Per molti aspetti il Giappone ha similitudini con l’Italia, soprattutto per la passione verso la qualità degli ingredienti e la diversificazione territoriale delle tradizioni. Siamo andati nelle prefetture di Aomori, Akita e Yamagata, nel Nord, per approfondire aspetti di alcune delle più autentiche tradizioni culinarie.
Il Giappone è la meta da sogno di tanti
Il Giappone è la meta da sogno di tanti, al di là delle mode passeggere continua ad avere un posto fisso nelle classifiche dei paesi da visitare. Anche chi non è mai stato nella terra del Sol Levante sa che la sua cucina è speciale, unica, degna di un viaggio apposito; meno si sa, però, di quanto sia diversificata e cambi lungo le 47 prefetture. Scoprire la gastronomia di Tokyo, per quanto avvincente, è perfino scontato, ragion per cui questa volta si parte per un itinerario meno battuto e conosciuto, il nord del Giappone, la regione di Tohōku. Tra montagne, templi, antiche produzioni di sakè, residenze di samurai e monaci dietro i fornelli, scopriremo il suo lato più autentico. Le prefetture in cui addentrarsi sono Aomori, Akita e l’incantevole Yamagata, nella regione del Tohōku (che letteralmente vuol dire "Nord-Est").
La regione del Nord-Est
Nel 2011 un devastante terremoto e uno tsunami colpirono quest'area ma la natura forte della gente del Tohōku sta contribuendo alla ripresa della regione più settentrionale del paese, molto più rurale di Tokyo (più a sud) ma più sviluppata di Hokkaido (che sta ancora più a nord). Si atterra nella capitale e una buona idea è spostarsi subito a Yamagata utilizzando il veloce e puntuale Shinkansen, il “treno proiettile”. Yamagata è una grande prefettura lungo la costa del Mar del Giappone, nota ai più per i suoi prodotti agricoli, in particolare le ciliegie verso cui i giapponesi sfiorano il maniacale vendendole ordinate e lucide in confezioni che sembrano più da cioccolatini che pensate per la frutta.
La cucina dei monaci buddisti
Furono portate qui nel 1876 e oggi la prefettura produce qualcosa come il 70% di tutte le ciliegie giapponesi. In questa porzione del paese emerge tutto il fascino rurale contornato di bellezze naturali, in primis le sue montagne dove si può anche sciare. Ed è proprio qui che ci si può addentrare tra i sentieri del Monte Gassan e del Monte Yudono per visitare il santuario del Monte Haguro. È un luogo magico e tranquillo lontanissimo dal turismo di massa: qui si trova il rifugio Miyashita-bo, meta montana dei pellegrini che arrivano da ogni parte del paese, e qui si visitano dei particolari templi chiamati shukubo dove tutto è incentrato sulla depurazione dell’anima e sul silenzio.
Si dorme in una tradizionale sala tatami e si mangia lo shojin ryori, la cucina vegetariana dei monaci buddisti con menù fisso: bambù, funghi autoctoni che crescono sui tronchi delle querce, soba, verdure con miso, spaghetti di alghe. I percorsi di trekking sono alquanto duri, ma anche il riposo è assicurato; preparate testa e pancia ad abitudini diverse, in primis l’eliminazione del caffè a colazione, sostituito da verdure in aceto, ortaggi selvatici, tempura, tofu e tè.
Ciliegie e birra
Lasciate il rifugio e dirigetevi verso il tempio Yamadera che rappresenta il perfetto esempio dei tranquilli angoli di pace di questa prefettura, dove vi aspettano 1.100 gradini immersi nel bosco e una natura maestosa. Come detto, la zona è famosa per le sue grandi e succose ciliegie e nella regione di Tendo c’è anche chi le usa per la produzione di birra artigianale: l’Outou No Hana Yubou Ichiraku Hotel, ad esempio, al suo interno ne produce ben tre, in stile diverso ma sempre con l’aggiunta del frutto. La Soba Dry con grano saraceno leggermente affumicato, la Saint Cherry con polpa fresca di ciliegie rosa e lieve acidità, la Framboise più strutturata e alcolica prodotta con la varietà rossa.
Il cocomero di Obanazawa
Ma il territorio si caratterizza anche per il cocomero di Obanazawa a cui gli sbalzi di temperatura tra il giorno e la notte conferiscono un alto contenuto di zuccheri e un sapore molto dolce: vengono utilizzati per fare del vino locale, nelle bevande gassate e in molti dessert. Tra i piatti più tipici è da non perdere l'imoni, uno stufato di manzo e verdure preparato con fette sottili di manzo, radice di taro, konyaku (farina ottenuta dal tubero del konjac), cipollotti e vari ingredienti di stagione cotti lentamente in un brodo di salsa di soia zuccherato all’interno di un gigantesco bollitore in ghisa.
