Recenti indagini statistiche avrebbero rilevato la sostanziale inefficacia delle etichette di avvertenza sui pacchetti di sigarette decretando così la loro inadeguatezza come strumento di sensibilizzazione dei consumatori. Per questa ragione, sorprende quanto scoperto da alcuni ricercatori inglesi: sui carnivori l’etichettatura d'avvertimento funzionerebbe eccome.
La ricerca
Uno studio condotto dal dipartimento di psicologia dell’Università di Durham ha rilevato come un’etichettatura simile a quella disposta per i prodotti a base di nicotina sarebbe in grado influenzare le decisioni dei consumatori. Immagini, grafiche, scritte accrescerebbero la consapevolezza inerente i rischi o i danni per la salute dell'uomo e del pianeta derivanti da alcune scelte di acquisto. In questo caso però, l’analisi non riguarda il fumo, bensì la carne. Addirittura, sarebbe considerevole l’impatto relativo ai pasti a base di proteina animale. Nello specifico, la squadra coordinata dal professor Mario Weick e il dottor Milica Vasiljevic ha sottoposto diverse immagini di pasti caldi aventi etichette d’avvertenza sulla salute, sul clima e sulla pandemia (ma anche senza) a un insieme di 1001 adulti, abituati a mangiare regolarmente carne, dopo averli suddivisi in ben quattro categorie.
In seguito, è stato loro domandato di prendere 20 decisioni differenti su combinazioni diverse di pasto, cercando di acquisire dagli intervistati anche un feedback sull’attendibilità e la credibilità dell’etichettatura. Fra le numerose informazioni raccolte dagli studiosi, le più rilevanti registrano le intenzioni d’acquisto future dei soggetti. Risposte che potrebbero avere un impatto incredibile sulla salute pubblica.
Risultati sorprendenti
A sorprendere di questo studio è la capacità persuasiva dello strumento di sensibilizzazione (che al contrario fino ad oggi avrebbe fallito in rapporto al tabagismo); in seguito alla visione delle immagini, diversi individui sarebbero stati disincentivati dall’assecondare le loro abitudini precedenti in fatto di alimentazione: infatti, come dichiarato dai ricercatori, dal 7 al 10% del campione intervistato (tutti mangiatori di carne) ha scelto la combinazione vegetariana. Inoltre, dagli studi risulta anche l’accettazione collettiva nei confronti di un’eventuale implementazione regolatoria comprensiva di campagne ed etichette di prevenzione di questo genere.
La speranza è l’ultima a morire
Nel complesso, il materiale raccolto a Durham potrebbe alimentare lo sforzo futuro di autorità e istituzioni nel cercare una soluzione a uno dei flagelli del nostro tempo, l’emissione inarrestabile di gas serra la cui responsabilità può ascriversi a pratiche dell’uomo come il consumo assiduo ed eccessivo di carne.
Foto di Jo-Anne McArthur