Dove c’era l’altare ora c’è il forno a vista. E così la trecentesca cappella dedicata a S. Maria Porta Coeli è diventata la prima chiesa che ospita una pizzeria. Stava là, in via S. Paolo, una traversa di via dei Tribunali, poco distante dalla discesa nella Napoli Sotterranea, sconsacrata da decenni, riutilizzata prima come bottega e poi come garage. Gli interni devastati dal riuso selvaggio, che tuttavia conservavano le tracce dei decori e dei fregi in stile gotico della volta. Gli esterni con la monofora ogivale intatta e l’affresco con l’effige della madonna che dà nome alla chiesetta. Sul portoncino d’ingresso un bel giorno comparve l’avviso “Affittasi” e così, conseguite tutte le autorizzazioni previste, Salvatore Serino e Salvatore Costagliola, due giovani pizzaioli napoletani, si sono buttati a capofitto nell’impresa. Restaurata, illuminata e arredata con un tocco di eleganza, che rende i tavoli e i divanetti accoglienti e comodi, cinquanta coperti in tutto tra il piano terra e quello superiore, l’antica cappella è diventata “Santissima Pizza”. Nomen omen, insomma.
La storia della chiesetta di S. Maria Porta Coeli
Cesare D’Engenio Caracciolo, un nobiluomo napoletano, scrisse nel 1624 la guida “Napoli Sacra”. Ci racconta che la cappella, dapprima dedicata a San Pietro Apostolo, era stata edificata nel 1300 per volere degli Orimina, una famiglia aristocratica, originaria forse di Rimini, molto legata agli Angioini. Nel 1600, quando la madonna, raffigurata nell’affresco dipinto sulla facciata esterna, fu riconosciuta dal culto popolare dispensatrice di tante grazie e numerosi miracoli, la chiesetta fu dedicata a S. Maria Porta Coeli. Ospitava finanche due preti e un chierico stipendiati dal conte Ferdinando Pandone di Ugento che qui fu sepolto. Nei secoli successivi sono andate perse le opere pittoriche e le sculture conservate.
Chi sono Salvatore Serino e Salvatore Costagliola, i due pizzaioli
Poco più che trentenni Salvatore Serino e Salvatore Costagliola sono amici da sempre. Stessa scuola e stesse esperienze di apprendisti pizzaioli. Il primo ha cominciato a mettere le mani in pasta nella pizzetteria del papà che stava in piazza Nazionale. Poi ha girato un po’ tra Napoli e il nord Italia fin quando ha l’occasione di partire per Londra, ingaggiato da una catena importante di pizzerie. Ha condiviso con il suo amico la proposta e insieme sono partiti per il Regno Unito dove hanno lavorato per oltre dieci anni. Poi il ritorno al Sud, e di nuovo alla ricerca di qualcosa di importante con cui cimentarsi. Ed ecco che avviene il miracolo di via San Paolo. Un bel racconto, insomma, condensato nel motto che campeggia tra le volte a crociera della pizzeria: “There’s a story behind every dream”, c’è una storia dentro ogni sogno!
Che cosa si mangia a Santissima Pizza
È una bella sfida accendere il forno qui, a pochi passi dai big di via Tribunali. Che non ha spaventato per niente. La proposta è apparsa semplice: creare un locale singolare e raffinato, appena appena defilato dalla confusione che domina sulla via principale nelle ore di punta, per offrire una pausa seduti comodamente a tavola o sui divanetti. E pensare a una pizza che racchiuda tutta la tradizione, ma sia concepita e strutturata con taglio moderno. E allora: impasto indiretto da biga; tenacia al morso che lascia il campo a morbidezza e scioglievolezza; materie prime di altissima qualità selezionate con cura e passione.
E, infine, un menu che porti in carta il viaggio attraverso la gastronomia dei quartieri, ovvero il ricordo delle ricette delle zie e delle nonne dei due pizzaioli che abitavano un po’ qua e un po’ là per Napoli. C’è “Corso Secondigliano”, la pizza con fiordilatte, scarole alla monachina, pomodorini confit, alici fresche marinate e noci.
E poi “Pignasecca” con crema e puntarelle di asparagi, pepe rosa, pop corn di maiale e guanciale croccante; “Via Partenope” con bisque e sfere di gamberi, crema al prezzemolo, fiordilatte e chips di pane profumato. Non mancano, ovviamente, le tradizionali: “Margherita”, “Marinara”, “Diavola” e “Capricciosa”. Come pure i classici ripieni.
E i fritti, proposti anche in degustazione per cercare di spiegare la sacralità, ad esempio, della frittatina con la “Genovesa”, quel famoso brasato stracotto di carne e cipolla che, prima di essere degustato, richiede la genuflessione. Qui più che altrove. Infatti, seppure sconsacrata, questa è sempre una chiesa, no?
Santissima Pizza - Napoli Via S. Paolo, 26
Tel. 081 0431137 - santissimapizza.it