Cosa succede se si dedica al servizio la stessa attenzione che si presta al cibo? Si rischia di diventare in pochi anni il migliore ristorante del mondo. Come è accaduto all’Eleven Madison Park di New York nel 2017. Quando, una dozzina di anni prima, vi era sbarcato Will Guidara si trattava di un’ottima brasserie a cui però mancava qualcosa per il salto di qualità definitivo. Guidara, da direttore del locale, decise di mettere in atto la sua lucida follia: creare un “servizio pazzesco” che trasformasse l’esperienza dell’ospitalità in qualcosa connesso alla sfera della cura e dell’empatia. Una serie di piccoli gesti che conducevano il cliente a vivere qualcosa di memorabile, nella convinzione che, spiega Will, “al giorno d’oggi le persone, soprattutto quelle più giovani, sono più interessate a collezionare esperienze che ad accumulare cose. Ma mangiare al ristorante, come molte altre esperienze legate ai servizi, è qualcosa di effimero. Ci si può portare a casa una copia del menu e le foto dei piatti ma non si può rivivere il momento in cui si è assaggiato quel boccone di foie gras. Le cose cambiano quando si torna a casa con una storia abbastanza sorprendente da riportarci a quel momento, come se lo stessimo rivivendo da capo”.
Guidara, dopo aver condotto Eleven Madison Park nel 2017 in cima alla classifica mondiale The World’s 50 Best Restaurants, naturalmente con la "complicità" dello chef Daniel Humm, e dopo aver fondato Thank You, un’agenzia che aiuta le aziende a operare nel settore dell’ospitalità e aver ricevuto il premio Innovator Award del Wall Street Journal, ha scritto il libro definitivo sul servizio, Unreasonable Hospitality che ora, con il titolo Un servizio pazzesco, arriva in Italia per i tipi di ROI Edizioni (336 pagine, 25,90 euro) e sarà presentato il 25 giugno a Milano al Ristorante Cracco. Abbiamo intervistato l’autore in esclusiva.
Ecco Will Guidara, che cos’è per lei un servizio pazzesco?
Siamo abitati a pensare che nella ristorazione si ha successo prima di tutto perché si serve del buon cibo. Ma il servizio pazzesco vuol dire fare la scelta di puntare a essere altrettanto creativi, altrettanto ambiziosi, altrettanto inarrestabili, altrettanto pazzeschi nel modo in cui fai sentire la gente. E nella ristorazione c’è un mondo di opportunità in questo senso. La gente può dimenticare quello che dico, può dimenticare quello che faccio, ma non dimentica come li faccio sentire. Se devo pensare ai migliori pasti della mia vita, non ricordo il cibo che ho mangiato ma ricordo il modo in cui sono stato amato e coccolato dalle persone che lavoravano lì. Io credo che noi abbiamo la magnifica opportunità di far sentire il maggior numero di persone in quel modo.
Come si riesce a motivare un cameriere?
Il mio vecchio capo e mentore Danny Meyer mi ha insegnato che il servizio è un gioco di squadra. E non importa quanto ospitale sia una persona, io credo che ciascuno membro dello staff debba sentirsi allineato e focalizzato nello sforzo collettivo di essere motivati a raggiungere gli scopi che il ristorante si è dato, di fare sempre qualcosa di più e prendersi cura del cliente ogni volta meglio. Ma attenzione, anche il cliente ha un ruolo, perché il servizio è un dialogo, non è un monologo e richiede che il cliente si avvicini all’esperienza con la disponibilità a entrare in contatto con gli altri.
Ha sempre avuto le idee chiare o ha imparato con il tempo a occuparti dei clienti?
Il successo non è una strada diritta, ci sono alti e bassi, un sacco di bombe nascoste sulla strada. Noi riceviamo ottime critiche ma anche brutte recensioni, abbiamo avuto stagioni in cui tutto lo staff era affiatato e “on fire” e stagioni in cui facevamo fatica a restare focalizzati sui nostri obiettivi. Una delle cose più importanti delle tante che mio padre mi ha detto nel corso degli anni è che è non bisogna evitare le avversità. Ogni bomba sulla strada può diventare un’opportunità, in ogni cattiva recensione che è stata scritta su di noi c’è almeno una cosa da cui possiamo imparare. Ogni volta che il morale della truppa è basso mi sono sentito più motivato a lavorare più duramente per fare meglio e fare in modo che la squadra si sentisse meglio. Ogni volta che un cliente si è arrabbiato è stata l’occasione per crescere. Insomma, le cose non sono sorprendenti quando accadono sempre. Noi abbiamo avuto buoni ottimi servizi e pessimi servizi ma abbiamo imparato da entrambi e questa è la cosa più importante che possa accadere nel business come nella vita.
Che esperienze ha avuto nel servizio in Italia?
Amo l’Italia, ma come in tutti i Paesi ho avuto grandi esperienze e terribili esperienze, come un piccolo ristorante di cui non farò il nome il cui personale era pochissimo e non c’era nessuno che sembrasse sapere quanto può far stare bene fare star bene gli altri. Quanto alle migliori esperienze non posso non citare quello che Lara (Gilmore) e Massimo (Bottura) stanno facendo a Modena. E non parlo del cibo, che è incredibile, ma del servizio. Ho mangiato con mia moglie all’Osteria Francescana e ogni singola persona in quel posto emana questa eleganza rilassata, questa energia umana che ci ha colpito e ci ha fatto sentire a casa. Non è una cosa facile da ottenere e penso che in questo momento sia il meglio al mondo in fatto di ospitalità.