Gli agricoltori continuano a protestare, in Italia e in tutta Europa, travolgendo Bruxelles. I presidi sono numerosi, così come i gruppi di attivisti che agiscono in modo indipendente. Alcune richieste sono comuni. Come esempio quelle contenute in un comunicato fatto circolare dal Coordinamento nazionale riscatto agricolo (CNRA) in dieci punti. Tuttavia non mancano le voci dissonanti, anche tra gli agricoltori. Come quella di Lorenzo Costa, che con la sua azienda agricola, La Scoscesa, ha da tempo deciso di mettere in pratica i dettami della permacultura, quel sistema di progettazione integrato che mira alla realizzazione di società umane sostenibili, partendo anche dalla cura della terra; coltivando solamente tre ettari su nove totali. La sua è indubbiamente una voce fuori dal coro. Gli abbiamo sottoposto il decalogo e abbiamo chiesto la sua opinione.
Analisi delle richieste degli agricoltori
1- Riprogrammazione Green Deal. Revisione completa della Politica Agricola Europea, in quanto di estremismo ambientalista e a discapito della produzione agricola e dei consumatori
Non sono d'accordo. Premessa: io faccio parte di quella minuscola sezione del mondo agricolo italiano che è basato su aziende agricole molto piccole, in cui il rapporto con quelle che sono le politiche agricole dell'Unione Europea è pari quasi a zero, nel senso che abbiamo delle superfici tali che hanno un riconoscimento a livello di PAC abbastanza basso, non prendiamo chissà quali contributi. La realtà in Italia è che l'85% delle risorse le detengono alcune grosse aziende e il resto viene suddiviso tra gli agricoltori e agricoltrici. Tornando al punto, per me il Green Deal è addirittura molto blando, non sono visioni estremiste a livello ambientalista, non mettono in discussione la capacità produttiva delle aziende, chiedono semplicemente alle aziende di cambiare modo di produrre. Non capisco perché dovremmo metterlo in discussione. Anzi, è un inizio di discussione che da anni viene portata avanti e qui credo emerga il grosso problema italiano delle associazioni di categoria che siedono ai tavoli decisionali in Europa, sono ben consapevoli di cosa viene deciso e poi ad un certo punto si stupiscono delle decisioni prese. Non si comprende come sia possibile.
Vero è che se le politiche europee non vengono traslate in ogni singolo paese con un accompagnamento delle aziende agricole verso un approccio differente, tutto casca nel vuoto. La verità è che in Italia c'è un fortissimo gap generazionale nel mondo agricolo per cui alcune grosse aziende sono in mano a sessantenni o settantenni, il ricambio generazionale è basso e l'accesso alla terra di nuove persone è minore rispetto agli altri paesi.
2- Importazioni e libertà di impresa. Vietare l’importazione di prodotti agricoli provenienti da Paesi dove non sono in vigore gli stessi nostri regolamenti produttivi e sanitari. Garantire la libertà di impresa, anche varando leggi che combattano il dumping economico per i prodotti agricoli e alimentari.
Su questo posso essere d'accordo. Nel momento in cui l'Unione Europea impone determinate regole di produzione - che rientrano con il discorso del Green Deal - agli agricoltori europei, queste dovrebbero essere imposte a tutti. Non sono per il protezionismo o il chiudere i confimi, ma chiaramente ci dovrebbe essere una parità di accesso al mercato con le stesse regole produttive e la stessa garanzia di qualità richiesta. Auspico un controllo e delle regole ben precise applicate a tutti.
3- Istituzione di un tavolo tecnico. Chiediamo l’istituzione di un tavolo tecnico di soli VERI agricoltori, che siano coinvolti ogni qualvolta si vari o si ritocchi una normativa che riguardi direttamente o indirettamente il settore agricolo e alimentare.
In questo paese vige un sistema in cui c'è la rappresentanza, questi “veri” agricoltori hanno un sistema di rappresentanza e al tavolo tecnico vengono chiamate le associazioni di categoria di riferimento. Che poi queste associazioni non facciano quello che vuole la maggioranza, è un altro discorso. Ma se non chiamo loro, chi chiamo? Chi sono i veri agricoltori? Gli ex forconi? Gli ex gilet gialli? Questi sono i veri agricoltori? Non credo.
4- Abolizione immediata di vincoli e incentivi per non coltivare i terreni. Eliminare l’obbligo di non coltivare il 4% dei terreni e ogni forma di contributo volta a disincentivare la coltivazione.
Se non coltivi il 4% dei terreni, l'Europa ti dà un contributo! L'Europa, non entro nel merito se sia giusto o sbagliato, per tutto quello che ti chiede, ti dà sempre qualcosa in cambio, nello specifico ti dà un minimo di contributo. È falso dire, come ho visto circolare in rete, che non sarà più possibile coltivare il grano in Puglia o il mais in Lombardia, non viene chiesto questo, viene chiesto di fare delle rotazioni. È ovvio che questo possa ridurre la capacità produttiva, ma che ci dovvessero essere delle rotazioni a livello di gestione della salubrità del suolo, non lo dice l'Europa, lo dicono tutti i ricercatori dei dipartimenti di agraria di tutta Italia. È il minimo sindacale per tenere un briciolo in conto la salubrità del suolo.
