Il ristorante di Umberto Bombana a Shanghai non tradisce il livello a cui ci ha abituati lo chef italiano, sia in termini di posizione (siamo al sesto piano di un edificio storico con una fantastica vista sul Fiume Giallo, sulla Oriental Pearl Tower e su uno degli skyline più incredibili del mondo) sia per quel che riguarda le materie prime, tanto da essersi aggiudicato le Due Forchette nella nostra guida Top Italian Restaurant.
Lo stile è, infatti, senza ombra di dubbio italiano e anche la lista dei vini rispecchia le origini del creatore Gian Luca Fusetto. Le redini quotidiane della cucina, invece, le tiene lo chef siciliano Riccardo La Perna all’insegna di una proposta di livello davvero alto, appagante, spesso divertente e piena di storia e di storie oltre che di ingredienti e fornitori selezionatissimi (potete gustarvi le foto). A lui abbiamo chiesto come hanno vissuto in Cina l'emergenza Coronavirus che ora è all’ordine del giorno in Europa e in America.
L'intervista a Riccardo La Perna
Chef ci siamo visti a inizio novembre in grande serenità. Dopo quella straordinaria cena però le cose hanno iniziato a cambiare. Quando e come è iniziato il cambiamento?
A dire il vero già a fine novembre ci sono stati un paio di casi, all'epoca si è parlato di polmonite e durante uno dei miei viaggi di routine a Pechino ho notato girare le prime mascherine, credo anche per via della loro esperienza con la Sars.
Il vero cambiamento quando è avvenuto?
La paura di frequentare posti affollati e di mangiare certi ingredienti si è avvertita verso la metà di gennaio…
E poi tutto è andato peggiorando.
Sì, con l'avvicinarsi del Capodanno cinese!
Nel frattempo, fino al Capodanno cinese, il lavoro nel tuo ristorante era rimasto stabile? O avevate già visto qualche scricchiolio nel business?
Qualche avvisaglia l'abbiamo avvertita, ma speravamo nell'arrivo del Capodanno, quando tanti stranieri partono per le vacanze, così come tanti cinesi dalle altre regioni arrivano a Shanghai. Mai avremmo pensato di dover chiudere per qualcosa come 6 settimane...
Quando è definitivamente precipitata la situazione?
Fatalità quando il ristorante era chiuso: avevamo infatti stabilito di chiudere 6 giorni per recuperare le energie in seguito a una stagione ottima.
Cosa è successo?
Una lettera del governo ci ha annunciato la chiusura forzata fino al 13 di febbraio, per poi prorogarla fino al 20.
Come avete reagito?
In quei giorni ci sono state tantissime telefonate con il direttore Gianluca Fusetto (insieme a lui mi occupo anche del ristorante Opera Bombana a Pechino) per discutere sul da farsi. Non è stato semplice coordinarsi, considerate che io nel frattempo ero tornato in Sicilia e lui era partito per il Vietnam.
Alla fine cosa avete deciso di fare?
Considerando il periodo di quarantena che noi e i nostri collaboratori - che nel frattempo erano tornati nei rispettivi paesi di origine – dovevamo rispettare, abbiamo riaperto ancor più tardi: il 2 marzo.
Durante quel periodo hanno chiuso tutti i ristoranti di una città di 30 milioni di abitanti?
Sì. Proprio così. Forse è rimasto aperto qualche ristorante locale che fa ravioli e poco altro (ma considerate che sono paragonabili alle nostre panetterie). In quei giorni ho chiamato parecchi colleghi per capire cosa avrebbero fatto loro, più o meno eravamo tutti nella stessa condizione: una “vacanza” forzata accompagnata da tanta preoccupazione su quello che sarebbe successo dopo l'emergenza.
Quali sono state le altre misure, oltre naturalmente alla chiusura dei ristoranti?
Faccio solo un esempio: nel comprensorio dove vivo io, viene tuttora presa la temperatura corporea a chi entra e a chi esce. C'è poi l'obbligo di prendere i mezzi, dagli autobus ai taxi, muniti di mascherina e poi le zone pubbliche, come gli ascensori o i parchi, vengono disinfettati più volte al giorno, così come la spazzatura.
La spazzatura?!
Qui c'è la raccolta porta a porta, e prima di essere caricata viene tutta disinfettata.
Con la spesa come ci si organizzava?
Il servizio a domicilio è ormai rodato, dunque è super efficiente.
C'è poi la questione del tracciamento...
Ti dovevi installare una app sul telefono che tracciava i tuoi spostamenti e certificava il fatto se eri idoneo ad andare in giro oppure se dovevi stare in quarantena.
Oltre a tracciare gli spostamenti cosa altro fa?
Per esempio certifica quando si è finita la quarantena: la app diventa verde e finalmente puoi uscire. Se invece ti muovi con l’app rossa sono guai.
Come ha reagito dopo l'emergenza la ristorazione cinese?
Purtroppo ho notizie di qualche collega che ha perso il posto di lavoro. Se non ci sono entrate, si inizia a tagliare il personale.
Tutto questo nonostante a Shanghai ci fossero pochissimi casi della malattia, giusto?
In proporzione ai 25milioni di abitanti, direi di sì. Ma il governo fin da subito ha preso misure che potremmo definire estreme, ma col senno di poi necessarie. Oggi a distanza di 3 mesi dai primi focolai si raccolgono i frutti e si può ripartire.
Ripartire appunto. Il business come è ripartito?
Beh, per ora tasto dolente questo. Si riparte ma si riparte soft. Avevamo una media annua di 42 persone a sera (siamo aperti solo la sera)? Beh ora siamo a 12 o 14 persone. Ce la stiamo facendo senza licenziare nessuno, abbiamo ottimizzato un po’ e accorciato il menu.
Prevedi una crescita rapida ora o graduale?
Purtroppo ora il problema non è più la Cina, ma il resto del mondo che non può per il momento venire qui. Molti hotel sono alle strette per mancanza di gente da fuori e di conseguenza tanti ristoratori hanno le spalle al muro. Certo che però la luce in fondo al tunnel si vede finalmente anche grazie alla crescita interna: la Cina è ripartita anche se ripartire da soli non basta.
Vi state muovendo tra restrizioni e obblighi ancora?
Mascherine sia in sala che in cucina. Ad ogni persona che entra nell’edificio dove abbiamo il ristorante deve essere presa la temperatura. Qui hanno paura dei focolai di ritorno da parte delle persone che tornano dall’estero: ce n’è stato uno ma è stato domato in pochi giorni.
C'è una cosa che ti ha dato più fastidio di altre in tutta questa storiaccia?
Il fatto che tanti italiani screditavano i cinesi con i soliti luoghi comuni, mentre qui si combatteva contro la morte.
a cura di Massimiliano Tonelli