A un mese da quando il Mipaaf è rimasto senza una guida e a 15 giorni dalle dimissioni dell’ex premier Conte, l’Italia si trova ancora ad affrontare il rebus Governo. Per tutta la settimana, il giro di consultazioni del presidente del consiglio incaricato, Mario Draghi, è proseguito secondo un fitto calendario che, accanto alle forze politiche, non ha dimenticato il mondo agricolo. È stato, infatti, proprio il settore primario, insieme alle altre parti sociali, a chiudere il giro mercoledì con la convocazione dei sindacati e delle associazioni orizzontali: Agrinsieme (che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari) e Coldiretti.
I piani di Draghi per l’agricoltura
Un incontro che fa guardare con più serenità al futuro e che dimostra come l’agricoltura sia tenuta in alta considerazione dall’ex presidente della Bce e ritenuta centrale per la ripresa del Paese. “Il premier incaricato” riferiscono le associazioni “ha spiegato che intende puntare sull’agroalimentare quale volano per la crescita e lo sviluppo del Paese, privilegiando contributi mirati invece che sussidi a pioggia e dando una sensibile accelerata al lavoro sulle infrastrutture, vera e propria chiave di volta per accrescere la competitività delle imprese”. Inoltre, al termine delle consultazioni, è stata sciolta la riserva sul ministero della Transizione Ecologica (l’annuncio è della presidente Wwf, Donatella Bianchi), richiesto dalle parti sociali e tanto caro al Movimento5Stelle. Si tratterà di un nuovo organo di Governo ad hoc per guidare la transizione verde e gestire i soldi del Recovery Fund.
Agrinsieme: servono cambiamenti tecnologici, economici e sociali
Le parole di Draghi appaiono in linea con quanto auspicato da tutto il settore primario, che adesso chiede non sussidi temporanei, ma investimenti strutturali e duraturi. “Da parte nostra” ha riferito il coordinamento di Agrinsieme “abbiamo ricordato al presidente incaricato che le criticità delle filiere agricole non nascono con l’emergenza Coronavirus e purtroppo non si esauriranno con il concludersi di questa pandemia, se prima non si risolvono i problemi atavici che frenano lo sviluppo dell’agricoltura”. Tra le direttive individuate dalle associazioni e presentate in un documento condiviso, che Tre Bicchieri ha potuto visionare, vi sono: “la modernizzazione del Paese, la transizione ecologica e l’inclusione sociale, territoriale e di genere. Obiettivi che non possono prescindere dalla necessaria opera di semplificazione, di opere infrastrutturali e di incentivazione degli investimenti”.
Inoltre, tra i temi messi sul tavolo, che riguardano anche il vino, Agrinsieme ha ricordato l’imposizione di embarghi e dazi (che si auspica diminuiscano che con l'era Biden) e le tante restrizioni che il settore ha subito a causa della fase di lockdown e delle limitazioni alle attività commerciali sia in Italia, sia all’estero. “Il quadro dei consumi extra-domestici del 2020 non è incoraggiante” ha ricordato il gruppo “con un calo del 40% per il canale Horeca corrispondente a 34 miliardi di euro di perdita di fatturato. Al netto della crescita delle vendite al dettaglio, l’impatto complessivo sul totale della spesa agroalimentare domestica ed extradomestica per il 2020 consiste in una riduzione di circa il 10%, pari a 24 miliardi di euro”. Né le previsioni a breve termine sono incoraggianti. L’obiettivo indicato è, dunque, quello di riportate il Pil al livello del 2019, facendo leva sui grandi cambiamenti tecnologici, economici e sociali in atto. “Il leitmotiv” ha concluso Agrinsieme “deve essere quello di accelerare lo sviluppo del Paese e di migliorarne la sostenibilità economica, sociale e ambientale, in linea con l’Agenda 2030 e gli obiettivi definiti dall’Unione europea, finalizzati ai finanziamenti del Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 e del Recovery Fund”.
Il piano in 8 punti di Agrinsieme
Gli 8 punti prioritari nel documento che Agrinsieme ha consegnato al premier incaricato Mario Draghi
- Semplificazione e sburocratizzazione
Le nostre aziende agricole sono spesso vittime di pastoie burocratiche che ne minano la competitività rispetto alle produzioni estere. Ciò richiederà una profonda riforma e ristrutturazione della Pubblica Amministrazione. Trascorre ad esempio più di un anno (a seconda delle regioni) prima che gli imprenditori agricoli possano vedersi riconosciuti i programmi presentati nell’ambito dei Psr che rappresentano un grande elemento di liquidità per le aziende agricole.
- Infrastrutture materiali e immateriali
Quello che serve al Paese è un piano “intermodale” su scala nazionale per logistica merci, con focus sull’ammodernamento dei porti e sull’espansione della rete ferroviaria per il trasporto merci, rivalutando il posizionamento strategico dell’Italia nei flussi merci europei/del Mediterraneo. In termini di infrastrutture digitali, l’Italia sconta ancora un divario rispetto ai competitor europei nell’accesso a internet. Non vanno, infine, dimenticate le opportunità di sbocco del Made in Italy agroalimentare nei nuovi canali di vendita online.