5- Detassazione in agricoltura (IRPEF-IMU). Mantenere un regime fiscale adeguato per il mondo agricolo, viste le criticità economiche causate dall’aumento esponenziale dei costi di produzione e dalla flessione dei mercati dei prodotti agricoli.
Posso essere d'accordo, qui però non c'entra nulla l'Europa. È una detassazione che risale al 2017 e ora è una scelta dell'attuale Governo rivedere la questione per recuperare risorse. La mia azienda è nata nel 2016 e ho iniziato a pagare i contributi proprio nel 2017, quindi non ho termini di paragone per dire quanto andrà a influire la cosa sui redditi agrari. Quel che è certo è che, essendo un reddito basato sull'estensione di proprietà di terra, avrà un peso assai maggiore su chi ha grandi estensioni.
6- Agevolazioni carburante agricolo. Mantenere anche dopo il 2026, il sistema che tiene calmierati i costi del gasolio agricolo.
Ancora non sono state tolte le agevolazioni. Mi porrei il problema quando sarà.
7- Cibi sintetici. Regolamenti stringenti che contrastino l’ingresso sul mercato di cibi sintetici.
Non mi sconvolge né la carne coltivata, né la farina di insetti, mi lascia perplesso sia il sostegno che la contrarietà ai "cibi sintetici". Mia opinione personale: credo non ci sia necessità di creare qualcosa di nuovo e di edibile quando la natura ci permette di produrre una quantità e una varietà di prodotti incredibile, è un discorso che si può applicare a ogni regione climatica. Detto questo, c'è un discorso più generale da fare, e riguarda il mercato della produzione del cibo. Abbiamo un problema enorme con gli allevamenti intensivi, che implicano anche problemi sulle falde acquifere con un eccesso di accumulo di urine e feci di animali, sono problemi che vanno risolti. Anche in questo caso, però, non si può dire di chiudere gli allevamenti di punto in bianco, ci vogliono delle politiche di transizione e di incentivi alla transizione.
8- Riforma aliquota iva applicata. Ridurre o addirittura togliere l’iva su alcuni prodotti alimentari primari. Per il vino applicare un’aliquota massima del 10%.
Sì ma prima togliamo l'iva sugli assorbenti o sulle coppette mestruali, poi possiamo toglierla anche sui prodotti agricoli, anche se è già al 4 o 5% con uno sconto rilevante rispetto all’aliquota standard del 22 per cento. Comunque credo sia una proposta costosissima, irrealizzabile da parte del Governo.
9- Fauna selvatica. Lo Stato deve garantire un contenimento della fauna selvatica e rispondere direttamente e in tempi brevi dei danni diretti e indiretti da essa provocati.
Lo Stato dovrebbe garantire un piano gestione della fauna selvatica. Cosa propongono loro non lo so, cosa viene proposto da tantissimi etologi ed etologhe sono ad esempio dei corridoi ecologici per consentire alla fauna selvatica l'accesso all'acqua, dunque se poi ti distruggono i recinti perché tu hai recintato tutto, la colpa è tua e lo Stato non ti deve nulla. Dovremmo anche favorire l'habitat di predatori, come il lupo che bilancia e tiene sotto controllo alcune popolazioni di fauna selvatica. Se poi il lupo ti mangia un agnello perché su un gregge di seicento pecore hai previsto solo tre cani da guardia, anche in questo caso è un problema tuo. Siamo abituati a pensare che si debba fare così perché si è sempre fatto così, senza prendere in considerazione che le cose cambiano perché la natura cambia costantemente, la presenza di fauna cambia costantemente e noi dovremmo essere in grado di anticipare e capire come intervenire e come rapportarci a determinate condizioni.
10- Riqualificazione della figura dell’agricoltore. A partire dalle scuole, riqualificare la figura dell’agricoltore ed allevatore, valorizzandola e non additandola come responsabile dell’inquinamento ambientale. L’agricoltore è una figura fondamentale per la società in quanto tutore dell’ambiente e produttore di cibo/vita!
Sì ma l'agricoltore viene additato nel momento in cui crea dei danni, danni alle falde acquifere, all'habitat della fauna selvatica: è innegabile che l'agricoltura ha in tutto questo una responsabilità altissima. Indubbiamente, però, si dovrebbe parlare nelle scuole di agricoltura e di lavoro agricolo in un altro modo, non tanto per tutelare questa categoria “a esaurimento” ma per far capire la bellezza di questo lavoro. Oggi abbiamo un livello di occupazione nel mondo agricolo bassissimo, potremmo creare posti di lavoro portando avanti un'agricoltura differente. Così come è l'agricoltura verrà sempre additata.