Aziende, usi, problemi, progetti, novità sul dolcificante più antico del mondo: ingrediente molto amato e utilizzato anche da grandi chef e pasticceri, ma anche - paradossalmente - poco conosciuto. Nel mensile di luglio del Gambero Rosso siamo andati alla scoperta del miele. Qui un assaggio.
Il miele, il dolcificante più antico del mondo
Nel latte caldo, in tisane e infusi per combattere tosse e raffreddore? Roba superata, da pizzi, merletti e cassoni della nonna. Il miele è molto più smart e multitasking. Da oltre 20 anni è riscoperto da chef creativi per piatti di ricerca o usi che escono fuori dall’ordinario. Anche il consumatore evoluto e sensibile alla naturalità dà la preferenza al miele, quello di alta qualità, artigianale e biologico. Il dolcificante più antico del mondo non ha ancora l’appeal di altri prodotti agroalimentari, per esempio il vino, ma non è neanche quel cibo chiuso nel proprio mondo di addetti ai lavori e sempre uguale a sé stesso. Da una ventina d’anni, con un’accelerazione in tempi recenti, entra sempre più a gamba tesa nel mondo del food & beverage. Cuochi e pastry chef lo usano per laccare, glassare e scaloppare le carni, marinare il pesce, ridurre le salse, candire frutta e ortaggi, estrarre i liquidi da un prodotto e trasferirne gli aromi in un altro, insaporire una semplice insalata. Fornai e pasticcieri lo utilizzano come starter per il lievito madre.
Il miele nella mixology e nella gastronomia d'autore
I gelatieri lo uniscono fifty fifty allo zucchero per preparare creme e sorbetti. Conquista anche gli artisti del bere miscelato, come Cinzia Ferro, barlady pluricampionessa mondiale, che nel suo Estremadura Café di Verbania lo impiega da sempre per aromatizzare e decorare i cocktail, o Gennaro Acampora, apicoltore e barman che ha voluto promuovere il miele all’ennesima potenza costruendoci intorno un locale, The Honey Bar, nel centro storico di Genova, luogo di culto per drink a tema. Il miele fa da volano turistico a iniziative che uniscono l’utile e il dilettevole, con minicorsi amatoriali e degustazioni guidate, ed è al centro di viaggi esperienziali. Si moltiplicano i corsi di apicoltura di base organizzate dalle associazioni di categoria. Aumentano i musei dedicati, le mieloteche annesse alle aziende apistiche, i negozi che offrono un’ampia scelta di prodotti delle api, le iniziative di miele urbano “home made”, da arnie collocate nei parchi. metropolitani, su tetti e balconi, grazie ai minicorsi organizzati da reti cittadine di apicoltori, anche in collaborazione con Legambiente. Si riscoprono dei prodotti (l’idromele) e ne nascono di nuovi, come l’aceto di miele (Mieli Thun), il vino e i liquori aromatizzati al miele, le linee di torrone realizzate con diversi monoflora (Scaldaferro), i Mielarò di Corrado Assenza inventati una ventina d’anni dal pasticciere di Noto.
Il packaging si rinnova
Il packaging si sta rinnovando, con le confezioni colorate e sempliciotte in stile Heidi che cedono il posto a vasi e grafiche design (Mieli Thun, Mario Bianco, daDA Miele, Orsi Mangelli). E anche il marketing ha cominciato a evolversi; un pioniere nel settore è stato ed è tuttora Andrea Paternoster di Mieli Thun, che ha colto orecchio a terra i nuovi stimoli provenienti dal mondo del food e ha sdoganato il miele, portandolo da prodotto povero a specialità gourmet. Per salvaguardare l’ambiente e le api fioriscono iniziative, anche insolite e creative, come Apiario d’autore, progetto a sostegno del mondo delle api attraverso l’arte.
Il miele è un dolcificante naturale
La maggiore attenzione verso l’oro giallo delle api si può facilmente spiegare con la rivoluzione della gastronomia e della ristorazione negli ultimi decenni, ma anche con la tendenza al naturale e all’ecologico. Il miele, come dice Corrado Assenza, “è un dolcificante semplice, naturale e irripetibile”, una miscela di glucosio e fruttosio, ossia zuccheri già scomposti e biodisponibili che non hanno bisogno, come il saccarosio, di essere metabolizzati dall'organismo, oltre a contenere vitamine, enzimi, acidi organici e sali minerali. Offre un apporto calorico importante, immediato e di riserva, grazie al fruttosio, che deve prima subire una piccola trasformazione, ma anche un pozzo di virtù, dall’azione antistress alle proprietà antibatteriche e cicatrizzanti. Il miele è figlio del mondo vegetale e dell’ape: è la trasformazione di sostanze dolci presenti in natura operata dalle stakanov dell'arnia. A differenza di altri prodotti alimentari, come vino, salumi o formaggi, l’uomo deve fare ben poco: semplicemente raccoglierlo con rispetto, senza alterarne la composizione e le caratteristiche, al massimo lo filtra e lo fa riposare per liberarlo da aria, residui di cera e impurità.
