Sta crescendo sempre di più la consapevolezza dell’impatto negativo dell’antibiotico-resistenza sui rendimenti degli azionisti, tanto che alcune aziende alimentari si trovano a subire una pressione crescente da parte dei loro investitori per ridurre l’utilizzo di antibiotici negli allevamenti. Non solo: un peso sempre maggiore lo stanno avendo anche gruppi di attivisti che si rivolgono sempre più agli azionisti per affrontare il flagello globale della resistenza antimicrobica. Ad affrontare la questione è stato anche il Financial Times con un'analisi ad hoc nella quale si va a scandagliare lo stretto rapporto tra investitori e produzioni alimentari.
Il potere degli investitori
L'analisi è partita proprio dalla consapevolezza degli azionisti della minaccia che l’antibiotico-resistenza può rappresentare per i rendimenti. Secondo il FT gli investitori oggi rappresentano un’arma essenziale e sempre più strategica nella lotta agli antibiotici e della stessa idea è anche Dame Sally Davies, inviata speciale del governo britannico sulla resistenza antimicrobica, sentita dal quotidiano britannico: "I politici e la politica possono fare molto, ma gli investitori sono molto potenti".
D'altronde è proprio grazie a Davies che nel 2020 ha preso il via il gruppo Investor Action al World Economic Forum di Davos che come mission punta a "sfruttare l’influenza degli investitori per combattere i superbatteri resistenti ai farmaci".
A questo si aggiunge l’iniziativa Fairr, una rete di investitori focalizzata sui rischi legati all’allevamento intensivo di bestiame, con il sostegno di circa 370 finanziatori da tutto il mondo e un patrimonio complessivo di ben 71 trilioni di dollari. Gli attivisti riconoscono che la questione deve ancora colpire gli investitori con la stessa forza che ha avuto il cambiamento climatico. Tuttavia, Fairr ha affermato che il suo sostegno è cresciuto di oltre il 200% dal 2019, con 15,2 trilioni di dollari in asset combinati che ora sostengono la spinta per modifiche alle pratiche antimicrobiche delle aziende.
Il problema dell'abuso degli antibiotici
Una panoramica non certo incoraggiante quella che mostrano i dati, che spingono a intraprendere una serie di iniziative indispensabili: circa il 70% degli antibiotici, infatti, vengono consumati dagli animali per prevenire le malattie. Inoltre un terzo di tutti gli antibiotici utilizzati nel mondo vengono destinati solamente ai maiali in Cina e si prevede che l'antibiotico-resistenza ucciderà più persone del cancro entro il 2050. In tutto ciò, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la resistenza antimicrobica è già stata associata a quasi 5 milioni di decessi all’anno a livello globale ed è costata al mondo 100 trilioni di dollari in perdite economiche globali.
I contrari agli allarmismi
Non tutti gli osservatori concordano sul livello di colpevolezza che le aziende alimentari dovrebbero accollarsi per ridurre la resistenza antimicrobica. Eva Gocsik, analista senior per le proteine animali presso Rabobank, uno dei principali finanziatori del settore, ha affermato che l’uso di antibiotici nella produzione animale è “solo uno dei potenziali fattori che contribuiscono” al problema ed è “difficile stabilire scientificamente l’esatto contributo del settore zootecnico alla resistenza antimicrobica negli esseri umani”.