In Cina ci sono due napoletani, un giapponese e un irlandese. Non è l’inizio di una barzelletta da bar, ma la struttura del quadro direttivo dietro uno dei più straordinari casi di successo per la cucina tricolore in Cina. Daniele e Paolo Salvo hanno la pizza nel dna, poi c’è David Connolly, un irlandese che sa il suo in quanto a comunicazione, e una ragazza giapponese, Noriko Shinohara segue la parte amministrativa. Guidano cinque locali tra Pechino e Shanghai, il fiore all’occhiello si chiama Bottega. Il successo è stato clamoroso, sia di critica - Tre forchette nella Top Italian Restaurants e l'ottavo posto al mondo per la 50 Top Pizza - che di pubblico. Intervistiamo Daniele Salvo, operation manager.
In Cina per amore o per lavoro?
Sono arrivato a Pechino con mio fratello Daniele nel 2012 per una consulenza. Seguivamo il reparto pizzeria di un gruppo, poi abbiamo visto il mercato, la richiesta enorme, ci siamo messi in proprio. Nel 2014 abbiamo aperto la prima pizzeria Bottega, a fine 2016 la seconda. Gli inizi con la pizza napoletana non sono stati semplici.
Ve la rimandavano indietro?
Non erano abituati all’impasto. Abbiamo capito che dovevamo raccontare cos’è Napoli, cos’è la pizza, come bisogna mangiarla, cosa berci sopra, cosa rappresenta. Educare in forma leggera. Ci abbiamo messo un po’ per trovare degli standard e per avere costanza senza rinunciare ad alta idratazione e prodotti di qualità. Abbiamo capito che l'atmosfera è fondamentale e la comunicazione la chiave del successo.
Un esempio?
Scriviamo il menu in italiano ma lo comunichiamo in cinese, non è la traduzione letterale. Non puoi tradurre il nome di un piatto in cinese perché non avrebbe senso, al nome devi dare un significato. E dovevamo creare una sensazione di vivacità e freschezza, così soprattutto a Shanghai abbiamo investito molto sul bar, sulla night life. Il venerdì e il sabato abbiamo il dj, si abbassano le luci, le persone iniziano a muoversi, a ballare, c’è chi viene anche dopo cena. Abbiamo investito molto sulla cantina e sul marketing siamo forti.
L’offerta di Bottega a Shanghai e Pechino è la stessa?
Sono due mondi opposti, la comunicazione deve essere diversa diversa, le ricette sono diverse, ci poniamo al cliente in maniera differente. A Pechino per esempio si mangia mediamente più salato di Shanghai, così abbiamo levato 5 grammi di sale per litro d’acqua nella nostra ultima apertura, la cucina di Shanghai tende al dolce. Bottega Shanghai vende più di 1500 genovese al mesei: la cottura a bassa temperatura della carne e la cipolla si fondono per dare quel gusto agrodolce che conoscono così bene, è vicino alla loro cultura.
Su quanti coperti viaggiate?
A Shanghai siamo sui 10-11 mila coperti al mese, a Pechino circa 8.000 a locale, ne abbiamo quattro. Oltre ai due Bottega, c’è Forno, una trattoria romana con pizza alla pala, che funziona molto bene sul delivery che rimane una quota importante del fatturato. Cucinano poco a casa.
Cosa bevono i cinesi sulla pizza?
A Pechino c'è ancora chi chiede un tè caldo o un cappuccino sulla pizza, ma le cose stanno cambiando. Di sicuro bevono più birra che vino ed è difficile vendere digestivi. A Shanghai altro pianeta, il cliente è più internazionale e preparato, arriva e ordina un cocktail, uno spritz o un bicchiere di franciacorta. Poi scende giù in cantina da noi, si sceglie la sua bottiglia e se la porta al tavolo. Abbiamo 290 referenze, l’85% è Italia, poi Borgogna, Nuova zelanda e Sud America. Ci sono alcuni bevitori molto selettivi, che bevono ad esempio solo malbec.
Ha vini naturali?
Il vino naturale è letteralmente esploso negli ultimi 3 anni a Shanghai e da lì sta dilagando in tutta la Cina. Ma la tendenza più forte rimane a Shanghai, ci sono tanti wine bar e distribuzioni di soli vini naturali. Sono apprezzati soprattutto dai più giovani, mentre la vecchia generazione beve soprattutto Bordeaux o Borgogna, il divario è netto. Ne ho tanti in carta, anche in Cina ne stanno producendo tanti.
Come sono?
Ce ne sono di buoni, stanno emergendo, anche se escono dalle cantine a prezzi importanti, da 20 euro in su fino a 80 franco-cantina. C’è tanta ricerca, sono soprattutto macerati, non filtrati, ce ne sono di estremi ma anche di più universali. Da provare.
Cina pre e post-covid, cos’è cambiato?
Il Covid ha distrutto tanto, tantissime chiusure. Il fine dining è a pezzi, soprattutto a Pechino, resistono giusto negli alberghi ma pochissime persone ci vanno a mangiare. Di pari passo, la capitale si è spopolata degli stranieri, moltissimi sono rientrati anche se ultimamente qualcuno sta tornando. A Shanghai la musica è diversa, stanno aprendo tanti locali, vedo tanti esempio di cucina fusion, ad esempio il bistrot JaJa, cucina italo-cinese con paste anche particolari, come la lasagna con ragù di manzo e tofu.
Mmhh, non suona benissimo
Eppure è tanta roba. Offrono una cucina originale con un'impronta locale. E in questi piccoli bistrot si vende tanto vino.
E voi come siete sopravvissuti alla pandemia?
Durante il covid è stata dura, il delivery ci ha tenuto a galla. I prezzi sono scesi e noi abbiamo deciso d’investire, rilanciando con l’apertura di Shanghai. Abbiamo aperto nella stessa settimana in cui la Cina ha riaperto le porte al mondo comunicando che c'era più la minaccia. E’ stata una follia, file chilometriche, strade piene, c’era un entusiasmo incredibile, una pazza gioia. Siamo stati fortunati.
Il potere dei media enogastronomici in Cina?
Fondamentale curare la pagina dianping, il tripadvisor cinese, seguitissimo da tutti. La Michelin ci ha messo un po’ di tempo ma ha acquistato autorevolezza anche qui. Poi, ci sono molti magazine specializzati solo online. Ma la differenza la fanno i foodblogger e gli influencer su tik tok. Spesso collegano i prodotti raccontati nei loro video alla pagina dello store. Conosco diversi venditori di vino che stanno facendo numeri altissimi così, il mercato è digitale.
Prossimi progetti?
Apriremo un altro Bottega a Shanghai, c’è spazio e richiesta. E stiamo guardando a Shenzen che è in crescita esponenziale e ha la media anagrafica più giovane in Cina. E monitoriamo Chenghdu, la città dei panda giganti.