A pochi giorni dalla pubblicazione della quarta edizione della guida Gelaterie 2020 del Gambero Rosso, che dedica quasi 300 pagine (e 400 indirizzi) alle gelaterie di qualità sule territorio nazionale, è stato presentato in Senato un Disegno di Legge sulla produzione e definizione del gelato italiano artigianale e sulla definizione della figura professionale del gelatiere artigiano. Approfondiamone temi e interrogativi cruciali
Quando si parla di gelato la questione dell’artigianalità è senz’altro quella che emerge come la più controversa, vuoi perché nell’attuale vuoto normativo non vi è una definizione che identifichi e tuteli i metodi di preparazione del gelato artigianale, vuoi perché in questa indeterminatezza manca anche un vero riconoscimento di questo mestiere, parallelamente a un iter formativo riconosciuto per il gelatiere. A questo silenzio del nostro ordinamento giuridico corrisponde il proliferare di insegne che si autodefiniscono artigianali pur non essendolo affatto e questo a scapito della trasparenza verso il consumatore finale.
Il Disegno di Legge presentato dal senatore Riccardo Nencini, parte proprio da questi due grandi temi – alta qualità, artigianalità e italianità da una parte, iter formativo specifico del gelatiere dall’altra – e li presenta come facce imprescindibili della stessa medaglia.
Fare il gelato è un’abilità ingegneristica
Prima di arrivare alla definizione di gelato artigianale – finalità principale di questo disegno di legge – vale la pena soffermarsi proprio sulla questione della professione del gelatiere, presentata qui come un bagaglio di competenze specifiche, da acquisire attraverso un iter formativo che sia riconosciuto da un titolo, come spiega l’art. 2: “Ai fini della presente legge, per 'artigiana gelatiera' e 'artigiano gelatiere' si intende un professionista che ha specifiche conoscenze tecniche sulla produzione dei gelati e sulla merceologia degli ingredienti, che deve manipolare per la preparazione delle ricette. Tali specifiche conoscenze sono definite in un percorso formativo includente competenze di base per lo svolgimento della professione attivando appositi corsi abilitativi presso le scuole professionali alberghiere che rilasciano apposito titolo”.
In effetti se a creare e caratterizzare un piatto d’alta cucina, una pizza, o una creazione di pasticceria, è lo stile impresso da una persona, frutto di esperienze e conoscenze specifiche, ciò vale senz’altro anche per il gelato artigianale. E anche se molte gelaterie artigianali in Italia nascono da lunghe tradizioni familiari in cui le competenze vengono tramandate da padre in figlio, per chi si avvicina a questo mondo provenendo da un settore da esso completamente estraneo e vuole lavorare il prodotto da zero, è un saper fare che non si improvvisa e un percorso di specializzazione si rende necessario.“Fare il gelato è un’abilità ingegneristica, che vuol dire saper dosare materie prime attentamente studiate in precedenza; zuccheri, grassi, proteine, frutta e altri ingredienti impiegati per la composizione della ricetta vanno analizzati per conoscerne la composizione chimica e il comportamento in fase di bilanciamento.” Così spiega Vetulio Bondi, gelatiere fiorentino e Presidente del progetto Gelatieri Artigiani Fiorentini (nato da un gruppo di imprenditori del mondo della gelateria fiorentina con l’obiettivo di promuovere il gelato artigianale di qualità coinvolgendo, nella selezione delle materie prime, i produttori locali), fautore della proposta, intervenuto alla conferenza stampa di presentazione del Disegno di Legge. “Ed è per questo” prosegue “che è fondamentale che ci sia anche un iter formativo specifico, indipendente e riconosciuto al livello nazionale. Ciò che va riconosciuto è questa abilità artigiana, del maneggiare materie prime grezze trasformandole in un alimento, abilità che quando viene esercitata rende un gelato peculiare e distintivo; perché ogni gelatiere artigianale può imprimere al suo prodotto un suo stile differente”. Conclude il gelatiere fiorentino: “Pensiamo all’arte del pizzaiolo napoletano, riconosciuta nel 2017 come Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Una competenza specifica che va assolutamente riconosciuta e valorizzata”.
Riconoscere all’arte gelatiera una sua specificità è uno dei punti cardine: della questione anche per Fabio Bracciotti, gelatiere e Presidente dall’Associazione Gelatieri per il Gelato (movimento indipendente di gelatieri nato nel 2011 in difesa del gelato artigianale di qualità), anche lui chiamato a lavorare su questo testo per chiarirne gli aspetti più tecnici: “All’arte gelatiera va riconosciuto un suo settore specifico, che dovrebbe avere un percorso didattico dedicato già a partire dall’istituto alberghiero”.
