Non sono dei vegetali, non appartengono al mondo animale e non è nemmeno corretto chiamarli parassiti, anzi contribuiscono al perfetto equilibrio dell’ecosistema. In Italia ci sono oltre 5mila specie conosciute e quelli velenosi non sono poi così inutili (almeno per il mondo animale). Stiamo parlando dei funghi, quegli «organismi che vanno un po’ per conto loro, non sono associabili a piante o animali perché non possono prodursi nutrimento da soli, ma aiutano le piante stesse a trovare sostanze nutritive e trasformano detriti, come rami o foglie, in nuovo nutrimento e così regolano l’ecosistema», sostiene Nicolò Oppicelli, micologo e divulgatore scientifico.
Sfatiamo subito un mito: i funghi si trovano ovunque, anche in «ambiente marino e in alta quota, perfino in Antartide, quelli che poi cerchiamo per il palato (da mangiare, ndr.) si trovano in ambienti forestali, in pianure e anche in montagna», come spiega Oppicelli. I funghi nascono ovunque, dunque, preferiscono le conifere ma essendo esseri simbiotici hanno bisogno di «piante partner, latifoglie principalmente e poi castagni, abeti, faggi».
I funghi come alimento
Finferli o galletti, porcini, ovoli, chiodini, fungo di ferla, cardoncelli, mazza da tamburo. Sono questi i funghi più conosciuti in Italia protagonisti di molti piatti. Nell’immaginario collettivo i funghi sono ricchi di proteine, contengono poche calorie (questo è vero!), e si possono mangiare in grandi quantità. Eppure non è tutto proprio così, a sciogliere dei dubbi è proprio Oppicelli: «Sono una discreta fonte di fibre, discreta fonte di proteine e a livello nutrizionale non sono nulla di straordinario, almeno non corrisponde totalmente a quello che viene spesso detto». C’è da dire, invece, che i funghi non sono altamente digeribili e vanno mangiati in poche quantità, soprattutto se consumati crudi (parliamo specialmente di porcini e ovoli, tipologie ammesse alla consumazione cruda), Oppicelli specifica: «Nei funghi, almeno in alcune specie, esistono delle sostanze non del tutto assimilabili dal nostro organismo, ad esempio nei porcini si parla di trealosio, un polisaccaride antipatico. In generale oggi si sta ancora indagando e non è ancora del tutto chiaro, meglio mangiarne pochi e piuttosto cotti, crudi vanno bene per un antipastino senza esagerare: pochi e consumati con consapevolezza»
Il consiglio è quello di consumarli preferibilmente cotti, senza troppo bistrattarli in cotture lunghe o spadellamenti ad alte temperature: i funghi hanno bisogno di delicatezza. «Io li preparo, soprattutto i porcini, con un filo d’olio in padella, uno spicchio d’aglio in camici, un rametto di rosmarino, senza aggiunta di altro», spiega Oppicelli che per la cottura dà ulteriori consigli: «Quando si usano i funghi come ingredienti, per un risotto o una pasta, per dire, l’ideale sarebbe cucinarli o trifolarli a parte». È bene sapere che le componenti aromatiche dei funghi si sprigionano proprio in cottura e non da crudi appena colti: «Basta non ucciderli con un brodo con il dado!», sottolinea Oppicelli.
Funghi: cottura e conservazione
Altro punto a cui fare molta attenzione è il trattamento dei funghi prima di essere mangiati. Una volta raccolti vanno sicuramente lavati: «Se non abbiamo a che fare con funghi coltivati, come ad esempio gli champignon che si acquistano da supermercato e vengono etichettati come prodotto già lavato, prima del consumo i funghi vanno sempre lavati», spiega Oppicelli. La diceria di pulirli solo con un panno per non rovinarli o far perdere loro le note aromatiche è del tutto da sfatare, come sottolinea di micologo: «I funghi sono composti da 80/90 % di acqua e porli sotto acqua corrente per un minuto va benissimo: ci eviteremmo sporcizie o residui di urine di animali, può capitare». Una volta raccolti freschi e dopo essere stati puliti, si possono conservare «in frigo in un contenitore non chiuso ermeticamente, oppure in un canovaccio o panno di stoffa che mantiene l’umidità per essere consumati entro cinque giorni», consiglia Oppicelli, «se poi parliamo di funghi cotti, allora vanno conservati in frigo per un massimo di due giorni».
La raccolta dei funghi
Andare per funghi è un hobby, per altri anche un lavoro, che necessita di alcune accortezze, come spiega Oppicelli: «C’è tanta improvvisazione, soprattutto quando si tratta di distinguere dei funghi velenosi». Anche alcune app o elementi tecnologici possono essere deleteri per gli inesperti di funghi, Oppicelli parla di Google Lens: «Usare un’app per riconoscere un fungo non è corretto basti pensare alla luce dell’inquadratura a uno smartphone che cambia i colori, stesso discorso vale quando facciamo una foto e la postiamo sui social, sui gruppi social media per chiedere un consiglio: gente improvvisata può veicolare anche informazioni errate». Inoltre, quando si tratta di funghi velenosi: «Non c’è una regola empirica, ma solo l’esperienza e lo studio possono dare la possibilità di distinguere un fungo commestibile da uno velenoso che, per alcune specie, possono essere anche molto simili».
Per la raccolta dei funghi, il micologo suggerisce alcuni trucchi: «Bisogna sempre vestirsi a strati e non come un militare e poi con abbigliamento colorato, per essere subito riconoscibili (nel bosco ci si può perdere), e avere sempre il cellulare carico per qualsiasi evenienza. Mai andare nelle ore notturne per non fare incontri sgraditi con animali selvatici che si vanno a disturbare e munirsi di un contenitore rigido aerato per il raccolto, ad esempio un cesto in vimini che non serve per solo per il rilascio di spore ma per mantenere integro il prodotto».
Le specie di funghi commestibili conosciute in Italia sono circa 5mila, nascono spontaneamente ma alcune tipologie possono essere coltivate come champignon, geloni e piopparelli, cardoncelli. La differenza tra coltivati e spontanei risiede innanzitutto nella reperibilità: «Quelli spontanei non sono reperibili tutto l’anno, e sono più spinti dal punto di vista olfattivo», spiega Oppicelli.
Falsi miti sui funghi
Esiste una serie di miti (falsi) sui funghi, innanzitutto su quelli velenosi: «Sono fondamentali per l’ecosistema animale, infatti gli animali come ghiri, tassi, caprioli possono consumarli, rispetto all’uomo hanno una sensibilità diversa e non riportano delle conseguenze all’organismo», dice Oppicelli. L’altro mito che il micologo sfata riguarda la cottura dei funghi per capire se sono velenosi oppure no: si narra spesso che aggiungere uno spicchio d’aglio in cottura o un cucchiaio di argento possa aiutare a capire se il fungo è velenoso o meno: lo si capisce dall’aglio che diventa nero o dal cucchiaio che si ossida, l’esperto chiarisce: «Non è così, ovviamente, se l’aglio diventa nero è perché la temperatura è troppo alta e forse si sta bruciando?».
La luna influenza la crescita dei funghi: «Altro falso mito», spiega il micologo, «A livello scientifico non esiste fattore che dimostri che la luna influenzi crescita». E sulla crescita demitizza anche un’altra diceria: «Alcuni sostengono che il fungo se toccato da piccolo, poi non cresce più: falso. Se vengono lasciati nel loro ambiente crescono eccome!».