Le gondole legate davanti a San Marco si muovono leggermente sullโacqua al passaggio vaporetto, ma nessuno pare notarlo. Venezia anche oggi, come ogni giorno da un anno a questa parte, deve fare i conti con la grande assenza del turismo. Nei 1600 anni dalla sua fondazione la cittร lagunare รจ stata tante cose: una capitale, il centro economico del mondo, lโultima resistenza dalle invasioni e il primo punto dโaccesso del continente europeo, ma una cosa fino a oggi forse non era mai stata: silenziosa.
Eppure, in questo momento di vuoto del mondo รจ possibile riscoprire che Venezia รจ viva, che i suoi cittadini sono ancora lรฌ, intenti a fare quello che fanno da secoli: gestire osterie, torrefare il caffรจ, allevare api, coltivare vigne e pescare moeche.
Con questo termine, traducibile con โmorbideโ, si indicano i granchietti della laguna veneziana che due volte allโanno (tra aprile e maggio e ottobre e novembre) devono fare la muta del proprio esoscheletro, diventando per pochissimo tempo nudi e vulnerabili. Serve grande competenza per pescarli, perchรฉ la sfida รจ di trovarli nel periodo giusto, poco prima che avvenga il processo. Non solo: bisogna saper anche riconoscere i โboniโ ovvero quelli che si avviano verso la muta, ed escludere i โmattiโ, quelli che non sono in periodo (ad esempio perchรฉ il processo รจ giร avvenuto), e che rischiano di rallentare il tutto. Perchรฉ nei granchi messi a contatto tra loro la muta diventa quasi collettiva, e ne basta uno sbagliato per mettere a rischio la riuscita dellโintero raccolto.
Questa pesca lagunare riguarda solo i maschi, ma un aneddoto sulle femmine ci fa capire quanto questโanimale sia fortemente e simbolicamente legato alla cittร : nel periodo del cambio della corazza delle femmine, i maschi (che la compie con qualche mese dโanticipo) si mettono sopra per garantire protezione dagli attacchi esterni, cingendole. Per questo il leone di San Marco che avvolge il vangelo nellโaraldica cittadina รจ comunemente chiamato โLeone in Moecaโ, perchรฉ ricorda quellโabbraccio tra crostacei che un tempo tutti ben conoscevano.
Manuel Bognolo. Moecante
La tradizione delle moeche oggi รจ tenuta in vita da pochissime persone. Tanto che ai meno attenti potrebbe sembrare scomparsa nella laguna. Non รจ cosรฌ: Manuel Bognolo e i suoi fratelli, a ogni cambio di stagione sono lรฌ, con le mani tagliate dalle reti a cercare i granchi prima che sia troppo tardi, per portare sulle tavole un piatto inimitabile della tradizione veneziana e unico nel panorama italiano e mondiale.
Manuel da piccolo si nascondeva sulle navi per andare in mare con il padre. Forse non lo sapeva nemmeno perchรฉ lo faceva, in quel misto dโaffetto per i genitori e attrazione per le acque aperte che solo i figli dei marinai possono arrivare a confondere tra loro. Dโaltronde quando cresci in una cittร come Venezia, lโacqua salmastra รจ di diritto un membro attivo della tua famiglia, vista la quotidianitร con cui devi frequentarla. Il padre di Manuel era un moecante, un pecatore di moeche, come suo nonno, e il padre di suo nonno prima di lui. Al tempo dei suoi avi questo lavoro era itinerante: prima che i motori lo velocizzassero e permettessero di rientrare in giornata, infatti, bisognava partire da Chioggia allโinizio della stagione e con il vento nelle vele spingersi lungo la costa fino in cima alla laguna, seguendo le mute dei granchi fino a Burano. Piano piano il lavoro divenne piรน stanziale, e cโรจ chi decise di non rientrare a Chioggia, fermandosi a Venezia dove si era soliti restare a dormire, durante la pesca con la barca, nei canali dietro la Giudecca, dando cosรฌ il via alla tradizione dei moecanti della cittร .
โSiamo pescatori di lagunaโ racconta con orgoglio Manuel โper me seguire mio padre era naturale, mi nascondevo sotto prua perchรฉ non voleva che andassimo a largo con lui. Questo lavoro รจ bellissimo, ma sa essere anche pericoloso. Ai suoi tempi la professione di moecante era ancora piรน dura, le barche erano a vela e la tendenza era a dormire fuoriโ. La maggior parte del lavoro non รจ mutato con il passare del tempo, ma ora ci si concede qualche comoditร in piรน โPer pranzo io e i miei fratelli rientriamo a quella che chiamiamo la ‘casa dei pescatori’, dove cuciamo anche le reti. Un appuntamento fisso in cui fermiamo le nostre navi e ci sediamo intorno al tavolo mentre nostra sorella prepara il pranzo per tuttiโ.