Yamagata è famosa per la produzione di sake
Yamagata è famosa ai più per la sua importante produzione di sake che avviene nel periodo tra gennaio e febbraio, l'unico momento in cui si può assaporare il sake nama (non ancora pastorizzato) all’interno delle quasi 60 cantine presenti, chiamate kura: il sake viene oggi prodotto in ognuna delle 47 prefetture giapponesi – un po’ come il vino in Italia – ma solo Yamagata ha ottenuto la G.I. “Geographical Indication”, denominazione simile alla Indicazione Geografica Tipica Italiana che certifica l’origine e la qualità del prodotto. Da qui provengono effettivamente alcune delle migliori espressioni di questa antica bevanda. Si pensi che anche nel santuario del Monte Haguro viene servito un sake rituale: è utilizzato durante le cerimonie religiose e viene prima offerto al dio e poi consumato insieme ai visitatori. Questo sake “sacro” viene scelto non per tipologia, ma in base al suo luogo di produzione: è infatti importante che la distilleria sia nelle vicinanze del tempio e che sia gestita da persone appartenenti a questo territorio.
Nella patria dei samurai (e del miso)
Entrando nella prefettura di Akita si giunge a Kakunodate, la città dei samurai. Qui merita una visita la distilleria Suzuki, sakagura (cantina) nata nel lontano 1689: giunta alla diciannovesima generazione, la famiglia produce venti diverse tipologie, tra cui gli invecchiati koshu. “Abbiamo una santa protettrice del sake: per non rischiare che si ingelosisse non è mai stato permesso alle donne di entrare nell’area della produzione e tuttora è così – sorride Suzuki Naoki, presidente della cantina – Siamo gli unici a utilizzare l’acqua pura del monte Oū e parte della lavorazione viene fatta ancora a mano. Noi produciamo 150mila bottiglie l’anno per venti diverse etichette, tra cui il secolare Hideyoshi sake la cui storia merita di essere narrata – spiega l’imprenditore – Nel 1848, quando l’era dei samurai stava volgendo al termine, il signore feudale di Akita, lord Satake, organizzò una competizione per determinare il miglior sake del suo dominio. I produttori di tutta la prefettura si radunarono attorno al castello di Kubota, ognuno con le migliori intenzioni; a quel tempo pochi avevano sentito parlare del nostro “Hatsu-Arashi” ma dopo un solo sorso Lord Satake esclamò “Hidette-Yoshi” che significa “estremamente buono”, proclamandolo il migliore. Da quel giorno abbiamo cambiato il nome in Hideyoshi e oggi rappresenta il nostro vanto”.
La produzione di miso
A Kakunodate potete aggiudicarvi anche il miglior assaggio a base di miso della vostra vita. È dal 1850 che la distilleria cittadina Ando Joozoo produce salsa di soia e miso, un’attività diventata ormai una sorta di rito e che è giunta ormai alla quarta generazione. In Giappone tradizionalmente si producono diverse tipologie di miso: a base di riso, di fagioli di soia o di orzo. A seconda delle materie prime impiegate e della loro origine, il miso può essere dolce o piccante, rosso, bianco o chiaro.
Quello prodotto dalla distilleria Ando è rosso e piccante e si distingue per l’alta percentuale di koji che contiene, per il suo umami e per il giusto punto di sapidità frutto della lunga fermentazione. Viene prodotto utilizzando solo riso, fagioli di soia, sale e aspergillus Oryzae. Gli step per la sua produzione ripercorrono le antiche tradizioni secolari: la cottura del riso e la produzione del koji, la cottura a vapore dei fagioli di soia, l’unione tra questi e il komekoji (riso cotto con koji), la delicata lavorazione nei barili (alcuni ancora del periodo Edo) in cui viene assemblato il tutto. Il profumo di questo luogo vi ammalierà e continuerete a sentirlo anche quando passeggerete lungo i larghi viali della “piccola Kyoto”, così come è conosciuta Kakunodate. Sembra che il tempo si sia fermato, il paesaggio urbano è pressoché invariato dal 1600 e conferisce alla città l’eterno fascino delle antiche leggende del Giappone, dei samurai e della fioritura dei ciliegi.
Qui vale la pena prenotare una cena dallo chef Sato Satoru del ristorante Domanin per provare alcuni dei piatti che lo hanno reso famoso come il sashimi di tonno (maguro): “Il segreto è ovviamente la freschezza della materia prima ma anche le carni del pesce tipo la presenza dell’acqua all’interno o la precisione nel taglio netto che si dà”, racconta il cuoco. Sato lavora qui da 3 anni – ma sono ben 40 le primavere che ha trascorso nei ristoranti del gruppo Oogiri – ed è famoso per la sua suimono – la zuppa che si consuma nelle occasioni importanti composta da kombu (alga), salmone, hotate (capasanta): gli ingredienti variano a seconda del periodo – e per i piatti a base di pollo locale dalla carne dura e saporita, la cui miglior preparazione è l’oyako don fatto di uovo e riso.