Difficoltà nella produzione e moria delle api
Ma produrlo non è un gioco da ragazzi. E in questa specialità l’Italia è maestra. È di origine italiana l’ape mellifera più diffusa al mondo, la ligustica, impiegata dalla maggior parte delle aziende apistiche perché docile, produttiva e capace di adattarsi a quasi ogni latitudine e tipologia di clima. Solo nel nostro Paese si producono oltre 50 varietà di miele, con punte di 75 monoflorali se si considerano quelli rari e rarissimi. Siamo all’avanguardia per la ricerca sui mieli uniflorali e le loro caratteristiche compositive e organolettiche. Purtroppo però la produzione italiana non se la passa bene. Negli ultimi anni le quantità di miele raccolto si sono quasi dimezzate a causa della moria delle api. “Nonostante la base sociale dei produttori professionisti rimanga numericamente la stessa (oltre 20mila su un numero complessivo di quasi 63mila apicoltori, di cui gli hobbisti si ritagliano il 67%) e quasi 1 milione e 600mila alveari, il raccolto 2019 ha registrato un crollo della produzione del 35% rispetto alle potenzialità: 15mila tonnellate contro una stima media annua di 23mila”, entra nel dettaglio Giancarlo Naldi, direttore dell’Osservatorio Nazionale Miele, “con gravi perdite soprattutto per l’acacia e gli agrumi, i due grandi mieli che rappresentano lo zoccolo duro dell’apicoltura nazionale, con un danno stimato di oltre 73 milioni di euro”.
Dati preoccupanti per ambiente e mondo agricolo
Sono dati preoccupanti non solo in quanto perdita del prodotto finale, ma per le ricadute a livello sociale, ambientale e agricolo. L’apicoltura è importantissima perché fonte di reddito nelle zone rurali marginali e per l’attività di impollinazione, che le api svolgono a titolo gratuito: su 100 piante di quello che mangiamo 70 sono impollinate dalle operaie dell’arnia. Non è tutto. “A causa delle abbondanti piogge durante le fioriture primaverili, molti prodotti hanno un alto grado di umidità, con rischi di fermentazione” spiega Lucia Piana, figura di spicco del settore a livello internazionale, impegnata su entrambi i fronti della didattica e della ricerca, e dal 1981 coordinatrice del più importante concorso nazionale, Grandi Mieli d’Italia Tre Gocce d’Oro di Castel San Pietro Terme (BO). Ad aggravare il quadro si aggiunge la crisi del mercato, dovuta sia alla concorrenza del prodotto importato, spesso di bassa qualità e in vendita a prezzi inferiori di quello nazionale, sia alla contrazione dei consumi. “Secondo i dati Ismea in base alle vendite nella gdo e nel piccolo dettaglio, il consumo di miele ha subito nel 2019 un decremento di circa il 3%, sia in volume che valore – puntualizza Giancarlo Naldi – ciò è dovuto alla crisi economica che negli ultimi anni ha portato le persone a scegliere prodotti più a buon mercato. Ma questo vale per il miele convenzionale, mentre la richiesta di miele biologico, come di tutto il cibo organic, è in aumento”. Le conseguenze della crisi del comparto sono i prezzi al ribasso, la difficoltà a collocare il prodotto interno, la chiusura di alcune attività apistiche e il rischio di sofisticazioni, con possibili introduzioni in Italia di prodotti esteri scadenti grazie a triangolazioni tra Cina e Paesi europei consenzienti.
