Morbida, alta e spugnosa. Così doveva essere la frittata per Gabriele D’Annunzio per essere perfetta, o meglio “sublime”. Esteta della vita e della parola, un palato ricercato eppur essenziale, D’Annunzio al primo posto, gastronomicamente parlando, metteva la genuinità delle materie prime, e delle uova in modo particolare, di cui era ghiotto in assoluto. Tanto da aver fatto allestire un pollaio al Vittoriale per averle freschissime ogni giorno. Uova di giornata e la mano esperta della sua cuoca personale, la fedelissima Albina Lucarelli Becevello, originaria del trevigiano, la sua “Santa Cuciniera” per quasi vent’anni, alla quale volentieri lo scrittore avrebbe elargito fino a duemila lire di mancia per una frittata ben riuscita.
Racconti, sapori e sincera devozione per il grande poeta nato il 12 marzo 1863 a Pescara, alla festa gastronomica dedicatagli dal Festival dannunziano in corso nel capoluogo adriatico (dal 2 al 10 settembre). Assaggi d’autore, lo scenario mozzafiato del molo nord del porto di Pescara, un tramonto spazzato dalla tramontana. Abbastanza per farsi ricordare. Due i piatti “dannunziani” in versione finger – Terrina di pollo panato al panbrioche e la mitica frittata- affidati a due esperti e amatissimi chef del territorio: lo stellato Marcello Spadone chef con il figlio Mattia e patròn de La Bandiera a Civitella Casanova (2 Forchette per la nostra guida Ristoranti d’Italia 2023) e Maurizio Della Valle dell’Osteria La Corte a Spoltore, in guida con 2 Gamberi.
“Pensando al tramezzino (così ribattezzato dallo stesso D’Annunzio in alternativa alla parola sandwich, ndr) abbiamo interpretato il pollo in terrina”, racconta Spadone. “Lo abbiamo panato con panbrioche e accompagnato con misticanza del nostro orto condita con aceto di visciole e salsa allo yogurt in sostituzione del Sangue Morlacco – un liquore ottenuto dall’infusione di ciliegie marasche, tipo Ratafia, dal caratteristico colore rosso cupo che il poeta ribattezzò “Sangue Morlacco” in occasione dell’impresa di Fiume – di dannunziana memoria. Anche le visciole utilizzate per il condimento sono di nostra produzione, mentre il pollo è dell’azienda agricola Del Proposto di Loreto Aprutino, confinanti con La Bandiera”.
Per la frittata, pezzo forte della serata, solo uova di galline livornesi alimentate con semi di canapa e allevate a Massa d’Albe (L’Aquila), ai piedi del Monte Velino, nell’azienda bio di Silvia Bambagini Oliva e famiglia. “Utilizziamo quelle uova da alcuni anni e sono il nostro asso nella manica, ideali in ogni nostra preparazione”, ha dichiarato senza esitare Marcello Spadone, “è un uovo sano e naturale e quando lavori il tuorlo capisci la differenza, costa tre volte di più ma per noi è ormai insostituibile”. E Frittata sia. Alle padelle col manico di ferro un infaticabile e sorridente Maurizio Della Valle: “Dieci uova per ogni frittata, usando la padella medio piccola perché la frittata deve riuscire alta, morbida e spugnosa come la voleva D’Annunzio. Dentro cipolla bianca piatta di Fara Filiorum Petri. L’abbiamo fatta prima stufare nel brodo vegetale e olio per ammorbidirla e spegnerne l’afrore. A contorno peperoni freschi di Altino spadellati in agrodolce. Una rivisitazione di “ove e pipindune”, l’uovo coi peperoni fritti amati da ogni abruzzese verace”.
“D’Annunzio”, racconta Spadone, già protagonista ai fornelli di cene dannunziane a più mani, “era un grande conoscitore della cucina europea e in particolar modo di quella francese, amava il cibo semplice e di qualità, il pollo con la maionese, il pesce fritto e in brodetto, la sogliola e il merluzzo. E amava tanto pure le bollicine. Alla prossima edizione del Festival dannunziano riproporremo i cannelloni che tanto gli piacevano, quelli classici fatti con la carne, in bianco”. Che il poeta reclamava “pronti in ogni ora del giorno e della notte”.
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