“Sono un ottimo cuoco, ma per Sanremo mi metto a dieta. L'Amatriciana? È abruzzese”. Intervista al maestro Enrico Melozzi

11 Feb 2025, 16:23 | a cura di
Direttore d'orchestra, violoncellista, compositore, ma anche amante del buon cibo. Il maestro Enrico Melozzi racconta la sua routine culinaria in attesa del Festival di Sanremo

È uno dei veri protagonisti del Festival di Sanremo degli ultimi anni. Non ha nemmeno cinquant’anni e ha seguito una marea di artisti come Måneskin, Ghali, Noemi, Gianluca Grignani, Achille Lauro. Quando deve orchestrare esagera, e lo fa anche con il cibo. Se dovesse mai scegliere lui un modo per morire, lo farebbe abbuffandosi di gorgonzola. Tutti i segreti culinari di Enrico Melozzi, direttore d’orchestra del Festival di Sanremo.

Che mangiatore è?

Onnivoro, mi piace tutto. Come nella musica: mangio tutto, tutti i generi musicali, li mastico e li digerisco anche.

Fra tutti gli artisti e musicisti con cui ha avuto a che fare, qual è stato il suo miglior commensale?

Gianluca Grignani. Penso sia la persona con cui ho condiviso di più i pasti. A lui piace molto mangiare e mi ha portato in diversi posti vicino casa sua dove ci sono trattorie particolari. È stato anche ospite dai miei in un cenone di Natale a Teramo, dove sono nato, e poi ho vissuto a casa sua per due mesi.

E cosa si è mangiato in quei due mesi?

Di tutto e a tutte le ore. Sempre cibi di altissima qualità: carne, pesce, insalatone, abbiamo anche fatto la dieta insieme per arrivare a Sanremo, abbiamo condiviso momenti di gioia e quello drammatico in cui togliere i carboidrati, i grassi, la vita mia è sempre costellata da questi momenti in cui mi sfogo, e lunghi momenti in cui mi privo di zuccheri, di gelato, di cui io vado pazzo.

E quando accadono questi momenti di privazione?

Quando c’è il confronto con la telecamera, quella dice sempre la verità. Cercare di arrivare all’evento in salute, mangiare poco, ti dà più energie paradossalmente.

E ora che si avvicina Sanremo qual è la sua routine culinaria?

Salto la colazione, al massimo un cappuccino decaffeinato senza zucchero, o con dolcificante. Per pranzo poi a me piace molto mischiare carne e pesce, quindi un antipasto di pesce buono fresco, o un’insalata di mare, magari con le patate come le fanno a Sanremo, anche con un po’ di pesto, e poi per secondo un filetto in modo tale da mangiare cose pregiate ma non ingrassanti.

E quali ristoranti frequenta a Sanremo durante il Festival?

 Al ristorante Tipico sono un cliente fisso da sempre, uno dei posti più apprezzati dal mondo discografico, ha un altissimo livello di cucina.

E cosa mangia da Tipico?

Mi piace molto un minestrone sanremese. E poi a gara inoltrata, quando ormai sono salvo (sorride, ndr.) mi concedo il loro zabaione come dolce, che è una cosa veramente spettacolare.

Insomma, si è capito che le piace mangiare. E cucinare?

Certo, sono un ottimo cuoco anche se non cucino spesso perché sono molto in giro.

Qual è il suo piatto forte?

L’amatriciana che si riconduce alla tradizione romanesca, ma a me piace rivendicare come abruzzese perché fino al 1927 Amatrice era in provincia de L’Aquila, poi è entrata a far parte del Lazio, ma quando la ricetta nasce, nasce in Abruzzo.

E ci dica la sua versione.

