Mai dire mai. Vinitaly n. 54 non si farà, ma non per questo il 2020 non avrà il suo grande evento del vino. Lo ha annunciato il direttore di Veronafiere Giovanni Mantovani che, intervistato dal Gambero Rosso, ha anche provato a delineare il futuro del settore dopo questa emergenza.
Direttore, in queste settimane, in attesa di sapere il destino della 54esima edizione di Vinitaly, abbiamo visto un po' di divisioni, prese di posizioni, fughe in avanti. Adesso possiamo dire che si lavorerà ad una causa comune che è la ripresa del vino italiano?
Certamente. Dopo la nostra comunicazione con cui ci mettevamo a disposizione del settore, la filiera ha reagito positivamente, chiedendoci di procedere anche con il progetto autunnale.
Di cosa si tratta nel concreto?
Si tratta di una iniziativa straordinaria al servizio del vino italiano legata al business e alla comunicazione, in cui incroceremo il nostro sistema di relazioni internazionali e tutto il nostro know how sui mercati. Un evento autunnale fortemente orientato al business ma anche alla comunicazione, quindi, con focus di filiera a partire dalla conoscenza di come sarà cambiato il mondo fra sei mesi, quali saranno le nuove regole. Ma soprattutto un appuntamento in grado di dare un nuovo orizzonte di rilancio per il comparto.
I fondatori di Milano Wine Week e Merano WineFestival hanno ribadito che i grandi eventi d'autunno esistono già e hanno annunciato la creazione di una piattaforma per le aziende vitivinicole da realizzare tra ottobre e novembre, aggiungendo che il loro è un invito aperto a tutti… anche a Vinitalty, dunque.
Ribadisco che Veronafiere e Vinitaly pensano a una iniziativa innovativa a supporto del business, della comunicazione e di impatto internazionale. Stiamo dialogando intensamente con le associazioni di settore, le aziende, i produttori e con il sistema della promozione. Non abbiamo mai avuto, né abbiamo oggi, alcuna preclusione di sorta ad attivare partnership, a patto che siano funzionali a questo progetto e, quindi, alla rinascita del vino italiano. E lo faremo, come detto, investendo maggiori risorse in questi mesi e nei prossimi anche in ambito internazionale, con i nostri eventi e le iniziative della Vinitaly International Academy.
Se dovesse dare un consiglio oggi a tutto il mondo vitivinicolo per prepararsi a ripartire, cosa direbbe?
Per ripartire servono nervi saldi e professionalità a tutti i livelli. Il lavoro in vigna che stanno facendo i produttori in questo periodo è fondamentale, si mette in sicurezza il patrimonio principale per essere pronti ad affrontare il mercato. E proprio dal mercato si dovrà ripartire. Certo è difficile non prevedere un eccesso di giacenze sotto vendemmia, ma bisogna stare attenti alle speculazioni sul prezzo del vino.
C'è il rischio di svalutazione del prodotto?
Abbassare la guardia sul fronte del valore è il pericolo principale, lavorare sui mercati è invece l’opportunità maggiore. Questa crisi della filiera è congiunturale, non strutturale, e si risolve con il business, lo studio e l’attenzione ai mercati.
Rivolgiamoci anche al mondo politico: quali provvedimenti ritiene più utili in questo momento?
Ci aspettiamo una risposta forte dal Governo a partire dalle leve di promozione che sarà in grado di attivare, in maniera diretta e indiretta. A tal proposito tengo a sottolineare come lo stop forzato del sistema fieristico in questi mesi ha determinato in Europa non solo un danno, finora, di 6 miliardi di euro al settore ma anche mancati affari per 39 miliardi di euro per le aziende partecipanti causati dall’annullamento o dal posticipo di oltre 200 fiere a carattere internazionale. Su 20 milioni di imprese attive in Europa, 18 milioni sono pmi: per il 50% di esse l’export passa dalle fiere internazionali e per il 75% le fiere sono l’unico strumento di marketing. Questo la dice lunga sullo scenario che abbiamo davanti.
A proposito di perdite, quanto costa alla città di Verona in termini numerici l'annullamento di una fiera come Vinitaly?
Le fiere, in particolare quelle che assumono una rilevanza e una risonanza mondiale, come Vinitaly, sono sicuramente una leva molto importante per l’economia di un territorio in questo caso diffuso. Secondo l’Osservatorio della Bocconi sulle fiere, l’indotto generato dagli organizzatori è pari a 10-15 volte il fatturato. Nel triangolo Lombardia-Veneto-Emilia Romagna si concentra l’80% del fatturato dell’industria fieristica italiana, pari a 800 milioni di euro in tre regioni che, prendendo il moltiplicatore più prudente, dieci, equivale a 8 miliardi di euro di indotto su un territorio diffuso. Veronafiere genera in media oltre 1 miliardo di euro l’anno, dei quali almeno un quarto sono prodotti da Vinitaly.
A questo si aggiunga tutto il resto, compreso il sacrificio di una fiera che ha dovuto posticipare o riprogrammare tutte le proprie manifestazioni primaverili.
a cura di Loredana Sottile
Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri del 26 marzo
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