“Una delle nostre ricette preferite di questo libro, un semplice couscous con pomodoro e cipolla, è basato su un piatto della mamma di Sami. Na’ma era abituata a cucinarlo quando Sami era un bambino che viveva a Gerusalemme Est, la parte musulmana della città. Intorno allo stesso periodo, nella parte Ovest a maggioranza ebraica, Michael, il papà di Yotam, era solito preparare un piatto veramente simile”. Sono le prime parole che si possono leggere in Jerusalem, il ricettario best seller firmato da Yotam Ottolenghi e Sami Tamimi, che nel 2012 ha rappresentato un caso editoriale, e che ha contribuito più di tutti a far conoscere e affermare la tradizione della cucina medio orientale anche in occidente.
La guerra tra Israele e Hamas
Non è sicuramente questo il posto giusto per presentare Yotam Ottolenghi: chef che secondo gli ultimi numeri disponibili datati 2021 ha venduto oltre 7 milioni di copie con i suoi libri di ricette, editorialista del New York Times e del Guardian’s Feast Magazine. Ma in queste ore in cui il buio sembra prendere il sopravvento in quella martoriata striscia di territorio contesa da più di un secolo, ci sembrava importante sottolineare quanto delle piccole fiammelle di luce possano apparire dove uno meno se lo aspetta, e rappresentare una speranza per un futuro diverso.
Il ricettario Jerusalem
Jerusalem è infatti il frutto di una proficua e formidabile collaborazione tra Ottolenghi, cittadino londinese ma nato e cresciuto nella parte Ovest di Gerusalemme, e il collega Tamimi, originario della parte Est. Il loro riuscito tentativo è quello di abbandonare le rispettive rivendicazioni per trovarsi su un territorio comune, quello della cucina, che diventa paradigma di come un punto di incontro sia possibile.
“L’hummus, per esempio è un argomento altamente divisivo”, affermano i due chef, sottolineando la divisività della ricetta nelle culture culinarie di Israele e Palestina. “È innegabilmente un alimento fondamentale della popolazione palestinese locale - proseguono - ma era anche una costante sulla tavola da pranzo degli ebrei di Aleppo che hanno vissuto in Siria per millenni e sono poi arrivati a Gerusalemme negli anni 1950-1960. Chi merita maggiormente di appropriarsi dell’hummus? Nessuno. Nessuno “possiede” un piatto, perché è molto probabile che qualcun altro lo abbia preparato prima e qualcun altro prima ancora”.
Un'odissea privata
Il libro, e il viaggio nel cibo di Gerusalemme che raccontano attraverso le ricette, sono parte di un'odissea privata. “Siamo entrambi cresciuti in città. Sami nella parte Est musulmana e Yotam nella parte Ovest ebrea, ma non ci siamo mai conosciuti. Abbiamo vissuto lì da ragazzi negli anni Settanta e Ottanta, per poi lasciarla negli anni Novanta”, scrivono i due chef, entrambi trasferitisi prima a Tel Aviv e in seguito a Londra (Tamimi oggi vive in Umbria), dove si sono conosciuti. Se ne sono andati più di trent’anni fa. “È un lasso di tempo importante, più lungo degli anni che abbiamo trascorso lì”, raccontano. “Ma entrambi pensiamo ancora a Gerusalemme come alla nostra casa. Non intesa tanto come il luogo dove trascorrere la vita di tutti i giorni, o quello in cui tornare frequentemente. È la nostra casa perché è quella che definisce entrambi per ciò che siamo, che ci piaccia o meno".
Uniti nella cucina
L’israeliano Ottolenghi e il palestinese Tamimi oggi gestiscono insieme sei ristoranti di successo nella capitale britannica (Ottolenghi ha aperto anche Novi e Rovi), un’amicizia profonda che è anche inscindibile connubio professionale, nonostante l’appartenenza a due storie e due culture che la cronaca di questi giorni sulla guerra tra Israele e Hamas rappresenta spesso come inconciliabili. “Ma noi non abbiamo raccontato la cucina ebraica o quella araba – ha detto Tamimi qualche tempo fa in un colloquio con il Corriere della Sera - ma la simbiosi di tradizioni gastronomiche che unificano i nostri popoli. Ingredienti e gesti che sopravvivono nei mercati e nelle ricette di una metropoli altrimenti frammentata come è Gerusalemme”. Una piccola fiammella di luce nel buio, scaturita da un fornello.