Premessa: non è un gelato al fiordilatte. «È qualcosa di diverso, è senza addensanti e si fa solo con latte, zucchero e melata», spiega l’ideatore Giovanni Enrietto. Stiamo parlando del latte a gelato, un dolce (manco tanto) “gelato” servito al tavolo, che potrebbe sembrare un nuovo prodotto in commercio, eppure ha una storia lunga trent’anni. Tutto nasce quando una sera «al nostro ristorante di famiglia a Prascorsano (in provincia di Torino) ha nevicato tantissimo e tutti i prenotati hanno disdetto», racconta Giovanni che in quel periodo aveva comprato dei «testi francesi di cucina, soprattutto di “discepoli” di Anthony Bourdain e di lì mi sono lasciato ispirare».
Le prove sono state tante e altrettanti gli insuccessi: «Dapprima uscivano dei cremini, abbiamo dovuto fare molti esperimenti prima di ottenere il risultato perfetto»: test che hanno riguardato sia le modalità di lavorazione della miscela, sia l’utilizzo della macchina “fabbricatrice” di gelato. Giovanni Enrietto, infatti, nasce come ingegnere votato poi alla ristorazione, ed è lui che ha studiato la macchina giusta per mantecare e ottenere il prodotto migliore che oggi viene servito ad Alba e Rivarolo Canavese (in provincia di Torinoù) in questi «ristoranti del gelato», come li chiama Enrietto stesso.
Latte a gelato, com’è fatto
Ma come si fa questo latte a gelato? Si crea inizialmente una miscela «con latte posto in una pentola sul fuoco e lo facciamo scaldare, non bollire, fino a che non diventa tiepido, a quel punto aggiungiamo poco zucchero e, una volta sciolto, aggiungiamo una base di melata facendo sempre attenzione a non portare a bollore», spiega Enrietto. A quel punto la miscela viene messa in un abbattitore e poi riposta in frigo a una temperatura di 2 gradi circa per essere poi mantecata davanti ai clienti nella postazione predisposta in sala. La mantecatura è scenica: si può vedere la trasformazione immediata del latte in latte a gelato. Quando la macchina ha finito il suo lavoro mantecando e raffreddando il dolce gelato, questo viene servito espresso al tavolo.
La particolarità, come spiega Enrietto, «sta nel fatto che non è come un gelato, non incorpora acqua o ghiaccio in fase di mantecatura e la consistenza è vellutata, soffice, il sapore poco dolce e sa proprio di latte». Infatti, latte lo è, tant’è che, quando si scioglie ritorna a essere liquido e quindi, latte.
All’epoca dell’ideazione del prodotto, avere un ristorante vicino a una latteria di paese è stata la svolta per poter creare un prodotto di qualità e portare avanti la tradizione nonostante gli spostamenti di sede, infatti «il latte utilizzato è fresco, pastorizzato, intero di altissima qualità. Ci serviamo da latterie che ce la garantiscono. Il latte è il meno lavorato possibile proprio per avere anche una certa quantità di grasso», racconta Enrietto che poi specifica: «siamo anche in grado di proporre un latte a gelato senza lattosio e misto soia». Parlare di un non-gelato, significa non solo non avere «addensanti o stabilizzatori all’interno del prodotto, ma è anche il concetto di macchina per lavorarlo che cambia completamente, infatti nella nostra famiglia è stata creata una struttura satellite che ci permette di produrre internamente i macchinari per lavorarlo», dice Giovanni Enrietto.
L’esperienza del latte a gelato
Degustare il latte a gelato è una vera e propria esperienza culinaria. «La nostra idea è nata per abbattere il concetto di gelateria classica e servire il gelato in un modo diverso, con i clienti seduti al tavolo come in un ristorante», spiega Enrietto. Il latte a gelato, dagli ideatori, viene considerato quasi un pasto sostitutivo, qualcosa con cui cenare, ed è così che ognuno può scegliere le “intrusioni” che desidera per condirlo nella maniera che preferisce: cioccolato, zabaione, marmellate, frutta fresca, torrone, biscotti secchi che vengono preparati artigianalmente dagli Enrietto.