“Oggi i pescatori non hanno preso nulla, non apriamo. Possiamo risentirci domani, confidiamo nel meteo”. Che non eravamo davanti al solito ristorante l’avevamo capito già in fase di prenotazione. Il giorno successivo riproviamo e siamo baciati dalla fortuna. L’entrata è sul retro, accediamo al locale da un giardino casalingo, l’unica sala è come un salotto di casa: una marea di cappelli, libri, foto d’epoca, candele consumate dal tempo.
Cento per cento Adriatico
È il regno dell’energica Maria Tena, 90 anni, e la figlia Domenica, alle porte di Fano. L’accoglienza è gentile e calorosa, non mancano nemmeno domande insolite in fase di ordinazione, ritroviamo calore e un percorso genuino e diretto. Partiamo con pane cotto nelle foglie del castagno e un giro d’olio, poi una polentina cosparsa di vongole, canocchie e calamaretti.
La festa grande dell’Adriatico è servita su un vassoio: una ventina di canocchie sublimi, naselli, merluzzetti, sogliole e ali di razza. Tutto al vapore o bollito, non si frigge e non ci sono soffritti. Le cotture sono molto puntuali, mangiamo tutto rigorosamente con le mani e innaffiamo il tutto con un Bianchello neutro del Metauro prelevato da una meravigliosa cantina frigo degli anni Trenta. La selezione enologica è a dir poco scarna, per tutto il pranzo non stacchiamo gli occhi da quel meraviglioso oggetto vintage che mantiene le bottiglie in fresco.
Il rito del brodetto
I nostri vicini di tavola emettono strani versi mentre assaporano il brodetto alla fanese, una zuppa ricca e rassicurante: tanti pesci piccoli, cipolla, pomodoro, prezzemolo e olio. Viene servito in una coccio d’argilla, intuiamo che la maggior parte dei clienti sono arrivati per celebrare questo rito da assaporare lentamente. Con tanto di scarpette in chiusura. Il triplice fischio finale arriva con la corroborante moretta dei marinai: una tipica miscela di caffè, rum, cognac e anice stellato. Solo menu fisso, solo quando il mare lo decide. Il conto strappa un sorriso.