Come convincere le persone a ridurre il contenuto di carne? Semplice, basta non definire gli alimenti “vegani”. Uno studio condotto dalla City University of New York ha dimostrato che le persone sono più allettate da un prodotto che si spaccia per “salutare” o “sostenibile” piuttosto che vegetale.
Le etichette vegan non funzionano
«Le etichette che enfatizzano i benefici di un prodotto potrebbero essere molto meglio di quelle che pongono l’accento sul contenuto di un prodotto, specialmente quando si tratta di cibi vegani» ha spiegato Patrycja Sleboda, a capo del gruppo di ricerca che ha condotto l’esperimento su base nazionale coinvolgendo più di 7mila americani, a cui è stata data la possibilità di scegliere tra cesti regalo con o senza prodotti animali. I cesti senza carne erano etichettati in maniera diversa tra loro, alcuni come “vegani”, altri “vegetali”, “salutari”, “sostenibili” o anche “vegani e sostenibili”.
Solo il 20% dei partecipanti ha scelto i cestini “vegani”, il 27% quelli “vegetali” mentre la maggior parte – più del 40% - ha optato per “salutari” e “sostenibili”. Un dato che potrebbe essere significativo per il mercato plant-based, che potrebbe puntare proprio su nomi diversi per catturare di più l’attenzione del pubblico. «Non parliamo di nascondere il contenuto del prodotto» ha specificato Wändi Bruine de Bruin, tra gli autori dello studio, «durante la nostra ricerca abbiamo descritto ogni singolo prodotto presente nel cestino, solo non lo abbiamo etichettato come “vegano”».
Chi ha paura dei prodotti vegani?
Ma perché la parola “vegano” è così respingente? I ricercatori hanno notato che il termine viene spesso associato a qualcosa di negativo, in parte perché potrebbe evidenziare qualche mancanza nel prodotto, anziché sottolinearne i benefici. «Quando si parla di “sostenibile” o “salutare” il prodotto diventa immediatamente più attraente, forse perché è un’aggiunta, anziché una carenza». Insomma, descrivere un cibo “con vantaggi” per l’ambiente o la salute funziona di più che etichettarlo come “senza uova e latte”.
Le considerazioni da fare, però, sarebbero molte altre: il senso di colpa che spesso scaturisce dai dibattiti con persone vegane, l'automatica dissociazione tra animale e carne che avviene nella nostra mente quando ci mettiamo a tavola, e che un'etichette verde mette in evidenza e ci costringe a guardare, e anche lo scetticismo ancora diffuso verso alcuni prodotti come soia, seitan e simili. Ma lasciamo che siano gli scienziati a tirare le somme.
Le etichette d'avvertenza
L’obiettivo dello studio era quello di cercare un modo per convincere sempre più americani a ridurre il consumo di carne, ma sembra che a prescindere dalle etichette, i cestini più popolari siano stati comunque quelli con prodotti animali. «Se vogliamo cambiare davvero le cose, allora la strada da fare è ancora lunga» ha aggiunto Jack Hughes, ricercatore e psicologo dell’università di Durham, in Inghilterra, da tempo impegnato nello studio delle etichette alimentari.
Hughes si è concentrato soprattutto sui pacchetti di sigarette e le immagini a corredo, che pensa potrebbero essere utili anche sulle confezioni di carne, magari mostrando la correlazione tra allevamenti intensivi e inquinamento (in Inghilterra, c'è già chi sta sperimentando questa tecnica, con buoni risultati) «Concentrarsi sulle conseguenze dei comportamenti degli individui è importante, ma l’informazione deve essere accattivante, credibili e facilmente comprensibile da tutti».