Thailandia, paese di risicoltori ma anche di gare d’accelerazione. Risaie che si trasformano in piste da corsa, “trattori di riso” che sfrecciano nell’umidità dei campi alla conquista di un premio. Ecco lo sport degli agricoltori thailandesi, una forma di intrattenimento locale che meraviglia l’occidente e che una volta al mese mobilita le comunità agricole del paese rappresentando un’occasione di aggregazione, di scambio, di economia circolare ma anche di ‘riscatto’ sociale ed economico per i contendenti.
L’aratro da corsa
Nel giro di pochi anni, quello che un tempo era l’aratro manuale si è trasformato in un veicolo motorizzato, un vero e proprio equipaggiamento per gareggiare. Questi trattori del riso (denominati ekong da alcuni locali), che accompagnano le giornate di lavoro dei risicoltori thailandesi, diventano in sostanza delle macchine multiuso: aratri a motore per diversi usi agricoli, mezzi con cui dotare di energia altre apparecchiature (trebbiatrici o pompe dell’acqua) e, appunto, veicoli da corsa.
Hanno luogo così in prossimità di alcune aree di coltura, paludose o addirittura sterrate, delle competizioni a eliminazione che si svolgono dalle prime ore del mattino fino a tarda sera. Trecento metri di ‘pista’ percorsi dai trattori a una velocità che può sfiorare gli 80 km/h. Dato che rende la gara pericolosa e per questo presidiata da ambulanze e forze dell’ordine. Del resto, non è raro che i conducenti cadano o perdano il controllo del veicolo vista la potenza del motore rispetto al peso praticamente inconsistente della carrozzeria.
Infatti, per offrire performance di livello, i trattori vengono modificati: possono presentare il serbatoio del carburante in fibra di carbonio e degli scarichi macroscopici non silenziati che con un rumore che ricorda un tosaerba a scoppio rendono l’acustica del luogo assordante. Oramai i mezzi si son fatti sempre più sofisticati, con alcuni che dispongono di pezzi in titanio, quasi tutti di motori di ricambio.
La transizione di questa Formula 1 agreste racconta non solo di mezzi simili a delle motozappe dal manubrio lungo che si guidano in piedi come gli antichi romani facevano con le bighe, ma anche di categorie a quattro ruote fornite di seggiolino e volante. Insomma, dipende anche dal terreno. Tanto che, quando questo è sommerso di acqua, questi ‘aratri’ son costruiti con delle ruote a pale che ricordano piuttosto dei battelli. Si può presumere dunque che in base al clima e al territorio ogni provincia abbia il proprio aratro da corsa.
Le corse con i bufali di ferro
Gli anglosassoni chiamano questa competizione la Iron Buffalo Racing. Vale a dire: corse con buffali di ferro. La denominazione allude al fatto che un tempo i contadini della Thailandia facevano conto sui bufali d’acqua per l’aratura dei campi e delle risaie. Per secoli gli aratri, strumenti adoperati in agricoltura sin dall’antichità per smuovere i terreni e predisporli a lavorazioni così come alla semina, son stati trainati da questa razza originaria del Sud-est asiatico.
Per gli agricoltori gli animali erano cruciali per coltivare: si facevano spazio fra i terreni paludosi e la fanghiglia tipica di quei territori e dei campi di riso. Con la modernità e lo sviluppo tecnologico le bestie son state relegate a mansioni differenti come il trasporto del raccolto; sostituite a partire dagli anni ’60 da aratri a motore, gli stessi che oggi, con opportuni accorgimenti, vengono impiegati per le gare. Esattamente dei bufali di ferro.
La Iron Buffalo Racing non va però confusa con la Wing Kwai, il festival nazionale dalla tradizione centenaria che viene organizzato ogni anno nella provincia di Chonburi per esprimere gratitudine all’animale per il duro lavoro nei campi. Manifestazione buddista in cui protagonisti della corsa sono i bufali e non i trattori. Una testimonianza calzante dell’importanza dei primi per il mondo contadino thai.
Come nasce la Iron Buffalo Racing
Una manifestazione che può considerarsi tutto sommato recente. Diffusasi non più di 10 anni fa fra i risicoltori, si è consolidata come consuetudine di una subcultura rurale. Nasce come un hobby: a fine giornata, in seguito alle ore di lavoro nelle risaie o in mezzo alle colture, i contadini usavano intrattenersi bevendo alcolici e gareggiando fra di loro e a tempo perso su questi mezzi spericolati. Oggi, da diletto e gioco fra amici e colleghi, ha assunto una dimensione inaspettata.
Da svago a lavoro
Per alcuni, questa competizione rappresenta un’opportunità. Come per i ragazzi, che si avvicinano alla iron buffalo racing anche per non chiedere più soldi a familiari o genitori. Secondo quanto raccontato dalla testata Vice Asia, il premio della vincita può ammontare a 6000 baht (circa 156 euro). Chiaramente, un compenso significativo rispetto al salario mensile medio di un agricoltore.
Un modo per i risicoltori di guadagnare così una cifra maggiore. Che sia attraverso la gara oppure offrendo una consulenza (capita che alcuni decidano di affidarsi ai meccanici di squadre vittoriose per acquistare trattori, motori o farsi modificare i propri). Allo stesso modo, non è da escludere che per qualcuno avere successo con le corse significhi in qualche modo ‘risollevarsi’ economicamente o riscattarsi a livello sociale, quantomeno all’interno della comunità.
Momento di aggregazione e scambio
Queste corse che raccolgono ogni mese anche appassionati di motori non sono da identificare solo come delle mere gare di accelerazione. Come nella provincia di Saraburi, a poche ore di viaggio dalla capitale Bangkok, tali manifestazioni si rivelano occasione per celebrare costumi e usanze del mondo contadino.
Difatti, l’Iron buffalo racing può assumere altresì le sembianze di una fiera agricola in cui si radunano agricoltori del luogo e di altre realtà per mangiare insieme carne e pesce alla griglia o accaparrarsi le produzioni artigianali, dai tessuti al liquore di riso. Un momento speciale di aggregazione e scambio collettivo. La possibilità di educare i giovani ai valori e alla cultura agricola (i più piccoli vengono coinvolti nell’atto simbolico di trapiantare semi di riso). A suo modo, un’occasione per tramandare saperi e preservare tradizioni dell'universo rurale thailandese. Un mondo 'nascosto', eppure tutt'altro che marginale; con un terzo della forza-lavoro del paese, l'agricoltura costituisce la sua spina dorsale.