Ma a parte qualche agio, il lavoro del moecante รจ ancora come al tempo dei padri. Se il freddo non รจ troppo intenso giร a gennaio, quando i granchi mettono la testa fuori dal fango, si cominciano a calare le reti. I crostacei vivi tirati a bordo vengono messi in vecchi sacchi di iuta e portati a casa per cernita. Questo passaggio รจ fondamentale, perchรฉ basta un errore per rendere vano tutto lo sforzo per colpa di un โmattoโ. โDal colore capiamo chi tra i granchi farร la muta da lรฌ a venti giorni, quelli che noi chiamiamo spiร ntaniโ. I selezionati vengono immersi in grandi cassoni di legno semisommersi, detti โviรจriโ: sorta di vivai dove i granchi potranno completare il loro ciclo di trasformazione. Le moeche, finalmente nude, vanno tirate fuori dallโacqua prima che inizino a crearsi una nuova corazza. Esistono solo due momenti buoni al giorno per farlo: a dosana (marea calante) e a sevente (quella crescente), i momenti in cui si ritraggono le acque, grossomodo alle 6 della mattina e della sera. A quellโora il granchio esce per bere e assumere il calcare necessario per creare la nuova corazza, โed รจ proprio allora che vanno raccoltiโ.
Nelle parole di Manuel cโรจ la consapevolezza che questa tradizione รจ destinata un giorno a scomparire, ma anche la ferma determinazione che questo non avverrร per mano sua e dei suoi fratelli. Anzi: la speranza รจ che le prossime generazioni di Bognolo siano capaci di tenere alta la bandiera sugli alberi delle loro navi. Se fino agli anni ’70, infatti, cโerano almeno una trentina di famiglie di moecanti a Venezia, oggi di quella tribรน del mare pare essersi persa traccia. Solo la stirpe di Manuel continua a cavalcare le onde della laguna, sorda al canto delle sirene del turismo che promette soldi e vita facile a chi รจ disposto a diventare suo adepto.
Il paradosso รจ che la richiesta di moeche non รจ mai stata cosรฌ alta e i prezzi sono arrivati alle stelle. โSe la media si aggira tranquillamente sui 50 euro al kg, in certi momenti puรฒ arrivare a 120 euroโ racconta il moecante โi ristoranti se li litigano, e al mercato ittico dobbiamo tenere le cassette non in vista e dividerle per non scontentare i clienti, e darne un po’ a tuttiโ
Le moeche si mangiano intere e fritte, con le zampe e la testa dato che il granchio รจ privo di corazza. Inoltre essendo spugnoso รจ solitamente immerso in uovo perchรฉ se ne imbeva fino allโinterno, rendendolo – una volta fritto – un boccone dal sapore inimitabile, in cui i singoli ingredienti non sono piรน distinguibili tanto il matrimonio รจ riuscito.
Anche se le moeche si trovano in molti ristoranti veneziani, esiste unโesperienza unica che vale la pena di fare per scoprire di piรน su questo piatto tipico: Manuel ha riadattato un bragozzo (la barca tipica dei moecanti) in modo che ci si possa mangiare a bordo. Un piccolo ristorante galleggiante dove lui e la sorella preparano fritti incredibili nel bel mezzo della laguna veneziana: moeche, ma anche pesci e gamberetti freschissimi, e le incredibili cozze pescate verso le dighe sui bricoloni (i tipici pali di legno che segnano la profonditร delle acque) da suo fratello Ivan, un uomo gigantesco che scende sottโacqua senza bombole e si ricorda di tornare in superficie solo a lavoro finito. Sul dietro della sua barca, chiamata โRosa dei Ventiโ รจ anche possibile grigliare, provando pesci straordinari come il cefalo dorato che qui si mangia senza togliere il budello per via della sua dieta sana e schizzinosa. Ma il piatto forte sono le moeche, fatte come da tradizione, ma anche passate nel latte su ricetta di famiglia.
Lโultima famiglia di moecanti che non si รจ piegata al turismo, alla fine รจ riuscita a far piegare il turismo alla propria volontร , portando italiani e stranieri a vedere qualcosa che forse finora pochi conoscevano, spiegandogli la storia del legame di questa terra con le sue acque in un modo piรน sincero di quello che si potrebbe apprendere da cento gondole turistiche.
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a cura di Federico Silvio Bellanca
foto di Michele Tamasco
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