Il terzo alimento più taroccato al mondo
Secondo le statistiche internazionali, il miele è il terzo alimento più contraffatto al mondo, dopo l’olio di oliva e il latte. Un’indagine della Commissione Europea fatta nel 2015, i cui esiti sono stati pubblicati nel 2016, ha evidenziato che oltre il 14% dei mieli commercializzati nell’Unione europea sono adulterati, ossia contengono sciroppi di zucchero aggiunti. Perché? “Perché c’è sempre più richiesta di prodotto in un mondo in cui la produzione è sempre più difficile, perché la composizione del miele assomiglia molto a quella di sciroppi zuccherini utilizzati dall’industria alimentare, e che si prestano quindi a “diluire” il miele naturale senza che la composizione cambi molto, perché per il truffatore la bilancia tra rischio di essere individuato e guadagno ottenuto pende molto dalla parte di quest’ultimo” sono i motivi elencati da Lucia Piana.
Come riconoscere un miele vero da uno falso
Per cercare di verificare se si tratta di miele genuino o di un falso sono stati inventati vari test fai-da-te, come quello della presunta memoria genetica del miele. “Derivano quasi tutti da un’epoca in cui la frode veniva fatta in maniera molto grossolana, per esempio aggiungendo acqua al miele o aumentandone il peso con materiali inerti e poco costosi quali il gesso ma nessuno di questi test ha oggi la benché minima validità pratica o scientifica – prosegue Piana –. Le frodi devono essere identificate con analisi di laboratorio e non c’è un modo casalingo per capire se il prodotto è genuino o meno: le differenze tra i diversi mieli naturali sono tali e tante che non è possibile dare una regola. Non resta che affidarsi ad aziende serie e conosciute, che sono le prime alleate dei consumatori nella lotta alla frode in quanto fortemente danneggiate dalla concorrenza sleale dei truffatori”.
Le frodi più diffuse
Le frodi più diffuse a livello internazionale sono 6: aggiunta di sciroppi (di mais, riso, canna o barbabietola da zucchero), nutrizione di sostegno dell’alveare fatta costantemente, anche nella bella stagione, raccolta del miele non opercolato, rimozione dei pollini contenuti nel miele per mascherare l’origine geografica del prodotto, filtraggio del miele con resine a scambio ionico (per togliere i contaminanti e gli antibiotici, schiarire il miele e cambiarne il sapore), transhipping e triangolazione (miele di un determinato Paese rivenduto come proveniente da un Paese terzo o come locale attraverso passaggi fraudolenti). Per approfondire l’argomento consultare i siti internet Vitamina Bee alla voce Frodi; per segnalare prodotti sospetti chiamare il numero verde 800020320 del MIPAAF.
Cosa dice la legge italiana
La legge italiana in materia (il decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 179) parla chiaro, in sintesi: per miele si intende la sostanza dolce naturale che le api producono dal nettare dei fiori e da secrezioni vegetali seguendone il ciclo completo fino alla maturazione nell’alveare; definizione recepita dalle direttive dell’Unione Europea (2001/110/CE e 2014/63/UE). Ma la normativa non sempre garantisce sulla confezione la trasparenza sul Paese di origine. La direttiva comunitaria 2014/63/UE in materia concede deroga al miele confezionato ottenuto da prodotti provenienti da diversi Paesi di non menzionare in etichetta la provenienza. Nonostante sia il secondo produttore mondiale, con 230 mila tonnellate, l’Unione Europea copre il fabbisogno interno solo del 60%, importando il resto principalmente dall’Ucraina (il 20%) e soprattutto dalla Cina (circa il 40% delle importazioni), attualmente il più grande Paese produttore (443mila tonnellate nel 2017) ed esportatore di miele del mondo (249 milioni di dollari). Ma incrociando i dati ITC (International Trade Centre), UN Comtrade e FAOSTAT qualcosa non quadra: come è possibile che il colosso asiatico abbia una capacità produttiva in costante crescita a fronte di un numero pressoché invariato di arnie e di un andamento produttivo globale che invece è altalenante? Sorge quantomeno il dubbio che la Cina “fabbrichi” quello che le api non producono.
L'articolo completo lo potete leggere nel mensile di luglio del Gambero Rosso.
QUESTO è NULLA...
Nel mensile di luglio del Gambero Rosso trovate l'articolo completo con un focus sui mieli impossibili (spoiler: non esiste il miele di rosa o quello monoflora di fico d’India) , sulla rivalutazione del millefiori, sulla produzione italiana, sull'apicoltura urbana e qualche dritta su come va assaggiato il miele. In più trovate altri approfondimenti: come si produce il miele, la sua composizione, i siti internet, i libri e le associazioni da seguire se volete approfondire ancor di più, un utile glossarietto per comprendere al meglio l'argomento, come riconoscere i monoflora più diffusi. E gli 11 indirizzi dove acquistare miele di qualità.
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a cura di Mara Nocilla