Andiamo alla scoperta dei relatori che parteciperanno al convegno del Gambero Rosso “Vino 4.0. Distribuzione, comunicazione, promozione, strategie e protagonisti a confronto”. La parola tocca alle enoteche, protagoniste anche della nuova guida Enoteche d'Italia.
L'Enoteca Giò a Perugia
L'Enoteca Giò è una vera e propria istituzione perugina: nasce nel 1969, ai piedi del centro; sin dall'inizio dell'avventura imprenditoriale di Antonio Guarducci, fondatore dell'enoteca e uomo capace di interpretare il momento storico, il settore legato ai vini è sempre stato oggetto di cure e ricerca. Oggi tra gli scaffali trovate Massimo Caponi insieme a Sara Boriosi, una delle animatrici più divertenti e competenti del vino in città, oltre che penna deliziosa. Conosciamola.
“Mi chiamo Sara Boriosi, vado per i 45 e a 38 anni mentre lavoricchiavo in tutt'altro settore, mi sono detta se fosse il caso di buttarsi senza paracadute in un'attività che coinvolgesse la mia grande passione per il vino. Studi storico artistici e laurea conseguita a Siena, mi sono avvicinata al vino come tutti gli studenti universitari: esame passato, cena sociale con i colleghi di studio e fiumi di Santa Cristina o merlottoni Ca' Vescovo. Il salto di qualità l'ho fatto da innamorata, frequentando un uomo che mi aveva fatto perdere la testa per lui e per i vini che mi proponeva. Archiviata malamente la storia, ho deciso che sarei diventata più competente di lui. Il resto è storia quotidiana”.Non vediamo l'ora di sentirla al convegno del Gambero Rosso“Vino 4.0. Distribuzione, comunicazione, promozione, strategie e protagonisti a confronto”che si terrà a Roma il prossimo 17 febbraio. Nel frattempo l'abbiamo intervistata.
Come è cambiato il mondo delle enoteche negli ultimi anni? Come si sono evolute?
Le enoteche sono meno solenni e i clienti sono più giovani: le etichette più nuove, qualche botta di vita fuori dal solito mainstream (il naturale ha molto aiutato), le selezioni che escono dai confini regionali, nazionali ed europei. Gli enotecari sono meno ingessati e spesso più curiosi, forse anche grazie al moltiplicarsi di fiere, degustazioni etc; inoltre organizzano serate ed eventi come parte integrante della attività. Le enoteche di successo, insomma, usano le best practices del business online e lo rafforzano con il contatto diretto con il cliente.
Quanto è importante in questo la comunicazione social?
Le enoteche più brillanti curano il rapporto con la clientela anche tramite newsletter e pagine social, dosando bene la sensibilità nello spingere troppo con gli inviti e le proposte, evitando dunque di essere invadenti. Trovo che la comunicazione social sia fondamentale quando non scade nell'essere parodia compiaciuta, quando cioè il vino non viene descritto con una mitragliata di termini fantasiosi e inappropriati che vogliono dare l'impressione di dire molto, senza di fatto dire granché. I turbodescrittori, per intenderci.
Quanto ha influito il commercio on line sul business delle enoteche?
Non saprei rispondere in termini di percentuali; la vendita online è spietata nei confronti delle enoteche più "deboli", quelle cioè che non sono in grado di tenere il passo con la capacità di rinnovamento, l'offerta e i servizi al cliente. La percentuale di ricarico delle enoteche online, spesso più bassa rispetto le enoteche classiche, è una spina dolente. Credo dipenda dalla capacità di acquisto e la possibilità di stoccare in magazzini dai volumi sensibilmente più grandi. Ma l'enoteca classica può concedere servizi come il cambio bottiglia in caso di difetti, oppure garantire la conservazione ottimale delle bottiglie in vendita (dalle più economiche alle etichette feticcio); questi piccoli e banali punti di forza devono essere comunicati al meglio al cliente finale, con il quale si deve intraprendere un rapporto di fiducia. La retorica della bottega che sopravvive alla presenza della GDO, insomma.
Come avviene la scelta delle etichette da mettere in vendita in enoteca?
