«La saggezza sta nel riconoscere che è arrivato il momento di guardarsi, capirsi, e a volte reinventarsi». Stefano Terigi, Lorenzo Stefanini e Benedetto Rullo del ristorante Giglio di Lucca hanno comunicato alla guida Michelin di voler rinunciare alla stella per tornare a «essere il ristorante di una volta» e mettere in scena quello per cui sono sempre stati famosi, ovvero una cucina contemporanea, giocosa, condita da un pizzico di anarchia.
Stelle che si spengono
Non è la prima volta nella storia della ristorazione. Nel 2020 la CNN pubblicò un articolo dal titolo: “Perché gli chef stanno restituendo le loro stelle”. Ma già 12 anni prima, in Italia, era stato il maestro Gualtiero Marchesi a restituire le sue stelle, che all’epoca erano due, nel 2008. L’occasione polemica fu il fatto che la Francia ne aveva troppe e l’Italia, invece, troppo poche. In Inghilerra Marco Pierre White le rifiutò nel 1999 nonostante fosse diventato famoso proprio per essere stato lo chef britannico più giovane di sempre ad aver ricevuto tre stelle Michelin. E fece un passo simile anche Marc Veyrat, che ha pure fatto causa alla Michelin lamentando l’incompetenza degli ispettori dopo esser passato da tre a una stella. Quello che stupisce nel caso dei cuochi (nonché titolari) del Giglio è che non ci sia alcun germe polemico nella loro decisione.
Gli chef del Giglio restituiscono la stella Michelin
Una decisione maturata da un sentimento di inappropriatezza, dal non sentirsi a proprio agio con i criteri della Michelin. Poco importa se questi criteri - qualità del prodotto, padronanza delle tecniche, rapporto qualità/prezzo, costanza nel tempo, personalità dello chef - in realtà rispecchiano appieno il lavoro dei tre, quel che conta effettivamente è il percepito che i clienti hanno dei ristoranti con una, due, tre stelle Michelin: «Spesso arrivavano clienti con aspettative che cozzavano con il nostro modo di essere», spiegano.
«Vogliamo poter fare il lavoro che amiamo senza doverci preoccupare degli standard altrui, concentrandoci sui nostri clienti affinché possano vivere un’esperienza culinaria informale, accessibile, ma pur sempre di altissimo livello. Ma soprattutto vogliamo che il Giglio ci somigli, ci rispecchi, ci racconti». E ancora, e soprattutto: «Vogliamo sia un ristorante in cui andremmo a mangiare tutti i giorni, dalle cene in famiglia alle occasioni speciali». Come dar loro torto. Sul fattore “ci ritornerei” ci ritorneremo.