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Ci sono voluti quasi quattro anni di attesa (e affitto), mille ripensamenti, lavori da fare e rifare, di mezzo una pandemia e un mondo da reinventare - “ma non voglio dare responsabilità a quella” - un punto vendita in piena espansione che assorbiva tempo ed energie, ma alla fine Marco Radicioni, uno dei più importanti e premiati gelatieri d'Italia, ce l'ha fatta ed è pronto a partire con il nuovo Otaleg a Roma, inserendosi nel flusso delle nuove aperture di Monteverde, come Grani, Farine e Caffè o Pizzicarola. E ora non rimane che decidere la data di apertura, “tra il 6 e il 15 giugno”, le date di inaugurazione del primo Otaleg, quello di Colli Portuensi dove tutto è nato, e del più recente di Trastevere.
150 mq su due piani - con esposizione, bancone con 4 posti e 3 tavolini al piano strada, e laboratori a vista e una sala ideale per le degustazioni al piano inferiore - con quella carta da parati dal gusto tropicale, il nuovo locale non sembra quasi una gelateria, quasi a imprimere un nuovo corso di pari passo con l'offerta più ampia che impone l'apertura sin dal mattino. In questi giorni, per la prima volta ha acceso tutto, anche se i laboratori sono in funzione da più di un mese. Al plurale perché accanto a quello per i gelati, c'è un altro laboratorio per i dolci “preferisco chiamarlo così che pasticceria”.
I dolci di Otaleg
A occuparsene Francesca Cogliandro che ha cominciato come banchista “dai primi anni, quando prendevamo un sacco di schiaffi”, è stata lei la spalla romana durante l'avventura francese, mettendo mano in prima persona alla produzione di gelato, e poi si è appassionata di dolci. “E sono dolci al 100% Otaleg”, e non solo perché sono fatti in casa, ma perché “lei traduce in dolce quel che per me è gelato”. Sono torte da credenza, cornetti italiani, alcuni senza zucchero o con zuccheri alternativi, e con frutta solo di stagione, quale che sia, la stessa usata per i gelati. “Cose molto concrete, di chiara ispirazione italiana che vanno bene da sole, con il gelato, con il caffè o con gelato e caffè”. Uno dei grandi protagonisti di questo Otaleg.
“Non fa parte della mia cultura un tipo di dolci diversi, e così per Francesca:e c'è una simbiosi di pensiero sulla proposta, lei fa e farà quello che le piace”. Totale liberà e imprevedibilità: “va a ruota libera, e mi piace che sia così, prova ricette, ingredienti, farine. Il punto fermo è il monococco di Marino, ma ne girano altre: pure lei si è lasciata prendere dal vortice di cambiare sempre. Per ora va così” dice “e mi cpiace molto. Soprattutto è bello vedere come lo stesso dolce porti sapori e profumi diversi con farine diverse, ti dà un senso di concreto: ogni elemento porta qualcosa”. Merito anche di un mega forno, a breve usato anche per focacce, pizze da farcire e non, lieviti salati, ma anche per la frutta secca, “la prendo cruda, la tosto, la faccio riposare un giorno e quello successivo la trasformo in pasta: è un grande vantaggio perché decido tutto io, e poi riesco a micronizzarla molto meglio, pur non eliminando del tutto quella ruvidità che mi piace. Però così il sapore esce più prepotente nel gelato”.
Il gelato di Otaleg
Non è la sola novità sul gelato: la prima e più grande, riguarda l'organizzazione: “ho sempre detto che non poteva esistere una gelateria senza laboratorio, un po' come un ristorante senza cucina, ma” dice “ci ho sbattuto la faccia: avere due laboratori non ha funzionato”. Per chi, come lui, vuole controllare ogni fase di lavorazione fino al momento in cui il gelato finisce nei banchi (compito cui è particolarmente attento) avere due lab era impensabile: ora la produzione è solo Monteverde, dove ha riunito tutte le macchine, a partire dall'amato mantecatore verticale, ottimizzando tempo e lavoro, anche se ad alcune cose non rinuncia mica “avevo preso un pastorizzatore da 30 litri, ma non l'ho mai usato, continuo con i bollitori e pastorizzo 6 litri alla volta, per ogni gelato”. Moltiplicato per 120/130 chili di gelato al giorno (destinati a raddoppiare nelle prossime settimane). Ad aiutarlo una giovane leva - “una delle cose belle successe lo scorso anno” - che ha portato in dote un tesoro agricolo fatto di erbe aromatiche, fieno, formaggi del reatino per spingere ancora di più in direzione di un gelato agricolo, tra gusti vecchi e nuovi, proposte spot e altre fisse, ma mutevoli al variare dei prodotti nel corso del tempo, come nel caso del fior di latte, che racconta di pascoli, fieno, erbe diverse di stagione in stagione. Per questo, forse, dice: “quando faccio il fior di latte sono felice”.
Il caffè di Otaleg
Tra le grandi passioni c'è anche il caffè, come ingrediente di dolci e gelati (cui dedica diversi gusti) ma anche come bevanda, nelle sue varianti, che attraversa in modo orizzontale tutta la proposta di Otaleg. 4 macini e una Maverick di Victoria Arduino, “che per me era un sogno, quando sono riuscito ad averla mi sono detto: 'e ora chi lo fa il caffè?' ma poi è arrivato Gianni, e ho tirato un sospiro di sollievo. Ha carta bianca ”. Gianni Olimpo, venuto da Milano appositamente per curare la caffetteria di Otaleg: espresso, V60 e non solo, con altre estrazioni destinate a crescere in futuro, inserendo anche miscele e torrefazioni diverse, si parte con His Majesty the Coffee di Monza di Paolo Scimone. “me l'ha fatto conoscere Federico Pezzetta di Coffee and Lucas che mi ha dato tanti input per il caffè”. E se ancora molte cose sono da mettere a punto, per esempio il resto dell'offerta salata, ma una cosa è certa: “Sono felicissimo e innamorato di questo posto, delle persone e di quello che sarà”.
Otaleg – Roma - via dei Quattro Venti, 70 - www.otaleg.com
Foto: CoffeeAndLucas / myMediaStudio