Per gli amanti dei formaggi può essere una cattiva notizia, ma chi soffre di intolleranza al lattosio non deve rinunciare proprio a tutto, né andrà incontro a carenze alimentari. Questo zucchero complesso si nasconde in molti prodotti del supermercato, ed è circondato da diverse credenze sbagliate: ecco sette falsi miti sul lattosio.
I falsi miti sul lattosio
Carenza di calcio
Eliminando il latte non si va incontro a nessuna carenza. Il calcio si trova anche nelle crucifere, le verdure a foglia larga, il sesamo, le mandorle, la soia e i suoi derivati, il salmone.
Divieto di mangiare formaggi
Sono diversi i formaggi naturalmente senza lattosio: questa caratteristica è dovuta al processo produttivo, come la stagionatura, che può ridurre di molto il contenuto di lattosio, fino ad arrivare a meno dello 0.01%. Il Ministero della Salute in Italia ha stabilito che l’indicazione «senza lattosio» può essere utilizzata solo per prodotti caseari con un residuo di lattosio inferiore a 0.1 grammo per 100 grammi. Qualche esempio sono l’Asiago Dop, il Gorgonzola, il Parmigiano Reggiano, il Pecorino Romano o l’Emmentaler.
Il latte di capra non contiene lattosio
Si è diffusa nel tempo questa idea errata, ma il latte di capra contiene lattosio in una percentuale molto simile a quella del latte vaccino: si parla di 4.2/4.3 grammi di lattosio per 100 grammi di latte per quello di capra, 5 grammi per quello di mucca.
La mozzarella di bufala è senza lattosio
Di nuovo, le cose non stanno proprio così. È vero che la mozzarella di bufala campana Dop (attenzione, si parla solo di quella certificata) ha un contenuto di lattosio molto basso, ma non ne è del tutto priva. Stiamo attorno agli 0.4% su 100 grammi di prodotto finito (dati riportati dal Consorzio di tutela mozzarella di bufala campana Dop): per essere considerato lactose free, però, un alimento deve contenere meno dello 0.1% di lattosio. Magari può risultare meno pesante per gli intolleranti, ma per stare sicuri si può optare per le apposite alternative lactose free.
«Sono molto intollerante»
Per scoprire se si soffre o meno di intolleranza al lattosio bisogna eseguire il Breath Test, il test del respiro: vengono raccolti dei campioni di aria espirata dal paziente prima e dopo l’ingestione del lattosio, a intervalli regolari per una durata totale di quattro ore. Se la lattasi non è presente, nell’intestino partono dei processi di fermentazione e produzione di gas, rilevati attraverso il test. Questo esame, però, non dice quale sia il livello di intolleranza: a stabilirlo, in caso di problematiche più serie, saranno i medici a seconda della storia clinica del paziente.
I prodotti senza lattosio sono più «leggeri»
Non esiste alcun beneficio nell’assumere prodotti senza lattosio se non si è intollerante. Il latte delattosato – sottoposto a un processo di idrolisi che scompone il lattosio nei suoi zuccheri, glucosio e galattosio, in modo da renderlo più digeribile – è utile solo nel caso di assenza di lattasi, l’enzima che scinde naturalmente il lattosio e che nelle persone intolleranti è mancante.
Un’intolleranza passeggera
Questo è vero solo in parte: esistono dei casi in cui la lattasi si riduce in seguito a una malattia (una gastroenterite, per esempio, o altre malattie infiammatorie dell’intestino) o un intervento, per cui l’intolleranza diventa solo una condizione transitoria. Per tutti gli altri, invece, l’enzima non tornerà a sorpresa: con una dieta equilibrata, qualche aiutino (esistono in farmacia delle pillole di lattasi per facilitare la digestione) e un po’ di accortezze, però, si può convivere serenamente con l’intolleranza al lattosio.