Il 27 marzo 1975 veniva proiettato nelle sale il primo dei 10 film della saga di Fantozzi, diretto da Luciano Salce e tratto dall'omonimo - leggendario - romanzo edito da Rizzoli nel 1972 e scritto dal suo protagonista stesso, Paolo Villaggio. Una serie mitologica delle "mostruose" avventure dei perdenti della società, primo fra tutti il Ragionier Ugo Fantozzi "matricola 7829/bisss", impiegato dell'ufficio sinistri della società ItalPetrolCemeTermoTessilFarmoMetalChimica, affiancato dalla dimessa e sottomessa consorte Pina, dalla figlia "scimmiesca" Mariangela, dall'inseparabile - trascinante - compagno di avventure ragionier Filini. 10 film il cui linguaggio sarebbe entrato nei vocabolari (come è successo all'aggettivo "fantozziano" nel 1977) e che hanno scattato un'istantanea arguta e implacabile dell'Italia "impiegatizia" a cavallo fra tre decenni, dei divari sociali, della meschinità umana, con una comicità sarcastica, cinica, amara, talvolta struggente, sempre geniale.

Per l'anniversario il film sarà riproiettato in versione restaurata in numerose sale italiane, in primis al Barberini di Roma dove ci fu “la prima” il 27 marzo 1975, ma le iniziative in merito non finiscono qua. E tra quelle imperdibili per i devoti al Ragioniere, sempre a Roma, c'è il tour in autobus organizzato dall'Associazione Culturale Conte Mascetti che ripercorre tutti i luoghi cult (dal balcone sulla Tangenziale da cui si cala Fantozzi per prendere l'autobus al volo dopo il rito "sveglia e caffè, barba e bidet" fino alla Megaditta dove lo troviamo murato nelle scene iniziali) con tanto di attestato di partecipazione, tessera associativa, frittatone di cipolle e birrone gelato.
Avanguardia fantozziana
Il cibo è uno snodo frequente nelle disastrose (pardon, mostruose) vicissitudini da cui Ugo esce sempre ammaccato, umiliato, deriso. Tra le scene gastronomiche dalla tragicomicità più esilarante del primo Fantozzi c'è la cena che il Ragioniere riesce a "strappare" alla signorina Silvani - una mastodontica Anna Mazzamauro -, collega nell'ufficio sinistri e suo eterno sogno proibito. L'invito viene accettato grazie a un sadico marchingegno ideato da un sedicente sardo, una giacca che lo strizza al punto di farlo sembrare più magro di 10 chili e più giovane di 10 anni.
E così, dopo un saluto "colpevole" alla devota Pina («Sai che stasera ho una cena con dei dirigenti tedeschi?», «Sembri tu un dirigente»), eccolo di fronte a Sayonara, un ristorante giapponese "di apertura recente" che, riavvolgendo il nastro fino alla metà degli anni Settanta, è una trovata eccezionalmente "avanti", visto che in tutta Italia e nella stessa Roma a quei tempi gli asiatici si contavano sulla punta delle dita di una mano. La signorina Silvani arriva acchittata da geisha e con in braccio l'inseparabile Pierugo "squittendo" vezzosa «è un pechinese, col Giappone siamo lì». Il cagnolino sarà consegnato da Fantozzi alle cure della cameriera raccomandandosi maldestramente di dargli da mangiare: «lui cibo, mangiare, preparare cena». Ed è l'inizio della fine.
La vasca delle triglie e la dittatura delle bacchette alla cena dello spasimante perdente
Gli inizi promettono bene: occhi negli occhi scomodamente inginocchiati sui tatami, Fantozzi fa sfoggio della sua virilità e della sua cultura orientale ingollando del sakè bollente (non senza conseguente fumo dalle orecchie), inscena un coreografico "tiro del piatto", arrivato incandescente in tavola e che lo costringe a raffreddare la mano ustionata nella vasca delle triglie che troneggia al centro della sala, sfodera sguardi languidi nel vano tentativo di pronunciare la definitiva dichiarazione d'amore.
Ma sarà proprio quello della triglia cruda («la farà alla livornese», ipotizza speranzoso lui) il momento dal quale tutto andrà - cruentemente - a rotoli: il sushimen-samurai la "accetta" viva davanti ai due sotto lo sguardo inorridito della Silvani, i clienti agli altri tavoli intimano loro di usare le bacchette e spazzolare la scodella se non vogliono incorrere in crudeli punizioni (tipo il taglio della mano, come accade a un malaugurato signore vicino che si azzarda ad aiutarsi con le dita), Fantozzi si ingozza per scongiurare il peggio ma la pancia esplode, i bottoni della giacca dimagrante schizzano via e la sua amata esclama schifata «ma lei mi ha ingannato, lei è più ciccione di prima!», per sentirsi rispondere sommessamente nell'ultimo tragico tentativo di scongiurare l'ennesima, umiliante sconfitta «è il cibo giapponese che fa ingrassare. Ha presente... Buddha?». Ma è già tutto andato a rotoli finché - finalmente - non arriva in tavola un arrosto, con sospiro di sollievo della signorina, alla quale, dopo aver poggiato e scoperchiato il vassoio sul tavolo, viene gentilmente riconsegnato il collare di Pierugo. Per dimostrare al mondo e al cielo di non essere un "assassino di pechinesi", Fantozzi si calerà nei panni del Messia in una commovente (nel senso che si ride fino alle lacrime) crisi mistica fino a buttarsi nella vasca delle triglie e "camminare sulle acque" declamando la moltiplicazione del riso bianco («il pane è vietato!») e dei pesci. Amen.
foto di copertina contemascetti.it