La scorsa estate, nelle cronache di New York, era montata una protesta, aizzata da alcuni politici locali, contro il tentativo di regolamentazione delle emissioni dei ristoranti e dei panifici con forno a legna e a carbone. Le voci critiche – qualche esercente, ma soprattutto politici repubblicani – avevano trovato favorevole cassa di risonanza soprattutto nelle testate appartenenti a Rupert Murdoch, come il tabloid New York Post e Fox News. La stessa polemica, torna in questi giorni, rilanciata negli Stati Uniti sempre dal New York Post e, in Italia, da Repubblica - che parla di proteste per scarso preavviso - su presupposti, però, quantomeno discutibili. Vediamo perché.
Una legge annunciata
Le norme nell’occhio del ciclone riguardano, innanzitutto, il passaggio successivo di una legge già approvata dal consiglio comunale della Grande Mela nel 2015 – il sindaco era Bill De Blasio - che impone ai ristoranti che installano nuovi forni alcune precise limitazioni: tra i locali aperti dal 2016 in poi, infatti, i filtri e il controllo delle emissioni sono già la norma. L’attuazione completa della legge era prevista per il 2020, ma è stata rimandata a causa della pandemia ed è stata ripresa in mano lo scorso anno, dalla nuova amministrazione, dal 2022 guidata dal sindaco Eric Adams, democratico come il suo predecessore. A giugno 2023, infatti, il Dipartimento di Protezione Ambientale della città ha definito i regolamenti che richiedono che la maggior parte dei ristoranti con forni a carbone o a legna, installati prima del 2016, siano dotati di un sistema di filtraggio delle emissioni.
Le problematiche economiche
L’operazione, sia chiaro, è onerosa, e può arrivare a costare decine di migliaia di dollari alle pizzerie, tra installazione e manutenzione: circa 20.000 dollari, secondo alcuni pizzaioli, certo non la cifra di 600mila dollari riportata dalle testate su citate, che non sta in piedi. Ovviamente sono le pizzerie più vecchie ad avere il problema maggiore e le attività più piccole ad avere le difficoltà nell’affrontare tale spesa, per questo da più parti si chiedono all’amministrazione cittadina delle agevolazioni per l’acquisto dei sistemi di filtraggio. Molti ristoratori, nonostante tutto, si sono già adeguati da tempo: alcuni a malincuore, per continuare le proprie attività senza problemi, altri comprendendo l’importanza della norma per la tutela della salute pubblica. Secondo quanto riportato dai media statunitensi, sono circa 50 le aziende che non hanno ancora provveduto ad uniformarsi alle disposizioni contro l’inquinamento.
Una battaglia pretestuosa
Quando, lo scorso luglio, la polemica era scoppiata inizialmente, il New York Times aveva fatto un’operazione di chiarezza, andando a confrontare i limiti di emissioni richiesti dalla nuova proposta di legge con le norme esistenti in Italia per le pizzerie tradizionali, senza trovare grosse differenze. La nuova normativa, infatti, è solo un adeguamento a lungo rimandato e ha lo scopo di consentire l’uso dei forni a legna riducendo le emissioni inquinanti, dannose per la salute soprattutto di coloro che vivono nelle vicinanze dei locali non ancora a norma.
Allora, tanto più per le sacrosante motivazioni di salute pubblica, appaiono davvero pretestuosi i presupposti di una protesta appannaggio dei politici repubblicani e dei quotidiani ad essi vicini contro l’amministrazione democratica della città.
Basti riportare un tweet del Consigliere Repubblicano di Brooklyn, Ari Kagan, per capire i toni della battaglia: «I socialisti democratici credono che la pizza di Totonno a Coney Island sia una minaccia per la sicurezza pubblica più grande del taglio dei fondi alla polizia di New York e delle politiche pro-criminali. Fermeremo loro e questa follia». Ora la disputa, fatta riaccendere in questi giorni sempre dal New York Post, si riapre, man mano che la data di entrata in vigore della legge si avvicina. Dal 27 aprile infatti sarà chiesto ai ristoranti e ai panifici con forno a legna o a carbone, non ancora a norma, di ridurre le proprie emissioni di fumi del 75%. La ciliegina sulla torta è il commento di Elon Musk, che da imperatore dell’economia green, con le sue Tesla, sta oggi diventando uno dei portabandiera del negazionismo della crisi climatica. Anche l’uomo più ricco del pianeta ha sentito la necessità di intervenire nel dibattito sulla pizza newyorkese con un tweet, definendo la proposta «bullshit» (stronzata, letteralmente) e decretando «che non farà alcuna differenza per il cambiamento climatico».