La pianta erbacea che discende dal comune fiore blu della cicoria è un pilastro della cucina nord-orientale italiana. Sebbene sia coltivata anche sotto forma di indivia belga e quella catalogna, meglio nota nel Lazio come puntarelle, fra le cicorie, il radicchio a foglia rossa o variegata è di gran lunga l'incarnazione più interessante, e che sta facendo girare molte teste oltreoceano.
La bellezza e il gusto amaro del radicchio
Fino a poco tempo fa, il mercato statunitense era limitato a rare importazioni italiane e al radicchio di Chioggia prodotto en masse localmente, un contributo spesso mediocre nelle insalate in busta del supermercato. Ma ora, grazie a un più ampio movimento per la valorizzazione di ortaggi specialty e heirloom, i coltivatori statunitensi accedono più facilmente a semi bio certificati di alta qualità. Le numerose iterazioni del radicchio sono quindi diventate ricercatezze nei farmer’s market e nei menu dei ristoranti. Quella che sta prendendo forza è una nouvelle vague di radicchio coltivato in America che ha superato le aspettative e che sta modificando gusti e tendenze.
Il successo parte da New York
Insomma, la popolarità dell'ortaggio ha contagiato anche gli USA. Ma da cosa nasce questo grande successo? Sarà il suo affascinante aspetto, celebrato da un recente articolo del New York Times, che ne giustificherebbe la massiccia presenza nelle cucine contemporanee della Grande Mela, oppure si deve al lavoro di un sempre più ampio numero di coltivatori americani intenti a coltivare l'amaro e poco conosciuto radicchio? Creando spontaneamente l’offerta, sono forse loro ad aver influenzato la domanda?
Il Veneto del Nord America
Jason Salvo è il proprietario con la moglie Siri della Local Roots Farm, un'azienda agricola di circa 6 ettari che produce prodotti ortofrutticoli appena fuori Seattle. È anche il fondatore di una manifestazione che ha voluto chiamare Chicory Week.
"Con mia moglie siamo rimasti affascinati dal radicchio dopo aver viaggiato e vissuto in Italia, quando avevamo poco più di vent'anni. Abbiamo iniziato a coltivare diverse varietà", scrive su Medium, "imparando a conoscere le sue abitudini di crescita, le tecniche di coltivazione adatte alla nostra regione (che chiamiamo affettuosamente 'il Veneto del Nord America') e a sviluppare un mercato per questo singolare prodotto. In breve tempo è diventato il nostro prodotto di punta. Abbiamo provato nuove varietà, scavato più a fondo nei cataloghi di semi e imparato di più sulla sua storia e sulla sua tradizione."
"Quello che ci ha ispirato del radicchio, oltre al fatto che è delizioso, è il fatto che sia così saldamente associato a una particolare zona dell’Italia", prosegue Salvo. "In America abbiamo perso molte delle tradizioni alimentari regionali per le quali l'Italia è famosa. C'è qualcosa di profondo in una verdura, in una ricetta o in una tradizione che si tramanda da generazioni, soprattutto se legata a un luogo. Per molti versi, il nostro amore per il radicchio deriva dal crescente distacco dalle nostre tradizioni culturali. Rappresenta un ritorno a uno stile di vita precedente ai supermercati, prima che la convenienza diventasse un esempio, prima che l'omogeneizzazione iniziasse a erodere le differenze regionali e culturali che rendono la vita interessante. Ma il radicchio è solo un primo esempio del mondo che vogliamo creare: desideriamo ispirare altri a unirsi a noi per ricostruire un sistema alimentare più lento, collaborativo, regionale e culturalmente rilevante".
La Radicchio Revolution
Nel 2014, ispirati dagli altri agricoltori che vedevano sui social che organizzavano eventi per valorizzare le loro coltivazioni preferite, i titolari della Local Roots Farm hanno deciso di organizzare un piccolo festival del radicchio. Hanno invitato i ristoranti che rifornivano a visitare i campi e poi hanno offerto una degustazione in stile "raw bar" di tutte le varietà di radicchio coltivato in azienda. Per alcuni anni hanno continuato ad ospitare il modesto evento in maniera quasi casalinga. Poi le cose sono cambiate quando hanno conosciuto l'imprenditrice Lane Selman. La fondatrice del Culinary Breeding Network a Portland, Oregon organizzava eventi per promuovere il concetto di selezione delle piante e mettere in contatto coltivatori, chef e buongustai.
