I food influencer che recensiscono i piatti in auto non hanno capito niente dei ristoranti

12 Set 2024, 16:15 | a cura di
Separando il pasto dal luogo, i "critici gastronomici" statunitensi che recensiscono cibo nella propria auto non colgono il quadro completo dell’esperienza

Il Washington Post ha pubblicato un lungo articolo a firma del veterano food editor e reporter Tim Carman sui food critic che si esprimono dalle proprie auto. Il genere della critica gastronomica filmata dall'interno dell'automobile e pubblicata sui social è emerso con l'ascesa di piattaforme video dai filmati brevi, come TikTok e Instagram. Social che hanno democratizzato il gioco delle recensioni gastronomiche ben oltre quanto i primi blog erano riusciti a fare. Basta una vettura, una fotocamera per smartphone, un po' di esperienza nel montaggio video e una personalità che si esprime dal piccolissimo schermo.

Le recensioni in auto

Seduto al volante della sua automobile, Keith Lee estrae un intero pesce "snapper" fritto dal cartoccio di stagnola, facendolo penzolare per la testa davanti alla telecamera. L'influencer food più seguito su TikTok, ispeziona il pesce appena acquistato da Cane, popolare ristorante caraibico di Washington, D.C. «Non l'ho mai visto presentato così», esordisce laconico ai suoi 16,6 milioni di follower. Poi piega il pesce all'altezza della coda e gli dà un bel morso. «E solo un pesce», sentenzia. «Comunque a questo snapper fritto assegno un punteggio di 7,9 su 10». Il critico gastronomico ormai divenuto virale, tra i più popolari su TikTok, pubblica regolarmente le sue recensioni di cibi soul food e esercizi di proprietà di neri, perlopiù dall'abitacolo della sua autovettura.

@keith_lee125

Quello che molti fan di Lee forse non sanno, però, è che a quel ristorante caraibico Lee non ha ordinato semplicemente un pesce intero fritto, bensì l'escovitch, un piatto giamaicano che prevede un intero snapper fritto e tradizionalmente servito con un caleidoscopio di ortaggi sott'aceto. Il termine è una storpiatura del vocabolo spagnolo escabeche che significa "marinato in aceto" che durante la dominazione aragonese a Napoli diventa "scapece"). Quando viene presentato al tavolo del ristorante, l'escovitch di pesce arriva sommerso da un groviglio di verdure sott'aceto appunto: peperoni, cipolle affettate, un nonnulla di scalogno e uno spicchio di lime da spremere all'ultimo. È un'esplosione di colore e di diverse consistenze. Il pesce viene sempre servito con una salsa di culantro (non è un refuso) ricavata da un'erba popolare nei Caraibi. La salsa e i contorni sono preparati e impiattati per essere abbinati al pesce, dice al Washington Post la propietaria del Cane, Jeanine Prime, «L'escovitch consiste essenzialmente nel contrasto delle verdure e l'agro dell'aceto, che compensano il grasso del pesce fritto. È un elemento importante del piatto che non viene affatto comunicato nella recensione di Lee».

L'Effetto Keith Lee

I video di Lee sono così influenti che una sua buona recensione può decretare l'immediato successo di un locale, un fenomeno noto come il Keith Lee Effect. Infatti Prime sa bene che dare un bel morso a un pesce fritto è più suggestivo che aprire una serie di contenitori e assemblare un boccone composto da pesce e verdure davanti alla telecamera fissata sul cruscotto. Ormai chi critica il cibo dal sedile della propria auto deve poter entrare nell'inquadratura delle piccole fotocamere del cellulare. La visione condensata del dispositivo all'interno dell'abitacolo del veicolo diventa una metafora delle recensioni stesse: si filtrano i dettagli più complicati e, di conseguenza, non si coglie il quadro generale.

