“Qui ci vengono da tutta la Sicilia” dice Nicola Fiasconaro. Qui, è piazza Santa Margherita a Castelbuono, piccolo borgo medievale nel Parco delle Madonie che deve proprio alla presenza della pasticceria la sua rinascita. Una bottega che gioca con la pasta madre e che da ormai da decenni lega il suo nome al classico dolce di Natale. Sono i panettoni, infatti, uno dei grandi marchi di fabbrica della pasticceria, che da decenni accompagna i giorni di festa di siciliani e non solo.
Il panettone di Sicilia
Come è nato il successo del panettone? “Non l'ho capito neanche io” continua Nicola Fiasconaro. Nato nell'attività di famiglia aperta nel 1953 dal padre Mario, già da ragazzo acquisisce una conoscenza profonda della pasticceria siciliana, “poi a 20 anni papà mi manda a bottega da colleghi pasticceri e all’Istituto superiore di Arti culinarie Boscolo-Etoile, a Chioggia Sottomarina”. È allora che scopre le paste acide. “nell'aula accanto c’era il maestro Teresio Busnelli che spiegava la fermentazione naturale, le colombe e i panettoni”. È stata una rivelazione iniziale, seguita dall'incontro con i mastri delle paste acide”. Da allora non si è più fermato, continuando a mettere a punto il “suo” panettone, sperimentando diverse tecniche - il bagnetto del lievito, le procedure di scuola veneta o quelle piemontesi - e chiamando i grandi maestri da lui, in Sicilia, mettendo insieme le loro tecniche e le sue materie prime: “gli ingredienti sono sempre stati i miei: le mandorle di Avola, le arance, il candito senza solfiti, fatto alla francese, alla vecchia maniera”. Poi c'è la manna, un dolcificante che nasce dal frassino, lo usa per uno dei suoi primi panettoni, il Mannetto.
Il primo anno la produzione è di misura: 2mila panettoni che escono dal vecchio laboratorio di appena 40 metri quadrati, il secondo anno sono 5mila, nel giro di poco i numeri si moltiplicano: le più belle pasticcerie di Palermo vogliono il panettone Fiasconaro, prima pochi pezzi, poi sempre di più, i laboratori si fanno troppo piccoli e ancora adesso devono essere adeguati per rispondere alle crescenti richieste. Ma il successo non è solo nella regione: “c'era una fiera a New York a giugno, e decidiamo di partecipare. Così 26 anni fa vendiamo il primo container: una notizia che ha fatto il giro per il mondo”. A quel punto l'attenzione si moltiplica giorno dopo giorno, complice la tv e i nomi famosi che si appassionano ai loro dolci: “il nostro panettone è arrivato a 3 pontefici, una rock star come Bruce Springsteen, ed è andato perfino nello spazio, nel 2007, parte di un convivio su una navicella”. E insieme all'attenzione dei clienti, cresca anche la capacità di strutturare e rinnovare il lavoro, mantenendone però i caratteri di artigianalità, come nel caso del carrello che riesce a capovolgere il panettone con più semplicità. E poi le confezioni sempre più belle ed elaborate, in scatole di cartone o di latta. Fattori che gli sono valsi la nomina, nel 2020, a Cavaliere del Lavoro, il secvondo pasticcere a ricevere questo titolo dopo Gioacchino Alemagna, quasi settanta anni fa.
Oggi sono circa 15mila chili di panettone al giorno per circa 6 mesi l'anno: “si comincia in estate e si finisce il 28 dicembre, quando si smette con i panettoni e si comincia con le colombe”. I primi pezzi sono per il mercato internazionale: “spediamo in 66 paesi nel mondo: nelle botteghe di alta gioielleria pasticcera”. Ambasciatore del made in Italy al pari dei grandi marchi della moda. Con cui - non a caso – da 4 anni ha stretto un legame ,firmando un panettone con Dolce e Gabbana, un dolce pienamente siciliano, di più: un dolce che sa di Castelbuono, con ganache crema di manna, mandorle e nocciole di Polizzi, da dove arriva la famiglia Dolce, “e un impasto soffice, tipo pandoro”. E mentre continua la crescita, la nuova generazione è ormai stabilmente entrata nell'attività di famiglia, accanto a Nicola e ai fratelli Martino in amministrazione e Fausto nel negozio in piazza a Castelbuno “dove c'è la galleria dolciaria, la mecca dei golosi”.
Panettoni. Le collezioni Fiasconaro
Negli archivi Fiasconaro ci sono ormai 25-28 gusti diversi, classici o meno: lo scorso anno, per esempio, è stato il turno di rosa e fichi d'India - “la rosa damascena che coltivo nella mia tenuta” - ma ci sono anche fragoline, pistacchi, mandorle, agrumi, zafferano: “giochiamo con i contadini in sicilia, c'è un giacimento agricolo che converge nel laboratorio, anche se per alcuni tipi di frutta si rivolge a stabilimenti sul continente, che lavorino però un prodotto siciliano”. Nonostante tutto, a vincere è sempre il classico, magari con la glassa - “quella la facciamo ancora a mano, con la sac à poche”, un passaggio – come altri – che riescono a mantenere come un tempo, nonostante oggi i numeri siano ben più alti di un tempo: “continuiamo a fare almeno 3 giorni di lavorazione”. Oggi sono quasi un centinaio i dipendenti, tutti a Castelbuono, quasi il doppio le persone coinvolte nella produzione con 11 laboratori che lavorano solo per loro: “è la dimostrazione che anche facendo numeri significativi si può rimanere artigiani del dolce. E” aggiunge “a questo proposito credo sia importante usare le terminologie giuste e fare chiarezza anche da un punto di vista legislativo: in ambito dolciario c'è confusione. Chissà che non si possa lavorare meglio con le istituzioni”.
Il lavoro con le istituzioni
Parla della necessità di trovare sinergie che sappiano tutelare e valorizzare il made in Italy e i prodotti fatti a dovere: “bisogna migliorare il sistema: non possono esserci ambiguità tra industria e artigiani, tra prodotti realizzati con mono e digliceridi, e quelli a base di lievito fresco o disidratato. A questo punto serve un altro disciplicane, bisogna aggiornare quello che c'è, dal 2005 a oggi c'è stata una esplosione della pasticceria artigianale”. Occorre anche difendere la pasticceria artigianale italiana all'estero: “in Brasile hanno registrano il marchio panettone. E questo non è possibile”. Soprattutto ora che la pasticceria italiana è in rampa di lancio: “la scommessa è di superare la scuola francese, c'è da mettersi insieme tutti, anche con le istituzioni”. E la Sicilia, in particolare, punta in alto vivendo delle stesse contraddizioni del paese intero: “è un po' l'eredità del Gattopardo: questa è la Sicilia partorisce cuochi cucinieri pasticceri bravissimi, un giacimento di oggi c'è un'evoluzione in credibile, bella: ci sono almeno 40 pasticceri che fanno un prodotto ottimo e qualche centinaio che ne fanno di discreti. Adesso” conclude “bisogna ricucire certi strappi”. E intanto l'attività procede, con lo stesso obiettivo di sempre: “fare emozionare le persone”