Il lavoro viene ripartito tra me e il mio collega, Massimo Caponi. Lui ha un'impronta tipicamente scolastica, molto classica; è l'anima moderata del locale. A lui gli acquisti delle cantine più note, le più importanti, i grandi classici della produzione italiana e francese. Io sono più curiosa, amo girare per fiere e cantine, appena mi è possibile taglio la corda. Inoltre mi tengo costantemente informata, cerco di stuzzicare le vibrisse per annusare che aria tira, che tendenze girano e quali vini meritano di essere premiati sullo scaffale rispetto alle etichette "di maniera", quelle cioè di vini che sfruttano un fenomeno di moda per emergere. Mi dispiace togliere la poesia, ma spesso il mondo del vino somiglia a quello delle griffe di moda. Bisogna intuire quali saranno le etichette più interessanti, che potenziale possono avere nel tempo. Abbiamo (quasi) sempre la situazione sotto controllo, nelle scelte siamo includenti, mai aprioristici: non esiste che sia esclusa una bottiglia perché convenzionale e troppo nota o perché ultranaturale, e prima di effettuare acquisti consistenti per varietà e quantità, ne discutiamo tra noi. Ora che ci penso, discutiamo molto e quasi sempre troviamo equilibrio.
Come vedi il futuro delle enoteche?
Voglio volgere uno sguardo ottimista al futuro delle enoteche. Il vino non è mai stato un bene primario per la sopravvivenza umana, eppure siamo qui a parlarne. Per sopravvivere credo sia necessario saper cambiare pelle senza mai tradire la propria natura; saper fare ricerca e coinvolgere il cliente finale, farlo sentire speciale perché ne si conoscono i gusti e le abitudini. Il lavoro va curato tanto quanto si deve aver cura per una persona che si ama.
Puoi dirci come vivi tu il lavoro?
Questo è il lavoro che mi sono scelta. Lo svolgo con coinvolgimento totale, anche se a volte in enoteca ho momenti di fiacca, ma che credo siano fisiologici. Il lavoro mi entusiasma e mi rigenera ogni volta che metto il naso in fiera o in qualche cantina. Del periodo pre-enoteca rimpiango la semplicità con la quale bevevo un calice, quando un vino era buono o non mi piaceva. Adesso, affrontare una bevuta con questo spirito mi è quasi impossibile!
Che tipo di clientela frequenta un'enoteca come il Giò?
Da cinque anni a questa parte ho dato un bel giro di vite alla clientela. Il cliente tipico è abbastanza preparato, una buona percentuale rientra nel genere novello corsista di questo o quel corso di degustazione, dunque pieno di entusiasmo. La fascia di età di avventori abituali va dai 32 ai 48 anni, molte clienti sono donne. Alcuni di loro sono nativi naturali, e mi piace provare a far suscitare in questi clienti un germe di curiosità per il vino "solenne", quello convenzionale. Si tratta comunque di clientela curiosa, desiderosa di provare.
I tuoi gusti personali influenzano le scelte di acquisto o i consigli? Cosa ti piace bere? E cosa invece è più facile da vendere?
Di solito riesco a vendere bene i vini che conosco meglio, del produttore di cui conosco il lavoro. Il mio gusto subisce variazioni a seconda delle stagioni e dell'umore, non ho vini di riferimento ma zone di produzione dove mi piace ritrovarmi quando non è giornata o quando sono felice. Statisticamente, i vini più venduti sono quelli della regione di appartenenza. Ma se posso, tento sempre di deviare l'acquisto su qualcosa di meno noto al cliente.
La tua attività di blogger è d'aiuto al tuo lavoro? In ogni caso, lo influenza o ne è influenzato?
La mia attività di blogger, in questo momento storico più discontinua del solito, è di grande aiuto per fare ricerca. Come accennato sopra, tento di documentarmi al meglio per capire come cambia il gusto dei consumatori. Essere a stretto contatto con tante voci del settore mi permette di approfondire la preparazione necessaria per portare avanti l'enoteca. Risponderò all'ultima domanda solo in presenza del mio avvocato.
a cura di Antonio Boco
Enoteca Giò - Perugia - via Ruggero D'Andreotto, 19 - 075 572 6953 - www.enotecagio.it
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Partecipa al > Grande Wine Tasting Anteprima Fiere del Vinoche si terrà dopo il Convegno e la presentazione/premiazione della prima Guida Enoteche d’Italia del Gambero Rosso