Critici gastronomici pre-TikTok

Quando i media tradizionali controllavano gran parte delle notizie e delle opinioni che raggiungevano il pubblico, gli editor fungevano da gatekeeper. «Quando alla fine degli anni Novanta sono diventato redattore capo della sezione Food del Houston Press», racconta Carman nell'articolo sul Washington Post, «uno dei miei primi compiti è stato quello di filtrare i curricula per assumere un critico di ristoranti. Quelli che passavo al setaccio erano a volte dei capolavori di autopromozione, che trasformavano la scarsa esperienza in qualifiche di ferro. Alcuni candidati erano convinti di essere qualificati semplicemente perché amavano mangiare». Poi è arrivato internet che ha capovolto o ruoli. La stragrande maggioranza dei critici gastronomici oggi non deve presentare alcun curriculum, si autoproclama tale e basta. Basta digitare "food critic" nella barra di ricerca di TikTok che lo schermo è invaso da uomini (mai donne, ma questo è un altro discorso) seduti nelle loro auto, che esprimono opinioni sul cibo che stanno mangiando. Parte dell'attrazione, continua Carman, è il legame implicito tra influencer e utente, forgiato dall'inquadratura stretta e dall'ambiente minuscolo dell'automobile.

Il food influencer 2.0

Il critico gastronomico 2.0 infatti è ripreso dalla vita in su, con tagli rapidi che possono zoomare su un singolo morso o, nel caso di Lee, su un singolo bulbo oculare che ci fissa, sfocato. «L'intimità col critico è eccessiva. Viene voglia di fare un passo indietro», dice in merito Pete Wells, storico critico gastronomico del New York Times di recente ritiratosi dalla scena. Keith Lee è fra i più conosciuti. Ma altrettanto famosi su TikTok sono @lifeofcian, @waynedang, @shawnfoodreviews7 e molti altri. Le loro recensioni, goffe o autorevoli che siano, sono seguite da milioni di utenti. Gli approcci sono diversi, come lo sono gli individui. Lee ha uno stile quasi zen, l'emissione è monotona (volutamente). Al contrario, Rashad Mooreman (alias @Mr.ChimeTime) è un critico severo e spesso provocatorio che ama le sfide. Come quando ha mangiato un intero maiale arrosto nella sua macchina (https://www.tiktok.com/@mr.chimetime/video/7409446042145443103). Luke Collins, invece, che esprime le sue opinioni sotto il nome prosaico di @lukefoods, e che ricorda il personaggio di Kevin di The Office, emana un'energia più da cucciolo.

@lukefoods

Alcune esperienze non si possono gustare in auto

Negli Stai Uniti ormai è consueto vedere food influencer su quattro ruote intenti a consumare (e recensire) bistecche tomahawk, granchi blu del Maryland, piatti di frutti di mare Cajun, vassoi multiporzione di lechon filippino e altre specialità che perdono tutto o quasi se consumati nell'abitacolo dell'utilitaria. Senza un pesante tagliere e un coltello da bistecca, senza la carta marrone stesa sul tavolo da picnic e un secchio di ghiaccio per le birre a portata di mano, senza la musica del violino e della fisarmonica in sottofondo, senza i propri cari con cui condividerli, questi pasti sono esperienze monche, scarificate.
È raro mettersi "a nudo" su queste piattaforme, ma è piacevole quando un car food critic, fa una confessione ai suoi follower. Un esempio: a luglio, Collins ha messo un seafood boil (assortimento di crostacei, molluschi, patate e mezze pannocchie di mais bollite) in un vassoio di alluminio per gustare il tutto nella sua auto. L'assurdità del compito non gli è sfuggita: l'influencer cercava di estrarre la polpa da una chela di granchio mentre teneva in equilibrio il vassoio gigante sulle ginocchia. Ha mantenuto il sorriso durante tutta la prova, fino alla sua ammissione finale alla fotocamera (e al suo milione di follower): «Per quanto possa sembrare divertente, non lo è». Ha poi concluso, «Non fatelo in macchina. È letteralmente un supplizio. Ho pagato 86 dollari ed era tutto buonissimo, ma [non lo farò] mai più». (link al video: https://vm.tiktok.com/ZGeK9ToKp/)

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