- Ammodernamento settori produttivi
La modernizzazione deve necessariamente trovare nelle varie indicazioni della sostenibilità (ambientale, sociale ed economica) le principali direttrici di sviluppo in coerenza con gli obiettivi e i target del Green New Deal e delle sue declinazioni. Appare, inoltre, strategico promuovere e sostenere un nuovo paradigma tecnologico fondato sulla agrotecnologia, sulle biotecnologie, sull’agricoltura digitale, sull’automazione e sulle Ict-Information Communication Tecnology.
- Politiche di permanenza sul territorio
Occorrono politiche, azioni e strumenti orientati a frenare lo spopolamento e l’abbandono dei territori rurali attraverso il rafforzamento del tessuto economico e il miglioramento delle condizioni di vita rendendo disponibili i servizi essenziali quali strade, scuole e ospedali. Diventano, quindi, necessarie risorse e piani strutturali affinché i giovani possano tornare a scegliere l’agricoltura con sempre maggior convinzione.
- Reti, filiere, aggregazioni
È fondamentale una politica crei aggregazione tra le imprese in un’ottica di filiera, coinvolgendo anche la distribuzione sia all’ingrosso che al dettaglio. A tale riguardo, bisognerebbe anche puntare sull’internazionalizzazione della Gdo italiana, e migliorare, in tal modo, la penetrazione nei mercati esteri delle nostre eccellenze agroalimentari.
- Sostegno all’export
L’offerta alimentare italiana, per essere veramente competitiva e contrastare l’ Italian sounding, necessita di un approccio sistematico e di lungo periodo. Non possiamo, poi, non citare il tema delle barriere di natura tariffaria e non tariffaria. Le nostre imprese hanno bisogno di un segnale chiaro e deciso soprattutto verso quei Paesi che possono beneficiare di accordi internazionali di libero scambio che non sono stati ancora ratificati dal Parlamento italiano.
- Interventi sul credito agricolo
Riteniamo necessario potenziare e condividere gli strumenti di valutazione del rischio di credito e della sostenibilità dei finanziamenti. Serve, poi, intensificare le azioni volte al ricambio generazionale e al rafforzamento fondiario, secondo due direzioni: l'implementazione e il miglioramento di strumenti agevolativi; la creazione di veicoli e modalità alternative per favorire il turnover delle terre, scongiurando il rischio dell'abbandono dell'attività agricola.
- Economia circolare e sostenibilità delle imprese
Occorre dare impulso all’economia circolare e stimolare un mercato responsabile, introducendo, ad esempio, una fiscalità di vantaggio per chi utilizza prodotti derivanti da processi di recupero. Nell’ambito della futura Pac e in coerenza con il Green New Deal, riteniamo fondamentale l’inserimento di misure premiali e incentivanti per le imprese per l’implementazione di modelli produttivi sostenibili.
Coldiretti: ripartire dal record dell’export agroalimentare
Ha ribadito il ruolo strategico dell’export agroalimentare il presidente Coldiretti Ettore Prandini. “C’è fame d’Italia” ha detto all’incontro con Draghi “con i consumatori stranieri che non hanno mai fatto mancare l'interesse verso i prodotti più tradizionali dell’agroalimentare nazionale con un valore dell’export stimato pari a più di 45 miliardi nel 2020. L’Italia” ha ricordato Prandini “è leader in Europa per valore aggiunto, sostenibilità e qualità e, con la crisi, la filiera del cibo è diventata la prima ricchezza del Paese con un valore che supera i 538 miliardi, garantisce dai campi agli scaffali 3,6 milioni di posti di lavoro grazie all’attività, tra gli altri, di 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio”.
Cosa fare per rendere il Belpaese ancora più competitivo? “Occorre intervenire per difendere la sovranità alimentare” ha concluso “ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento, in un momento di grandi tensioni internazionali, e creare un milione di posti di lavoro green entro i prossimi 10 anni con una decisa svolta dell’agricoltura verso la rivoluzione verde”. A ciò, tra le richieste Coldiretti, si aggiungono le priorità che rientrano nella voce del Recovery Plan, quali la digitalizzazione delle campagne e la chimica verde per contrastare i cambiamenti climatici.
Confcommercio: gli imprenditori vogliono rimettersi in moto
Strettamente collegato al mondo agroalimentare e vitivinicolo c’è quello del commercio che, mai come in questi mesi - con l’Horeca chiusa o limitata - ha dimostrato la sua complementarità rispetto al settore primario. Restano, quindi, gli occhi puntati sulle restrizioni imposte agli esercizi, con le enoteche in rivolta per la chiusura alle 18 e i ristoranti speranzosi di poter tornare a riaprire anche di sera. Tutte istanze presentate nell’incontro con il premier incaricato Draghi da Confcommercio: “Nell’incontro” ha rivelato il presidente Carlo Sangalli “abbiamo sottolineato la situazione drammatica delle imprese del commercio e della ristorazione, del turismo e della cultura, dei servizi e dei trasporti, le più colpite dall’epidemia. Rischiano la chiusura oltre 300 mila imprese”, ha messo in guardia il numero uno della confederazione, ribadendo che servono altri “ristori tempestivi e adeguati alle effettive perdite di fatturato e proroga ampia della Cassa Covid senza contribuzione addizionale e senza distinzioni dimensionali”. Infine – e su questo concordano tutte le associazioni – ha ribadito la necessità di una “rapida campagna vaccini, per ripartire in sicurezza. Gli imprenditori non aspettano che ripartire”.
a cura di Loredana Sottile
Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri dell'11 febbraio
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