Gennaio, il mese dell'astinenza. Dall'alcol alla carne
È un mese difficile, quello di gennaio, per chi vuole indugiare nei peccati di gola. Tra i buoni propositi per l'anno che inizia, con quel velato senso di colpa che si fa sentire dopo gli eccessi delle feste, la dieta (o, perlomeno, qualcosa che somigli a un regime alimentare più morigerato) è spesso un fioretto obbligato. Così, nel mondo anglosassone, da qualche tempo a questa parte, il primo mese dell'anno è diventato l'occasione ideale per promuovere campagne di sensibilizzazione che invitano a conciliare i piaceri della tavola con il rispetto per la propria salute. Dunque largo all'iniziativa Dry January, che anche la Francia ha proposto recentemente di adottare senza successo: un mese, quello di gennaio, contro l'abuso di alcol, promosso a partire dal 2013 nel Regno Unito, per invitare i bevitori – abitudinari o meno – a concedersi una pausa dal consumo di vino e superalcolici. Non tanto per ottenere effettivi benefici fisici – troppo limitato il periodo di astinenza – ma come invito a riflettere su una routine strettamente legata alle abitudini sociali di ciascuno di noi, seppur poco salubre. Analogo è l'obiettivo di una trovata nata in concomitanza con il gennaio “a secco”, sempre nel mondo anglosassone.
Veganuary. L'idea
Veganuary, strutturata come una vera e propria organizzazione no profit fondata nel 2014 in Gran Bretagna, è l'idea per sensibilizzare il mondo dei non vegani sugli effetti di un consumo eccessivo di carne e derivati. Un'istanza che oggi si connota non solo in senso etico e salutistico, ma anche sostenibile, considerando quanto gli allevamenti intensivi impattino sull'ambiente e sulle risorse (limitate!) del pianeta. Così la campagna – 31 giorni per provare a fare meno di prodotti di origine animale – si è rapidamente diffusa, raccogliendo anche l'adesione di catene di supermercati e ristoranti. In Italia, il lancio dell'iniziativa è più recente, e proprio a gennaio 2020 Veganuary cercherà di fare nuovi proseliti nel nostro Paese con l'appoggio dell'associazione Essere Animali, che ogni giorno, per tutto il mese, invierà via email, a chi lo desidera, consigli utili per sperimentare una dieta a base vegetale che non comporti sacrifici eccessivi. Ma è nel mondo delle grandi catene di ristorazione globali che il successo di Veganuary si esplica nel modo più evidente.
Con la complicità di quell'industria dei surrogati alimentari che ha rappresentato nel 2019 un trend in ascesa costante, e continuerà a partorire idee e macinare numeri negli anni a venire (l'America è la Mecca dei prodotti plant-based, ma anche l'Europa comincia a muoversi: in Francia, l'ultimo traguardo è rappresentato dalle uova vegane Les Merveilloeufs, non una prima volta, ma significative migliorie rispetto ai prodotti già in commercio).
Il primo menu vegano di McDonald's
Dunque, a farsi ambasciatore della campagna 2020 di Veganuary c'è pure McDonald's, che segue una strategia già adottata nell'ultimo anno dai suoi principali competitor nel settore del fast food, Burger King e KFC. Dal 2 gennaio, al momento solo nei punti vendita del Regno Unito, il menu di McDonald's proporrà anche i Veggie Dippers: non una sperimentazione radicale come quella di chi ha adottato gli hamburger vegetali, ma comunque una proposta alternativa e 100% vegana, per intercettare le esigenze di una nicchia di mercato in crescita. “Negli ultimi 12 mesi abbiamo assistito a un aumento dell’80% dei clienti che ordinano opzioni vegetariane”, spiega a tal proposito Thomas O’Neill, responsabile del marketing alimentare di McDonald’s in UK. E i veggie dippers arrivano in soccorso: le crocchette schiacciate di riso con pesto di pomodoro e piselli, impanate e fritte (in olio non “contaminato”) sostituiranno la carne nel menu servito con patatine fritte e bibita d'ordinanza al prezzo di 4.99 sterline. Mentre, al vaglio, sarebbe la possibilità di introdurre prodotti a base di “carne” plant based, finora sperimentati solo nel mercato scandinavo (con il McVegan), nonostante il gran numero di adesioni raccolte da una petizione online in America, per chiedere al celebre fast food di inserire più opzioni vegane in menu anche negli Stati Uniti.