Franco Pepe e il ricordo del pane
Franco Pepe è il maestro pizzaiolo che tutti conoscono. Ma a Caiazzo, proprio all’ingresso della pizzeria capace di attrarre nel piccolo Comune dell’Alto Casertano visitatori da tutto il mondo, il ricordo del nonno di Franco racconta un’altra storia. Quella di un fornaio, che ha continuato a sfornare pane anche durante la guerra, come testimoniano gli annulli dell’epoca appesi alla parete. Da qualche giorno la consueta fila di persone in attesa che affollano vicolo San Giovanni Battista non c’è più. Caiazzo ha ripreso a vivere al ritmo di tanti piccoli borghi d’Italia, difficile prevedere quando l’attività potrà riprendere la sua routine. Certamente non prima del 3 aprile, come ordinanza nazionale impone (e in Campania le regole per la ristorazione sono ancora più stringenti, con divieto di food delivery). Pepe in Grani, però, è la casa di Franco Pepe.
Il pane di Franco Pepe. L’idea antispreco
E i 43 ragazzi che lavorano con lui sono la sua famiglia: “Sinceramente è strano tutto questo silenzio, sono abituato a sentire il brusio dei clienti, sempre circondato da persone. Abbiamo tutto riconosciuto con ritardo la gravità della situazione, fin quando ci è stato consentito siamo andati avanti con la pizzeria, nel rispetto delle norme di sicurezza. Ma se avessi immaginato l’evoluzione della situazione, avrei chiuso da subito, per la sicurezza dei mie collaboratori, e dei clienti”. Ora i ragazzi di Franco sono tutti a casa (“e conserveranno il lavoro, troverò il modo di garantirlo per tutti”), tranne un paio di loro, stranieri residenti in Italia, che hanno deciso di restare accanto al pizzaiolo campano: “Sono la mia famiglia, soprattutto ora che mio figlio Stefano è bloccato a Milano”. Insieme, sono tuttora al lavoro davanti al forno: “Con tutte le precauzioni del caso, abbiamo deciso di smaltire i panetti di impasto e gli ingredienti rimasti in dispensa. Lo stop è stato improvviso, rischiavamo di sprecare molti prodotti, ricotta, pomodoro, mozzarella…Gli ingredienti freschi li abbiamo già consegnati a chi ne aveva bisogno, la casa di riposo locale, le suore del paese. Con i panetti per la pizza, invece, facciamo il pane”.
Il pane per la comunità
In tutto 250 panetti da trasformare in pagnotte, e donare alla comunità: “Finiremo entro venerdì, procediamo più lentamente perché il nostro è un forno da pizza. Chi vuole può passare a prenderle, altrimenti le consegniamo noi. È anche un modo per ricordare mio nonno, e un pretesto per non spegnare il forno. Io vivo in pizzeria, il mio appartamento è proprio qui accanto; anche quando avrò finito di sfornare, voglio tenere accesa la fiamma ogni giorno, finché la pizzeria non potrà ricominciare ad accogliere clienti. Sarà difficile ripartire, perché il problema è globale, noi lavoriamo molto con il turismo straniero, mi chiedo quando si potrà ricominciare a viaggiare in tranquillità, e intanto spero che anche gli altri Paesi adottino misure serie per contenere il contagio”. La preoccupazione è tangibile – “io lo ammetto, ho paura” – ma non per questo ci si scoraggia: “Dobbiamo agire come cittadini responsabili, e ci tengo a sottolineare che i miei ragazzi hanno capito perfettamente la situazione. È passato il messaggio che i giovani sono noncuranti, ma non tutti ragionano così: io sono fortunato a lavorare con persone che si impegnano al massimo, sono la mia famiglia e spero di poter ricominciare presto ad averli intorno. Per lavorare insieme, in modo responsabile”. Intanto, da Pepe in Grani, si continua a sfornare pane, fino a esaurimento scorte. Peccato non riuscire a sentire il profumo.
a cura di Livia Montagnoli