Quando si parla di oro nero ci si riferisce sempre ad arabica e robusta, le due specie di coffea (arabica e canephora) che danno vita a miscele e monorigini. In verità, però, le specie botaniche del caffè conosciute a oggi sono 124: lo dice uno studio del World Coffee Research, l’organizzazione di ricerca e sviluppo senza scopo di lucro dedicata al settore del caffè. Alcune di queste specie negli ultimi anni hanno destato l’attenzione degli addetti ai lavori durante i concorsi internazionali di caffetteria, gare in cui i concorrenti hanno deciso di puntare su qualcosa di diverso. A raccontarlo è Davide Cobelli, coordinatore nazionale di Sca Italy, la Specialty Coffee Association: “Si tratta di specie già esistenti in passato, ora recuperate soprattutto nel mondo specialty”, ovvero quel segmento di torrefattori, baristi e professionisti impegnati nella diffusione dei caffè di qualità.
Oltre l’arabica: l’eugenioides e gli incroci
Una ricerca non così diffusa, quella sulle specie, “legata perlopiù al mondo delle competizioni” che poi però “fornisce spesso lo stimolo ai torrefattori per vendere prodotti diversi”. La più nota tra queste specie è l’eugenioides (coffea eugenioides), originaria dell’Africa orientale ma attualmente coltivata soprattutto in Colombia. La bevanda che se ne ricava ha un profilo aromatico tutto floreale, “sembra un infuso di gelsomini a dire il vero, la parte caratteristica del caffè viene un po’ a mancare”, ma è senza dubbio un prodotto interessante su cui lavorare. È un caffè raro, l’eugenioides, “costosissimo e non accessibile a tutti”, almeno per il momento. Bisogna pensare quindi ad altre alternative per contrastare i danni del cambiamento climatico sulle piante di arabica: soluzioni “che non necessariamente comprendano altre specie, ma anche incroci”. Come si fa da un po’ di anni a questa parte con la tecnica del backcrossing: si incrociano le piante di arabica e robusta e il risultato ottenuto viene incrociato ancora con un’altra varietà di arabica. Funziona? “Sì, e bene anche. Si ottengono caffè molto buoni”.
Tempo di investire anche sulla robusta
Il frutto di questi incroci è un caffè arabica a tutti gli effetti, che può essere venduto come tale, “al prezzo solito di una buona arabica”. Nel frattempo, si lavora anche sulla robusta, sorella minore che gode di una reputazione meno felice dell’arabica. Una specie coltivata maggiormente nella zona ovest dell’Africa e nell’estremo Oriente, con i chicchi dalla forma più arrotondata e il gusto corposo, tendente all’amaro. Da sempre considerata di qualità inferiore rispetto all’arabica e in effetti meno pregiata, la robusta è ora sotto i riflettori (e sotto la lente di ingrandimento degli esperti) per cercare di ottenere bevande migliori. D’altro canto, generalizzare non è mai un bene quando si parla di prodotti agroalimentari, e così anche la robusta può avere una sua dignità, “si sta investendo molto su questa specie, l’obiettivo è quello di raggiungere risultati qualitativamente superiori rispetto a quanto accaduto fino a oggi”. Certo, non sarà facile paragonare un caffè 100% arabica e uno 100% robusta, “ma in mezzo esistono moltissime sfumature”. Ognuna con una sua funzione e con un suo posto nel mondo.
a cura di Michela Becchi