L’Associazione “Il Cammino del Gran Sasso”, nata dall'unione tra albergatori, ristoratori e guide locali, propone un percorso di 61 km, in 5 tappe attraverso i comuni di Barisciano, Santo Stefano di Sessanio, Calascio e Castel del Monte. Abbiamo macinato un po' di chilometri con loro.
L’Associazione “Il Cammino del Gran Sasso”
“Operare su un territorio come quello del Gran Sasso non è mai solo una questione di impresa, ma anche e soprattutto di passione per la montagna e amore del territorio. Da questi sentimenti comuni è nata la voglia e la visione di costruire un cammino che mostrasse in maniera organica e completa il territorio mediante un percorso”. L’Associazione “Il Cammino del Gran Sasso”, nata a inizio 2023, offre diversi servizi - tra i soci ci sono 4 strutture ricettive, 4 ristoranti, guide di montagna iscritte al Collegio delle guide alpine e guide turistiche – compresa la possibilità di percorrere un tragitto di 61 km in 5 tappe. Nel loro sito trovate tutti i dettagli, noi abbiamo percorso un tratto con loro e lo consigliamo caldamente.
I tesori del Gran Sasso
Il Grana di pecora in purezza affinato nelle grotte di pietra ai piedi del castello di Rocca Calascio, il Canestrato di Castel del Monte, i salumi di maiale nero d'Abruzzo, la mortadella di asino e le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio. Sono tutti prodotti imperdibili se si viene in questo spettacolare lembo di territorio alle pendici del Gran Sasso aquilano. C'è però un'altra dimensione che rende incomparabile l'esperienza nelle Terre della Baronia, è un sentimento comune che accende l'animo di donne e uomini il cui lavoro quotidiano e visionario su questa terra dà forma e sostanza ai prodotti di cui sopra. Un sentimento collettivo unico di devozione ai propri padri, figli della civiltà della Transumanza, diventa nel 2019 Patrimonio Immateriale dell'Unesco, e di attaccamento e amore per un habitat tanto ostico quanto ricco.
Associazione “Il Cammino del Gran Sasso. Le 5 tappe del cammino
Questo sentimento lo hanno reso palpabile con un organico progetto in forma di partenariato tra operatori del territorio e lo palesano durante il cammino che intende celebrare la cima più alta e conosciuta dell'Appennino, nella convinzione che l'Associazione “Il Cammino del Gran Sasso” possa rappresentare un brand autentico, attrattore di turismo tutto l'anno, slegato dalla neve e dai periodi clou estivi, nonché uno stimolo per le amministrazioni locali, come nel caso di Barisciano dove il sindaco Fabrizio D’Alessandro ha annunciato che l’area che ha ospitato i Map per gli sfollati del terremoto 2009 sarà destinata a campeggio.
In alta quota, sessanta (per l'esattezza 61) chilometri in cinque tappe, venticinque ore di cammino, quattro borghi da scoprire. Un percorso ad anello che parte da Fonte Cerreto alla base della funivia del Gran Sasso nel territorio de L'Aquila e arriva a Castel del Monte, attraversando l'altopiano di Campo Imperatore e il Canyon dello Scoppaturo, set di numerosi film. Tocca poi la Rocca Calascio, Santo Stefano di Sessanio, Barisciano, la Piana delle Locce e torna a Fonte Cerreto attraverso le pendici del Monte Ruzza e il rifugio di Montecristo. Una rete sentieristica già esistente, ora implementata con apposita segnaletica e mappatura gps brandizzata, che diventa sistema di interconnessione territoriale. “Il nostro obiettivo è offrire un turismo molto più autentico e su più livelli di esperienza, che crei indotto e inneschi la rinascita dell'intero comprensorio”, sottolinea Federico Ciocca, presidente dell'esordiente associazione che si è aggiudicata il bando finanziato dal Gal Gran Sasso-Velino e che raggruppa una decina di operatori del territorio tra albergatori, ristoratori e imprenditori del posto.
Il distretto gastronomico
Questa terra è anche un distretto gastronomico: assaggiare le lenticchie di Ettore Ciarrocca, i formaggi e lo yogurt di montagna di Manuela Tripodi, i salumi di Marinella e Alessandro Pelini, significa immergersi in una nuova geografia umana, una nuova comunità di agricoltori e allevatori virtuosi che rilegge , riscopre, ricostruisce, rigenera.“Abbiamo scelto di ripartire da quello che c'è”, riassume Ettore Ciarrocca, ingegnere in un ex colosso dell'edilizia, che a Santo Stefano di Sessanio, paese dov'è nato, coltiva in piccoli appezzamenti di proprietà lenticchie, fagioli, grani locali e anche miele. “Lavoriamo con le tecniche di una volta senza sfruttare più di tanto il terreno, con gli animali parte integrante dell'attività agricola, come le pecore diserbanti naturali, evitando il consumo di suolo, parcellizzando il rischio di annate sfavorevoli con attività e coltivazioni diverse. E stabilendo un prezzo di vendita fisso dei prodotti che non risenta delle oscillazioni di mercato né dell'andamento climatico”. “Tutto” tiene ad aggiungere “in regime di amicizia, collaborazione, per rinnovare e creare sinergia, alla fine siamo persone” .
Un approccio diverso dalle generazioni andate, dove etica agricola e sostenibilità sono le protagoniste di una narrazione circolare e virtuosa che dalla montagna muove e alla montagna torna, per restare. “Facciamo pochi sforzi di comunicazione, puntiamo di più sulla bontà del prodotto, valorizziamo quello che c'è. Più che per il suo valore reale, oggi la lenticchia è importante per attrarre attenzione”, aggiunge Ettore, “questo è un posto fortunato, un posto ricco di essenze importanti per la monticazione (il pascolo delle greggi in quota, ndr), una ricchezza enorme da traghettare ora nel turismo”. E a proposito di greggi: “Dieci anni fa la scelta di tornare in montagna e ripartire dall'allevamento tipico della nostra montagna, le pecore, scommettendo con entusiasmo sul rilancio di altre razze perdute come l'asino e l'autoctono suino nero che riesce a vivere all'aperto a 1400 metri di quota con grande capacità di adattamento”, raccontano Marinella Della Rovere e Alessandro Pelini, coppia di allevatori a Castel del Monte (lui è nipote di Giulio Petronio, il re del Canestrato di Castel del Monte) titolari di un'azienda agricola “non ereditata”, ci tengono a precisare, ma vincendo un bando per l'allevamento all'aperto. Le lavorazioni artigianali “all'antica” delle carni fanno il resto, consegnando un grasso scioglievole e di rara bontà. Staremmo ore ad ascoltarli sciorinare racconti, come quando nelle notti gelide i suini, per proteggersi dal freddo, si raggruppano uno sull'altro formando una montagna nera. Un'immagine che rapisce.
a cura di Jolanda Ferrara