Guanciale non pancetta, altrimenti vi spezzo le mani (sorride, ndr), quello ottimo abruzzese, pecorino anche questo abruzzese, pasta buona come quella trafilata al bronzo, ma si può fare anche con la pasta all’uovo. Si fa soffriggere il guanciale a fuoco lento, si deve sciogliere del tutto, poi si mette salsa di pomodoro, ma prima di metterla bisogna sfumare il guanciale ormai sciolto con dell’aceto di mele o di vino, è questo il mio trucco.

Opera di un suo esperimento?

No, di Gino Bramieri. L’ho ripreso da una ricetta antica riportata su una vecchia collezione di piatti che avevo. Questo trucco serve per evitare di sentire il selvatico del guanciale che in quel momento si controbilancia e diventa una prelibatezza.

Altro trucchetto?

Mi piace farla molto con i pomodori dolci, ciliegino o pachino, così diventa un piatto rapsodico, sinfonico dove non senti i monotoni, ma tutto lo spettro dell’orchestra sinfonica.

E da chi ha imparato la sapienza in cucina?

Sono figlio di un padre che non è cuoco professionista ma è molto più bravo di altri professionisti.

Addirittura?

Sì! Mio padre ha iniziato da bambino quando viveva in campagna con mia nonna che, oltre a sfamare undici figli, sfamava anche i contadini che lavoravano per mio nonno, e poi tutti i parenti che satellitavano in casa o i viandanti a cui dava da mangiare, insomma mia nonna cucinava per almeno sessanta persone e mio padre era l’addetto alla spesa, andava a comprare quello che serviva e non c’era nell’orto. Ha imparato guardando mia nonna cucinare.

C’è un piatto dell’infanzia che le preparava sempre suo padre?

Il timballo alla teramana. È il top del top, è uno degli esempi di virtuosismo in cucina.

E le virtù teramane suo padre gliele prepara?

Mio padre mai fatte, ma le fa mio zio Ginesio, un altro genio della cucina in particolare delle virtù. Lui ha un quadernone a righe dove c’è scritta la ricetta che occupa tutto il quadernone, è descritto tutto il procedimento che inizia cinque mesi

Addirittura?

Sì, perché prima bisogna andare a comprare gli ingredienti nel periodo giusto, poi magari congelarli per poi avere tutto pronto per il 1° maggio. La cottura, poi, inizia anche quattro giorni prima: si cuociono separatamente degli ingredienti e poi si fa cottura finale insieme. Questa è un’opera lirica dove si mescolano scenografia, luci, canto, orchestrazione, sinfonia, il testo, i costumi, piena di tanti differenti elementi che creano poi un unicum finale, una cosa raffinata e non c’entra nulla con il minestrone.

In un’intervista al Corriere della Sera ha raccontato che durante la lavorazione dell’arrangiamento di Rolls Royce ha dormito nella villetta di Achille Lauro e che c’era un cuoco che cucinava per tutti. Ci racconti un po’.

C’era un cuoco che cucinava per tutti i presenti nella casa che in quel momento era una piccola fabbrica della musica, dove c’erano diversi personaggi che lavoravano a più cose musicali. La cosa del cuoco mi colpì molto perché trovo che sia un modo intelligente ed economico, anziché andare tutti al ristorante. Ricordo che cucinò un risotto spettacolare.

C’è stato un momento in cui il cibo è stato una salvezza per lei?

Quando ero piccolino mangiavo molto poco. Poi ebbi un incidente molto grave e ho passato due anni quasi in ospedale ed è stata durissima, ma ricordo che, quando ero ricoverato all’ospedale di Perugia, un giorno mi portarono un semplicissimo pollo bollito, io mi entusiasmi per questo pollo, mi piacque tanto che per anni mia mamma me lo continuava a cucinare anche quando non ero in più ospedale. Era un collegamento con una sensazione positiva che avevo provato in ospedale. Per anni è stato uno dei miei piatti preferiti.

Beve vino?

Poco, quasi nulla, e se lo bevo preferisco il rosso molto strutturato, mi piace un rosso intenso con personalità. Prediligo i vini abruzzesi: Inferi, Marina Cvetic, Valentini, queste cantine di livello straordinario.

