Fermi tutti. E se la pizza surgelata non fosse (più) una scelta di serie B, una sorta di refugium peccatorum per single o coppie alle prese con i ritmi frenetici della vita metropolitana? Da alternativa fatta in casa (più o meno) al delivery, soluzione privilegiata per pantofolai, più o meno convinti, a soluzione di qualità, con buona pace dei puristi dell’arte del pizzaiuolo, non a caso patrimonio Unesco: possibile?
L’idea arriva proprio da Napoli, all'apparenza un paradosso in termini, o quasi: in questi giorni la grande distribuzione abbraccia il secondo prodotto da banco freezer nato dalla collaborazione tra l’Antica Pizzeria Da Michele in the world, il marchio legato che esporta il plurisecolare mito del tempio della pizza, e Roncadin, azienda di Meduno, in Friuli, specializzata nella produzione di pizze surgelate. Ci avevano già provato con la margherita qualche mese fa: era andata bene (soprattutto nella catena Esselunga), anche per questo - sottolineano le due aziende - la produzione avrà un incremento nei prossimi giorni.
La Marinara surgelata dell’Antica Pizzeria Da Michele
Ora tocca alla Marinara e la sfida sembra farsi più complicata: ingredienti minimal (pomodoro, aglio, origano e olio), siamo sicuri che il grande pubblico si farà affascinare? «La marinara non incontra il comune gusto delle surgelate, in genere molto più "ricche" ma per la verità la marinara è una "trappola" per il pizzaiolo», spiega Francesco De Luca, amministratore delegato de l’Antica Pizzeria Da Michele in the world. «Semplice solo in apparenza, è in realtà da questa pizza che si può giudicare la vera maestria».
Sarà, ma a casa - con la pizza, in vendita soprattutto in alcune catene di supermercati del nord Italia in confezioni da 341 grammi (una sola pizza) al prezzo consigliato di 2,99 euro - non ci si portano un paio di elementi fondamentali, il movimento rotatorio del pizzaiolo (citato dall’Unesco nel descrivere l’arte) e, naturalmente, la cottura del forno a legno. Per un costo non troppo lontano dal prodotto in pizzeria, soprattutto di quelle meridionali.
Packaging come per le pizze da asporto
C’è anche, naturalmente, molto marketing: il lancio della Margherita conquistò 2.327 like nelle prime 72 ore, anche se sui social la novità è, al solito, divisiva. E il packaging differisce strategicamente da quello delle pizze surgelate tradizionali per strizzare l’occhio alle pizze da asporto. Valore aggiunto, reclamizzato, la fibra vergine con cui è stato realizzato: consente di gustare direttamente la pizza dopo averla cucinata in forno (c’è anche però l’alternativa in padella), «risparmiando tempo e anche l’acqua e l’energia che servono per lavare le stoviglie», spiegano le due aziende. E insomma c’è anche una chiave green, amplificata dalla vocazione dello stabilimento di Roncadin, alimentato al 100% con energia elettrica da fonti rinnovabili certificate.
Galbani e il precedente "polemico"
Ma la nuova corsia preferenziali delle pizze surgelate che si ispirano alla tonda d’eccellenza made in Napoli è destinata a far discutere. Indigesta fu, per esempio, la fotografia della frozen che il profilo Facebook “Galbani. Le ricette di casa mia” ha pubblicato nel 2017 per celebrare il riconoscimento Unesco. Levate di scudi e polemiche a go-go, Noiconsumatori minacciò una class action e l’Associazione Verace Pizza Napoletana diede incarico all’avvocato Angelo Pisani di diffidare l’azienda e provvedere “alla tutela giudiziale del ruolo, attività artigianale, immagine, storia e dignità dell’arte dei pizzaiuoli napoletani, così come riconosciuta dall’Unesco”. E insomma la stessa Galbani corse ai ripari, sottolineando che l’azienda “non produce e non commercializza pizze”, ma voleva “omaggiare il riconoscimento ottenuto dalla pizza napoletana e i suoi pizzaioli, un'eccellenza di cui tutti noi siamo fieri”. Poi, certo, gli anni della pandemia hanno dato un nuovo slancio al “fai da te”, ingolosendo molte realtà a tendere una potenziale mano ai consumatori casalinghi. Ma il futuro della pizza è davvero in un banco freezer?