La pasticceria dei fratelli Bonfissuto a Canicattì
Un passato nella ristorazione, dal 2011 i fratelli Giulio e Vincenzo Bonfissuto hanno concentrato le energie nella pasticceria. Così, applicando la voglia di fare e l’ingegno allo studio di tecniche e tradizioni dell’arte dolciaria siciliana, inaugurano la pasticceria di famiglia nella loro città, Canicattì, nell’Agrigentino. E da subito, oltre che alla produzione di classici della tradizione locale, dai cannoli alla cassata, scelgono di dedicarsi all’arte dei grandi lievitati, panettoni e colombe in testa, oltre a perfezionare una linea di creme spalmabili in barattolo, con i profumi dell’isola (pistacchi, mandorle, arance…). Proprio con i grandi lievitati ottengono la fama e i riconoscimenti in ambito nazionale e internazionale. Ma l’ultimo progetto dei fratelli Bonfissuto punta a tutelare proprio uno dei prodotti più conosciuti e abusati di Sicilia: il pistacchio.
Lungi dall’appellarsi all’onnipresente (e disponibile in quantità smodate?) pistacchio di Bronte, Vincenzo e Giulio – che pure fanno ampio uso del frutto nel loro laboratorio, specie per la produzione del panettone al pistacchio – hanno deciso di impiantare un pistacchieto nella campagna di Canicattì, a partire dal recupero di un ecotipo autoctono di pistacchio rinvenuto nell’agrigentino, e oggi non più coltivato.
Il pistacchieto di Fustuq. Adotta un albero di pistacchio
Il pistacchieto avrà a disposizione 800 metri quadri di terreno in aperta campagna, tra mandorleti e vigneti, rifornirà direttamente il laboratorio di produzione della pasticceria, e ospiterà una settantina di piante. Ma i costi di impianto e coltivazione saranno sostenuti attraverso una campagna di crowdfunding, attiva sulla piattaforma Kickstarter a partire dal 1 agosto: chi sceglierà di finanziare il progetto, potrà farlo con una donazione libera (con 27 euro si riceve a casa un panettone al pistacchio, e via a salire, con “ricompense” che annoverano anche tavolette di cioccolato, pasticcini, croccanti, box completi del valore di 150 euro), ma anche adottando una pianta di pistacchio, con versamento di 1000 euro, che garantirà al “tutore” dell’albero una targhetta di riconoscimento con il proprio nome sulla pianta. Inoltre, chi adotta potrà seguire i progressi in campo tramite documentazione a distanza costante, dal momento dell’impianto dell’albero alla prima fioritura, fino alla raccolta dei frutti e alla testimonianza del lavoro in laboratorio. L’adozione, infatti, dà diritto anche a una fornitura omaggio di dodici panettoni al pistacchio e offre l’opportunità di trascorrere una giornata in azienda per visitare il proprio albero e il laboratorio, con pernottamento e degustazioni in compagnia dei fratelli Bonfissuto.
La riscoperta di una filiera del territorio
Fustuq - come è stato ribattezzato il progetto a partire dal termine arabo che ha dato origine al dialettale “fastuca”, con cui i siciliani indicano il pistacchio – è certamente un intelligente progetto di marketing, ma alimenta un’interessante idea di filiera chiusa, che valorizza l’agricoltura e l’artigianalità siciliana. Di recente i fratelli Bonfissuto hanno trasferito il proprio laboratorio in collina, su un terreno calcareo che ancora un secolo fa era conosciuto come la “fastuchera di contrada Giuliano”, zona vocata per la coltivazione di pistacchio. Poi, soppiantata dalla più redditizia produzione di uva da tavola, la tradizione si è persa. L’obiettivo è quello di riattivare la filiera, con il patrocinio dei Comuni di Canicattì, Delia e Naro. E anche la tempistica non è casuale: “Vogliamo dire a tutti i giovani imprenditori siciliani di non abbattersi, nonostante le evidenti difficoltà dovute al Covid”.