La battaglia all’obesità in Inghilterra
Tra qualche giorno il governo inglese di Boris Johnson annuncerà le nuove misure per contenere l’obesità che nel Paese affligge un numero di persone crescente, sin dai primi anni di vita. Finora il principale sostenitore della campagna anti junk food, nel Regno Unito, era stato il sindaco di Londra, Sadiq Khan, che anche a fronte di una certa reticenza da parte del governo centrale, nella figura di Theresa May (all’epoca premier del Paese), era andato dritto per la sua strada, vietando per esempio la pubblicità di cibo spazzatura sull’intera rete di trasporti pubblici della capitale inglese. Era l’inizio del 2019, e il provvedimento seguiva l’intenzione, presto accantonata, di vietare l’apertura di nuovi fast food nel raggio di meno di 400 metri dalle scuole della capitale, dove la percentuale di bambini in sovrappeso tocca il primato nazionale, con il 40% di minori affetti da obesità infantile.
Obesità e Covid-19. Come interagiscono
Nell’era del Covid, però, le valutazioni istituzionali sull’importanza di ripensare le politiche alimentari inglesi devono necessariamente cambiare: secondo la ricerca pubblicata sul British Medical Journal, infatti la pandemia in atto e l’obesità interagiscono pericolosamente, con la seconda che diventa fattore di rischio conclamato nel determinare complicazioni gravi e morte nei pazienti contagiati dal virus (in Inghilterra il 64% dei contagiati finiti in terapia intensiva erano sovrappeso o affetti da obesità). La spiegazione scientifica - per ora un’ipotesi - individuerebbe nella maggiore quantità di Ace2 nell’organismo delle persone obese la correlazione di fatti: l’enzima, infatti, sarebbe sfruttato dal virus per aggredire il sistema immunitario. Inoltre, più banalmente, l’obesità può ridurre la funzione polmonare. E, continua lo studio inglese, di questa situazione sarebbe responsabile in prima linea l’industria alimentare, che “produce e promuove ampiamente bevande zuccherate e cibi ultraprocessati ricchi di sale, zucchero e grassi saturi, che forniscono solo una transitoria sensazione di pienezza”. Rendendo di fatto impossibile resistere alla tentazione di consumare calorie in eccesso, tanto più – ironia della sorte - negli ultimi mesi di lockdown. Dunque i ricercatori si sono rivolti direttamente al governo, che finora “ha fatto troppo poco”, e invece dovrebbe sfruttare questa contingenza per correre ai ripari, promuovendo uno stile alimentare più sano e limitando il bombardamento pubblicitario dell’industria alimentare. E non farà sorridere i professori il fatto che proprio nelle ultime settimane il governo scozzese abbia deciso di mettere in pausa il pacchetto di misure anti junk food che vietava, tra le altre cose, di praticare sconti promozionali combinati per l’acquisto di cibo spazzatura, in barba a un tasso di obesità crescente nel Paese, ma con l’obiettivo di favorire la ripartenza delle aziende alimentari. Di combattere l’obesità, evidentemente, se ne riparlerà non prima di maggio 2021.
Boris Johnson e la guerra al junk food
Opposto, secondo quanto preannunciato da fonti istituzionali, l’atteggiamento del premier Johnson, ancora scosso dall’aver scontato in prima persona gli effetti subdoli del Covid. Secondo gli esperti, “il governo dovrebbe trattare i cibi ultraprocessati come il tabacco”, imponendo severe restrizioni al commercio e al consumo di junk food, in un Paese che è secondo in Europa per numero di persone in sovrappeso, preceduto solo da Malta. Le misure auspicate sono sempre le stesse: porre un limite alle promozioni sul cibo spazzatura, vietare l’apertura di fast food nei pressi delle scuole e la pubblicità in tv di pizza surgelata, patatine e snack ipercalorici prima delle 21. Dal canto suo il premier inglese sarebbe pronto a dichiarare guerra all’obesità, dopo aver dichiarato che proprio contrarre il virus e vedere la propria vita in pericolo ha modificato il suo approccio sregolato alla dieta, facendogli accantonare l’atteggiamento piuttosto permissivo tenuto finora (in passato ha intrapreso anche crociate pro junk food, come il suo omologo Trump). L’obiettivo, ora, è agire in fretta, prima che la seconda ondata di contagi arrivi a colpire il Paese. I medici interpellati suggeriscono variamente di tassare i prodotti pericolosi o limitarne la quantità consentita, ma anche di vietarne la vendita in certi contesti. E poi di estendere la sugar tax alle bevande a base di latte e panna, e di introdurre il computo delle calorie sui menu dei ristoranti (ma fa discutere il bonus ristorante di 10 sterline, che secondo le associazioni contro l’obesità indurrà molte più famiglie a frequentare abitualmente i fast food). La sugar tax introdotta nel 2018, dunque, è il modello da seguire. Ma è il parere di Susan Jebb, professoressa di salute pubblica all’università di Oxford, a rappresentare la posizione più tranchant: “Questo è il momento di cominciare a trattare l’obesità come la dipendenza da tabacco”, spiega al Guardian. Si aspettano sviluppi. Nel frattempo Boris Johnson si è già messo a dieta.
a cura di Livia Montagnoli