Gli “spiedini di riso” dei cacciatori
Akita è conosciuta anche per il kiritanpo della località Kazuno, dove la signora Ruoko Hosoya ne prepara di squisiti nell’Experience Museum: “All’origine di questa preparazione ci sono le esigenze dei cacciatori locali: partivano per la montagna e portavano con loro delle palline di riso che avrebbero poi infilzato in bastoncini di legno di cedro per scaldarle al fuoco. Il riso usato è l’akitakomachi che prima di essere passato sulla griglia deve asciugarsi per bene. Una volta queste preparazioni si mangiavano senza condimenti o solo con un po’ di miso; oggi invece viene condito anche con una salsa di noci”.
Le ostriche giganti Kisakata Iwagaki
Famose, in questa zona, sono anche due preparazioni tradizionali che venivano offerte ai pellegrini in viaggio per i templi: una è il suimono, una zuppetta con keiran (uova) in una base di dashi, mochi fatti di riso glutinoso ripieni di anko, una confettura a base di fagioli azuki; l’altro piatto spesso offerto ai viandanti è l’horumon cioè trippa di maiale con base di miso e salsa (segreta!) cucinata in una pentola a pressione con cavolo verza appassito. Prima di lasciare Akita cercate le carnose Kisakata Iwagaki, ostriche giganti e selvagge provenienti dalle profondità rocciose e fredde del Mar del Giappone, ricercate per il loro aspetto cremoso e il gusto fresco, un must per gli amanti delle ostriche (il gusto migliore si rintraccia tra luglio e agosto).
Frutta, verdure e mercato del pesce
Mettetevi in auto e in un’ora e mezza entrerete nella prefettura di Aomori, la più settentrionale del Tohōku. Questo territorio è conosciuto per le mele (come le fuji e le mutsu). Nel ristorante dell’Oirase Keiryu Hotel potrete assaggiare pietanze preparate con il Teppanyaki, metodo di cottura nipponica: qui la cucina giapponese e le abitudini occidentali si incontrano sul teppan, la speciale piastra calda per cuocere. La versione attuale e goduriosa proposta all’Oirase Keuryu è a base di costata di manzo, cipolla, germogli di soia e lattuga; oppure con le capesante hotate della prefettura di Okkaido (a nord) che si distinguono per la dimensione molto più grande rispetto alla media.
Il Furukawa Fish Marke
Imperdibile è il Furukawa Fish Market conosciuto anche come Aomori Gyosai Center, a cinque minuti a piedi dalla stazione di Aomori. È un luogo autentico ed energico in cui si incontrano i pescatori locali e dove i visitatori possono decidere di mangiare il loro nokkedon: con dei tickets in set di cinque (650 yen) o dieci (1.300 yen), scelgono e pagano le varie tipologie di pesce rigorosamente crudo che i venditori adagiano sulla ciotola di riso. Si passeggia tra i banchi e ci si ferma guardando cos’hanno in vendita le pescherie: granchi, molluschi, alghe, uova di pesce di ogni tipo, sashimi che in Italia non si è mai visto e altre prelibatezze. Il tutto consumato su uno dei tavoli allestiti intorno al mercato usando i condimenti in comune come wasabi, salsa di soia e zenzero. Gesti delicati, sapori inequivocabili. Atmosfere e sapori simili si possono vivere all’altro mercato cittadino del pesce di Auga, solo pochi isolati più a nord: ma il consiglio è di riservarlo per un altro giorno, a testa e stomaco più vuoti!
Il festival Nebuta Matsuri che si tiene in agosto
Aomori, che è anche la principale città della prefettura che ne prende il nome, è la sede del festival Nebuta Matsuri che si tiene in agosto e per cui è famosa nel Paese: coloratissimi carri allegorici realizzati in carta di riso sfilano rappresentando miti giapponesi e personaggi di film; i suoi 300 anni di storia testimoniano di come questa festa sia particolarmente sentita dai cittadini che durante l’anno lavorano sodo alle preparazioni per gareggiare e soprattutto per vincere la parata cui è dedicato anche il Museo Nebuta Warasse.
La regione del Tohōku conta in tutto sei prefetture ma le tre percorse danno ben più di un assaggio di cosa sia in grado di donare questa terra a chi la visita. Un Giappone inusuale, lontano da stereotipi. Un Giappone che ricorderete per tutta la vita.
a cura di Giovanni Angelucci
foto di Massimo Colombo
L'articolo completo - con un utile glossarietto per comprendere gli ingredienti più utilizzati, un focus sul sake e uno sui soba, gli indirizzi dove mangiare e dormire e i piatti tradizionali di Tohōku - lo potete sfogliare nella versione digital del magazine di aprile del Gambero Rosso.
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