L'amaro della Reggia di Caserta
Affidare in concessione la raccolta di erbe officinali per produrre un amaro che porta in etichetta il nome della Reggia di Caserta e che divulga, sui mercati nazionali e internazionali, i sapori del Real Giardino che la circonda: ha tutte le carte in regola per essere replicata in numerose realtà museali e demaniali italiane che soffrono l'incuria per i costi elevati di mantenimento, l'iniziativa che vede protagonista AmaRè, l'amaro prodotto dall'Antica Distilleria Petrone. Da quando il museo è diventato autonomo, l'amministrazione della Reggia ha lanciato un bando per “l'Affidamento in concessione della Licenza d’uso e sfruttamento del marchio Reggia di Caserta”.
Niente sfruttamento intensivo o attività invasive quindi, solo l'opportunità, in questo caso specifico, di poter raccogliere e utilizzare le erbe officinali che crescono nei 23 ettari di giardino e negli oltre 100 di bosco che circondano il monumentale complesso vanvitelliano. Ecco quindi che, da un'antica ricetta datata 1858 e ideata per deliziare i palati dei Borbone, è nata la formula moderna di un amaro che oggi viene esportato nel mondo, dal Giappone alla Russia fino in Africa.
Il Real Giardino Inglese. Una storia di raccolta e coltivazione
Il giardino che circonda la Reggia, infatti, aveva in passato una triplice funzione: in primo luogo assicurava le attività all'aria aperta della famiglia reale e di tutta la corte. Ma era anche utilizzato per l'acclimatamento, lo studio e la catalogazione delle specie che giungevano dall'Asia e dai nuovi mondi. E poi c'era l'orto, con le sue serre, per soddisfare le richieste, talvolta veri e propri capricci, dei reali. È noto, infatti, che la regina amasse le fragole e ne pretendesse grandi quantità anche a dicembre e nel periodo invernale. Un'altra importante filiera era dedicata ai meloni, di cui la corte era golosissima.
Inoltre, le piante, catalogate secondo le leggi di Linneo e impiegate per adornare i giardini di tutta Europa, fornivano al giardino un ingente introito economico perché il commercio dei semi era estremamente fiorente. La manutenzione del giardino era quindi autofinanziata dalle sue coltivazioni, almeno fino all'Unità d'Italia.
Dall'abbandono alla rinascita
Negli ultimi centocinquanta anni, invece, si è assistito a un progressivo decadimento di questa meraviglia floreale. Costi di manutenzione troppo onerosi, incuria, abbandono e, non ultimo, il bombardamento del 1943, rischiavano di compromettere la fruibilità di tutto il complesso Vanvitelliano. Più di recente la direzione illuminata di Mauro Felicori – avviata nel 2015 e ahinoi bruscamente interrotta nell'autunno 2018 – ha svelato al mondo la Reggia per quello che è: una delle destinazioni più affascinanti d'Italia, chiamata a investire sul prestigio del proprio brand. Così è nata per esempio la collaborazione con il Consorzio della Mozzarella di Bufala Campana dop, che oggi paga l'affitto – 80mila euro all'anno - per la concessione delle Cavallerizze, ripensate come sede di rappresentanza del consorzio stesso.
Foraging alla Reggia
E pure l'accordo con l'Antica Distilleria Petrone, vincitrice del bando per selezionare un produttore di liquore in grado di ripristinare l'antica ricetta dell'amaro di corte, con le erbe del Real Giardino Inglese. Siamo andati a indagare sul campo, per una giornata di foraging decisamente unica.
a cura di Saverio De Luca
montaggio video di Martina Molle