Obiettivo dei suoi eventi era valorizzare gli ortaggi per il loro sapore, invece di essere selezionati a scopo commerciale (vedi conservabilità, uniformità e trasportabilità). Si stava mettendo in scena una rivoluzione, al fine di riprendere il controllo di (almeno) una piccola parte del sistema alimentare. Su invito di Selman, da umile manifestazione all'interno della piccola realtà, nasce nel 2018 la Sagra del Radicchio, fiera di una settimana con eventi diffusi in più Stati tra Washington e Oregon, partecipata da un sempre più folto gruppo di agricoltori, ricercatori, cuochi e appassionati di radicchio.
Il radicchio nelle cucine americane
Eventi come questo indubbiamente influenzano le tendenze in cucina. Prova ne sia l'ubiquità del radicchio sui menù di molti ristoranti americani. La "winter salad" del Jupiter, indirizzo aperto l'anno scorso al Rockefeller Center dalle chef Jess Shadbolt e Clare de Boer con la sommelier Annie Shi, mette in scena il radicchio coltivato negli States. Il piatto è composto da ciuffi amari e agrodolci di Tardivo di Treviso, tenero Variegato di Castelfranco e di croccante Rosa del Veneto con pere cotte, il tutto coperto da scaglie di pecorino Ubriaco. Come antipasto fuori menu nell'altro ristorante di Shadbolt e de Boer, King, a SoHo, c'è il Treviso spolverato di bottarga, i cui viticci sono presentati a mo' di petali di un gigantesco giglio cosparso di polline.
Anche altri chef e artisti della ristorazione hanno giocato sull'aspetto floreale del radicchio, con composizioni trompe l'oeil. Al ristorante Blue Hill at Stone Barns di Tarrytown, N.Y., la varietà Grumolo Rosso - radicchio piccolo e leggermente tannico - è presentato in cima a un lungo stelo di rosa in un vaso di vetro e bagnato da gocce d'olio d'oliva. Il finto fiore si mangia in un sol boccone. Il fornitore internazionale di prodotti Natoora promuove il radicchio come alternativa sostenibile alle rose di San Valentino con un centrotavola al Sessions Arts Club di Londra: una cascata di cespi di radicchio color rosa antico.
Nella stagione 2 della serie "The Bear" trasmessa sulla piattaforma Hulu, ambientata in una cucina a Chicago che ambisce alla stella Michelin, il radicchio e le puntarelle fanno più di un'apparizione.
A corredo di un focus sulla bellezza dell'ortaggio autunnale pubblicato sul New York Times, l'artista floreale Joshua Werber ha creato una composizione che presenta sei varietà di radicchio, tra cui la varietà autoctone Made in Usa "Rosa del Veneto" e "Variegato di Lusia," insieme ai fiori a cui assomiglia, tra cui tulipani e ranuncoli.
Sulla scia di questo successo, per fare fronte alla crescente richiesta, stanno nascendo sempre più progetti agricoli, come quello di Jessi Okamoto, comproprietaria di Campo Rosso, azienda agricola di ortaggi specialty in Pennsylvania. Dal suo primo raccolto, Campo Rosso "non è mai riuscita a tenere il passo con la domanda", dichiara al NYT Okamoto, che ha avviato l'azienda nel 2014. "Era il posto giusto, il momento giusto, e il prodotto giusto".
Brian Campbell, agricoltore e co-fondatore di Uprising Seeds – azienda con sede a Washington, nonché partner della Sagra del Radicchio – vende negli Stati Uniti i semi di oltre 20 varietà di radicchio regionale italiano. Solitamente seminata a luglio, la pianta raggiunge la maturità sei mesi dopo, con l'esplosione dei suoi incredibili colori. "È un ricordo della bellezza dell'estate", dice Campbell al quotidiano newyorchese, "nel momento più buio e introspettivo dell'anno".
"Perché siamo spinti a lavorare così duramente per promuovere una coltivazione relativamente sconosciuta", si interroga Jason Salvo di Local Roots Farm, "una pianta che alcuni trovano sgradevolmente amara, con un mercato in crescita ma senza grandi vantaggi economici? Siamo convinti rappresenti un ritorno ai sistemi alimentari locali e regionali, una valorizzazione del cibo e della cultura come antidoto al materialismo, e un modo per gli esseri umani di connettersi a livello estremamente viscerale".
Un ottimo motivo.