogo' per creare a tavolino un buon ristorante fine dining che faccia parlare di sé. Ma pretendere la verità in quello che si fa è molto più difficile, solo questo porta ad avere una cifra stilistica ben definita. Voglio essere sincero con me stesso, rispetto al mio percorso. E non accontentarmi mai". A queste riflessioni pertiene anche la decisione di cambiare ritmo: "Dal prossimo anno lavoreremo da aprile a ottobre: è un ragionamento economico e di vita. Sul piano pratico, distruggere in inverno quello che creo in estate non ha senso. Ma soprattutto la cucina non è l’unica mia ragione di vita, mi piacerebbe avere tempo per viaggiare, scoprire nuove cose. Si stacca, e si riparte più carichi. La rivoluzione l’ha già fatta Ferran Adrià, io devo vivere".
a cura di Livia Montagnoli
QUESTO È NULLA…
Nel mensile di aprile del Gambero Rosso trovate l’articolo completo con i piatti migliori proposti nel menù di Qafiz: obbligo assaggiare l’ostrica, cipolla di Tropea bruciata e in aceto di lamponi, pistacchio (piatto-signature che gioca in modo molto violento e tagliente su iodio e sapidità, per generare un effetto wow); la trota glassata ai fagioli “pappaluni”, arancia candita, artemisia (l'ingrediente chiave sono i “pappaluni”, fagioli tipici di queste parti, chiude il cerchio l’artemisia, che bilancia l’intensità dell’arancia richiamando un abbinamento maturato direttamente dall’universo della miscelazione di Aspro); Carnaroli, porcini arrostiti, sugo allo scoglio, nepetella, rognone di pecora e il suo grasso; Paglia e fieno (Tagliatella pastificio Gentile, estratto di alloro, limone, mandorla, olio alle rose); e ancora Agnello aspromontano, cime di rapa, ricotta di pecora, alysso bianco, miele di castagno, “zafarana”. Il viaggio si conclude con una mousse al cioccolato bianco, limone, mela, abete bianco, meringa ai carboni.
Questi solo alcuni dei suoi piatti MUST! scoprili all’interno del mensile.
Il numero lo potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store
Abbonamento qui