L’importanza della ricetta
All’art. 3 ecco la definizione di gelato artigianale italiano di alta qualità: “preparazione alimentare portata allo stadio solido e pastoso mediante mescolamento e contemporaneo congelamento della miscela degli ingredienti utilizzati per la sua fabbricazione. Mediante la mantecazione a freddo è incorporata naturalmente aria che conferisce morbidezza e cremosità al prodotto.” Riguardo all’utilizzo delle materie prime si chiarisce poi che: “le miscele si caratterizzano per l’impiego di materie prime fresche e genuine nella loro preparazione, costituite prevalentemente da latte e dai suoi derivati, da uova, frutta e zuccheri, esclusivamente naturali senza l’aggiunta di aromi di sintesi, coloranti artificiali, grassi idrogenati, emulsionanti, prodotti di organismi geneticamente modificati (OGM), paste rinforzanti di frutta concentrata di tipo industriale e conservanti.”
In estrema sintesi un laboratorio in cui il gelatiere e il suo personale sviluppino una ricetta a partire da materie prime selezionate con cura, fresche e genuine, lavorandole attraverso un processo di mantecazione che incorpori aria solo naturalmente durante il congelamento e simultaneo mescolamento della miscela: ecco dunque delineati i caratteri distintivi della gelateria artigianale. C’è poi un altro elemento che in questo testo fa rima con qualità ed è l’italianità del gelato come ulteriore valore aggiunto.
Perché il gelato di alta qualità è italiano?
Chi lavora prodotti freschi andando ad attingere alle realtà presenti sui i territori italiani rappresenta di per sé un grande motore per la piccola economia decentrata lungo le province, in aree lontane dai grandi centri urbani, che faticano nel competere con i grandi produttori del settore agroalimentare. Un cuoco, un pizzaiolo, un pasticcere e perché no, anche un gelatiere che ricerca e seleziona prodotti di qualità per il suo gelato, attiva un circolo virtuoso che si traduce in accordi economici equi, sicurezza delle forniture e introiti economici costanti per i produttori; detto in soldoni è la sopravvivenza di un settore produttivo, quello della piccola e media impresa dell’agroalimentare, che rischia di scomparire. Senza considerare che confrontarsi con una richiesta di prodotti di qualità rappresenta, per chi produce, uno stimolo a far sempre meglio. Latte, formaggi, uova, frutta fresca e secca e altri prodotti che rappresentano un patrimonio agroalimentare dalle caratteristiche uniche, sono frutto del lavoro di contadini, casari, agricoltori, viticoltori, allevatori e sono anche un corollario imprescindibile del gelato artigianale di qualità.
Gelato al latte e gelato alla frutta: metodi di lavorazione
Ai metodi specifici di lavorazione delle ricette – suddivisi nelle due macro-famiglie del gelato a base latte e gelato a base acqua – è dedicato il quarto e ultimo articolo. Per il gelato a base acqua, caratterizzato da un alto contenuto di frutta fresca, ad eccezione di frutta secca e zuccheri, si stabilisce che “il contenuto minimo di polpa di frutta fresca di stagione in succo, in concentrazione minima al 37%, ad eccezione del succo di frutta acida, è fissato al 20%.” Per l’altra grande famiglia, quella del gelato al latte, si specifica che “è caratterizzato dall’impiego prevalente di latte e suoi derivati, quali latte fresco, intero di alta qualità, microfiltrato, crudo e a lunga conservazione (UHT), panna fresca o UHT priva di additivi, latte condensato e privo di additivi, fino ad un massimo del 40% della miscela liquida finita, con percentuale lipidica variabile tra il 35 e il 42 per cento e, eventualmente, nella preparazione della miscela, di uova di gallina.”.
Tecnicismi e nodi da sciogliere: la parola agli specialisti
Il terzo e il quarto articolo del Disegno di Legge sono ricchi di numerosi aspetti tecnici che ancora necessitano di approfondimenti e chiarimenti. “Tra i nodi da sciogliere” spiega Fabio Bracciotti “c’è quello sugli emulsionanti (il cui utilizzo viene escluso nella preparazione del gelato artigianale), su cui bisogna aggiungere che, ad essere esclusi sono quelli di sintesi (altrimenti ci si troverebbe costretti ad escludere anche la lecitina di soia), oppure quello dei grassi idrogenati o parzialmente idrogenati, su cui va specificato che ci si riferisce a quelli trattati industrialmente; perché forse in pochi sanno che il latte vaccino è frutto di un processo di bioidrogenazione ruminale che avviene nel corpo della mucca (e dunque così rischieremmo di non poter usare il latte). Tra le materie prime che si possono impiegare nella ricetta del gelato artigianale si fa poi riferimento agli zuccheri naturali, definizione che necessita di un chiarimento, altrimenti così presuppone l’impiego esclusivo del miele. Sul tema dell’overun, l’aria che viene inglobata nel gelato, più che stabilirne la percentuale, che può variare in base alle varie tipologie di ingredienti nella ricetta, ci preme specificare che deve esserci esclusivamente quella che naturalmente viene inglobata durante la mantecazione meccanica, senza il ricorso all’insufflazione forzata”.
Citando solo alcuni dei vari aspetti tecnici presenti nel testo ci addentra subito in una materia da specialisti, che ci riporta dritti alle riflessioni iniziali: fare il gelato artigianale è un’abilità ingegneristica che non si improvvisa e non può che tradursi in un prodotto finito che necessita di una vera e propria appelation, a garanzia di una sua attenta e trasparente tutela.
a cura di Silvia Cittadini