Quindi non è uno di quelli che teme l’alcol test con le nuove norme Salvini del codice stradale?

Quasi impossibile trovarmi alterato, ho sempre tutto sotto controllo e se non ho il controllo della realtà vado in ansia. Bevo acqua liscia.

Quale?

La Lauretana. È la più buona che ci sia al mondo.

Come mai?

Ha un residuo fisso quasi pari a zero, inesistente, liscissima, e se tu bevi solo Lauretana anche quando sudi, il sudore si polverizza, evapora subito.

Come spende i suoi soldi in cibo?

Faccio spese online gigantesche. In questa fase compro paste chetogeniche, pane con zero carboidrati. Ho speso una fortuna in gorgonzola!

Ne è ghiotto?

Se un giorno dovessi mai sapere il momento della mia morte, spero di anticiparla morendo mangiando gorgonzola.

C’è qualche altro cibo a cui proprio non rinuncerebbe?

Il gelato. Sono capace di mangiarne due chili. Vivendo a Roma, vado da Giolitti o da Fassi che ha un mango degno di nota.

Gusti preferiti?

La nocciola, ma anche pistacchio, fragola, zabaione, cioccolato fondente.

In quali altri posti va a mangiare a Roma?

Hang Zhou da Sonia, a mangiare cucina cinese, o da Kiko, il giapponese. E poi mi piace moltissimo andare al Mercato Centrale, che credo abbia cambiato le sorti del quartiere Esquilino. Poi vado spesso da La Matriciana di fronte al Teatro dell’Opera, oppure da Alfredo Alla Scrofa a mangiare quelle fettuccine stupefacenti.

Che rapporto ha con il cibo?

 Quando orchestro esagero, se devo mettere una chitarra elettrica poi ne metto cinque, per dire. La stessa cosa è con il cibo, questo modo di essere mi porta a essere sproporzionato anche nelle dosi e credo che il gusto di un cibo cambi, è più buono se la quantità di un boccone è tanta.

Guarda i programmi di cucina?

No, perché poi mi viene fame, quindi evito.

E se le capitano dei reel di ricette sui social?

Scrollo.

Ristorante o trattoria?

Dipende dal periodo, se c’è trattoria di livello preferisco, se vado nei ristoranti gourmet e mi porti i piattini con un centimetro quadrato di cibo mi incazzo.

E cos’altro la irrita di un ristorante?

Il cameriere che ti deve spiegare il piatto, perché non mi piace essere interrotto. Non mi interessa, mi interessa mangiare, poi al limite ne parliamo.

Allora a questi camerieri niente mancia?

La do a quel cameriere che mi fa meno domande possibili, quello che mi guarda e capisce al volo cosa mi serve senza che io parli. Diventa il mio idolo.

Se il suono del violoncello, il suo strumento principale, fosse il suono di una cucina, cosa sarebbe?

Il violoncello ha tante sfumature, potrebbe essere il rumore di tutta la cucina perché ha sia suoni bassi che acutissimi, quindi potrebbe essere il fischio del bollitore quando raggiunge il punto di ebollizione, o il rumore più grave del forno che si apre e fa uscire tutto l’odore e sapore e fumi del cucinato, o ancora il soffritto quando fai il tremolato, il rumore del coltello che si arrota, o anche del mescolare gli ingredienti con una spatola, e anche il rumore di quando mastichi e ti godi qualcosa.

Copertina album Claude Bolling

Uno strumento affine con la cucina, insomma.

Il violoncello è uno strumento meraviglioso perché ha un range di suoni unico. C’è una bellissima copertina di un brano Claude di Bolling scritto per Yo Yo Ma, nella copertina ha una cucina con un violoncello.

Pensa te…

Già!

> Sanremo 2025. Tutte le storie, curiosità e interviste del Gambero Rosso 

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram