L'antico maiale-pecora da cui si producono alcuni dei salumi più buoni del mondo. Storia della Mangalica

27 Gen 2025, 09:32 | a cura di
Mantello lanuto, strato di grasso che può superare una spanna e carni ben marezzate per salumi spaziali. Il Paese dove è più diffuso è l’Ungheria, dove la razza è registrata ed è Patrimonio Gastronomico Nazionale. Da 15 anni è allevato anche in Italia

Se vedete un animale dal pelo lungo, riccio e lanuto guardategli il muso prima di dire che sia una pecora. Potreste rimanere sorpresi e scoprire che si tratta di un maiale. Il mantello richiama vagamente un ovino ma il grugno è quello del “porco”, con il naso grosso e carnoso e le grandi narici, adatto a grufolare. Parliamo della Mangalitsa (Mangalica o Mangalitza), antica razza suina originaria dell’area balcanica, che ha avuto il suo momento di gloria soprattutto nel XIX secolo. Recuperata tre decenni fa, da qualche anno è allevata anche in Italia.

Il recupero della razza

Questi maiali grossi e peluti sono diffusi soprattutto in Ungheria. Arrivarono attraverso la Serbia nella prima metà dell’Ottocento: il nucleo iniziale dell’allevamento si deve al principe Giuseppe nel 1833. È il principio di una bella storia e di una risorsa economica per il Paese. La Mangalitsa diventò la razza suina preferita in terre magiare, raggiungendo l’apice durante l’impero austro-ungarico: ha fatto la fortuna del famoso salame ungherese. Poi all’inizio del Novecento sono arrivate le razze bianche migliorate del nord Europa, che hanno mandato in pensione quelle antiche rustiche, spingendole fino all’orlo dell’estinzione. Compresa la Mangalitsa.

A riscoprire e recuperare questo maiale, preso proprio per il ciuffo una trentina d’anni fa, fu l’azienda spagnola Monte Nevado (tanto da ricevere la Gran Croce dell’Ordine della Repubblica Ungherese), portando in 10 anni il numero degli animali da riproduzione a oltre 7.000. Oltre all’Ungheria, i Paesi dove è più diffuso l’allevamento di questa razza sono Austria, Germania e Svizzera. In Ungheria la Mangalitsa è stata registrata (come anche nel Regno Unito, nel BPA Mangalitza Herd Book) e nel 2004 dichiarata Patrimonio Gastronomico Nazionale.

Ipotesi sull’origine della Mangalitsa

Stando a quanto si legge in uno storico testo scientifico del 1927 – Zootecnia Speciale, III Suini, Ettore Mascheroni, che fa parte della Nuova Enciclopedia Agraria Italiana (Unione Tipografico Editrice Torinese) – ci sono diverse ipotesi riguardo all’origine della Mangalitsa: discendente del cinghiale europeo (Cornevin), dall’incrocio tra il maiale indiano e il cinghiale (Monostori), dal maiale autoctono turco (Fitzinger), dall’incrocio del porco domestico europeo con quello indiano (Nathusius).

Suino di razza Mangalica ventre di rondine (foto Agraria.org)

Suino di Mangalica ventre di rondine (foto Agraria.org)

Qualunque sia la provenienza, il nome di questa antica razza suina è legata alla parola mongolo (infatti il Mascheroni la chiama Mongolitza), popolo dell’Asia orientale che invase più volte i Paesi balcanici fino al XIII secolo. Il suo successo è dovuto proprio alla stazza e alla grande quantità di grasso, nel passato considerato la parte più nobile dell’animale.

I colori e le caratteristiche della razza

Abbiamo fatto un approfondimento storico e scientifico della Mangalitsa con Luigi Tacchi, esperto in zootecnia, in particolare sulle antiche razze suine. «La Mangalitsa è un maiale forte e molto rustico, con una bella ossatura. È un animale eccellente come produttore di carne e grasso – spiega Tacchi – soprattutto di ottimo grasso, nel passato ricercato sia dal punto di vista energetico sia della conservazione dei salumi e degli alimenti. La razza si è contratta nel corso del XX secolo con il diffondersi degli allevamenti intensivi e l’affermarsi di razze migliorate».

A parte il pelo lungo e la grande quantità di tessuto adiposo, superiore ad altre razze suine, la Mangalitsa è diversa dai nostri antichi suini rustici. «La struttura della testa è piuttosto piccola, corta e larga, con il profilo incavato, il grugno affilato, la mandibola larga e le guance carnose, le orecchie rivolte in avanti e in basso con la punta ricurva – continua Luigi Tacchi – . Il collo è muscoloso, le spalle e il garrese, ossia la parte che corrisponde alle prime vertebre dorsali, sono larghi e robusti, la coda a ciuffo. La linea dorsale spesso leggermente arcuata, la groppa e il petto ampi, l’addome molto sviluppato e il costato arrotondato conferiscono al tronco del maiale una forma simile a quella di una botte».

Maiale Mangalitsa di ceppo rosso

Maiale Mangalitsa di ceppo rosso

Ma la caratteristica che balza immediatamente all’occhio è la presenza di setole che ricoprono il suino. «Sono di due tipi: setole più lunghe e grossolane, setole quelle più corte, fini e crespe, diffuse a ciuffetti in quasi tutto il corpo, dando all’animale un aspetto quasi riccioluto e lanoso, soprattutto in inverno se gli animali vivono all’aperto e in ambienti freddi». Anche il mantello ha colori differenti. «La Mangalitsa può avere tre tonalità: bianco-biondo, nero e "rondine" (nero con addome, interno arti e gola chiari)». Con varianti che cambiano a seconda delle zone e dei Paesi.

Salumi di Mangalitsa Jolanda de Colò (crediti fotografici Desiree Magagnoli)

Salumi di Mangalitsa Jolanda de Colò (crediti fotografici Desiree Magagnoli)

Grasso nobile

Un’altra particolarità di questo maiale è la grande quantità di grasso, un bel grasso bianco, «soprattutto se il maiale ha mangiato orzo», sia nell’alto strato di lardo, che può superare anche i 20 centimetri, sia nell’abbondante marezzatura delle parti magre. È questo grasso ricco di acidi grassi “buoni” insaturi – caratteristica genetica di tutte le antiche razze suine ma qui ancora più presente – a rendere le carni così morbide e gustose.

Nella cover dell'articolo la  Mangalica di ceppo biondo (foto Agraria.org)

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