Metti un sonnecchioso quartiere borghese di Milano, con rari sprazzi di vitalità. Al centro, un incrocio di vie, Marghera e Ravizza, vocate alla ristorazione dai tempi in cui davano da mangiare ai lavoratori della vicina Fiera campionaria (oggi sostituita dai grattacieli delle archistar di City Life). Prima c’erano pizzerie (qualcuna resiste, il Mozzo, il Novecento) e osterie, poi i cinesi (come Yu Zhou, cinese della prima onda), oggi terra di conquista di catene di fast food (poke, tacos, kebab, trapizzini eccetera). E naturalmente delle gelaterie.
La meteora stellata ci fu, nel 2017, grazie alla inedita (per la zona) cucina sperimentale di Eugenio Boer con Essenza: ma lo chef abbandonò il locale dopo due settimane dall’annuncio, e da allora addio stella, sia per lui sia per la sonnacchiosa De Angeli-Fiera.
Il Giappone in un cortile
Qualche mesi fa, negli stessi locali di Essenza e dopo qualche passaggio di insegna che ha lasciato poca memoria, dietro un solido portone di legno al civico 34 di via Marghera, è apparsa la misteriosa scritta Menya Nonimya.
Si tratta della nuova avventura di Yoshikazu Ninomiya dedicata al ramen. Già patron di Kappou Ninomiya nella non lontana Gambara e pre Covid dell’Ottimo Fukurou, primo ristorante giapponese ad allontanarsi con nettezza dallo strapotere del sushi per proporre una cucina più autenticamente nipponica.
Cos’è un Okuzashiki ce lo spiega direttamente chef Nonimya: «Un tempo gestivo un locale Izakaya chiamato “Saka bar 2038”. Avevo l'idea di armonizzare il nostro ramen con Via Marghera, e finalmente dopo cinque anni siamo riusciti a realizzarlo. Okuzashiki è un termine che si riferisce a un posto interno, specialmente aree che sono considerate punti focali, soprattutto nelle periferie. Qui siamo in un tranquillo angolo della città: il nostro obiettivo è offrire un'atmosfera unica e speciale».
E un’aria misteriosa e intima, ma anche stranamente nipponica, un po’ da film di Wenders o da Midnight Diner (ipnotica serie ambientata in un ristorante di Tokyo dove ogni notte si incrociano nuove storie) ci accoglie. Dal portone di legno massiccio si entra infatti in un cortile molto poco glamour come trasportati in un’altra dimensione, con i retri grigi dei palazzi (tanto diversi dalle facciate très comme il faut come si conviene in zona) a far da cornice a un budello sormontato da arcate di ferro di gusto industriale, da cui pendono dei drappi bianchi e neri con due piume incrociate in un cerchio. «Questo simbolo è chiamato Kamon, che significa “stemma di famiglia”. MARU NI CHIGAI TAKANO HA indica un cerchio e due piume di falco ed è il simbolo della famiglia Ninomiya ereditato dagli antenati» spiega ancora Nonimiya.
Ramen nel piatto, poca atmosfera
Le promesse di immergersi in una notte di Tokyo, con il sollievo di essersi lasciati la musica pacchiana dei bar da aperitivo della via, si infrangono entrati nel ristorante, un capannone con ampie vetrate e cucina a vista. Così veniamo strappati dolorosamente dal nostro immaginario da Perfect Days al cospetto di un arredo minimal fatto di pareti e runner verde salvia, poltroncine (comode) grigie, tanto legno chiaro. Ma poca anima.
Protagonisti del menù sono i ramen
Ce ne sono quattro tipi, due tradizionali, Tutsemen e Tantanmen, e due novità che cambiano ogni mese, al momento c’è Okuzakishi champon (ramen e brodo di pollo fatto con ossa di maiale, alga kombu, aglio e pepe con polpette di pesce) e Tonkotsu sho-yu (rame con brodo di ali di pollo, ossa di maiale, sardine essiccate, funghi shiitake, alga kombu e salsa di soia con alga nori, spinaci, uovo sodo e porchetta di coppa).
«La nostra origine [di Ninomiya ma anche del maitre Momoko, ndr], è la regione di Kyushu. Kyushu è famosa per il Tonkotsu Ramen. Noi preserviamo il gusto tradizionale di Kyushu ma cerchiamo anche di creare un nostro nuovo gusto originale».
Per chi non amasse la zuppa con i vermicelli ci sono varie opzioni di piatti a base di riso e riso fritto o curry.
La scelta di antipasti, freddi e caldi, spazia tra alcuni tipi di gyoza, insalata di patate o di tofu, verdure fermentate fatte in casa, maiale con kimchi e pollo marinato e fritto.
Prezzi assolutamente abbordabili: i ramen (estremamente ricchi sia nei brodi sia nei contenuti) costano 17 euro e francamente sono più che sufficienti per fare serata. Sul fronte del bere, non mancano le birre giapponesi, sake, una dozzina di vini italiani e qualche semplice cocktail a base di Shochu o whisky giapponese.
A pranzo si può scegliere tra due menù completi a 22 euro.