Dopo il Dry January, arriva il Dry Dating, e stavolta non si tratta di un solo mese senza alcol, ma di un vero stile di vita. Banco di prova: il primo appuntamento. Esperienza emozionante e difficile al tempo stesso, quasi sempre accompagnata da un calice o due per rompere il ghiaccio e sciogliere un po’ la conversazione. O almeno, così era fino a un po’ di tempo fa, perché ora gli appuntamenti sono sobri, alcol-free. Chi l’ha detto che serve un po’ di vino per scaldare l’atmosfera?
Sobri anche al primo appuntamento
Come sempre, dalle nuove generazioni c’è da imparare: la Gen Z – i nati tra il 1997 e il 2012 – non ha più bisogno di un cocktail per sentirsi a proprio agio. A dirlo è uno studio condotto da Bumble, tra le più famose app di appuntamenti, che ha rilevato che il 34% degli intervistati predilige una cena senza alcol. Anche Tinder ha eseguito un’indagine simile su persone tra i 18 e i 25 anni, riscontrando un calo del 53% su questo fronte: sull’app è possibile inserire diversi filtri per trovare persone da conoscere, e tra questi c’è anche l’interesse per i drink, non più così popolare.
Un bel colpo per noi Millennials – 30 e 40enni di oggi – che abbiamo imparato a socializzare anche grazie alle bottiglie condivise. Ci siamo passati tutti. La prima uscita è un qualcosa che difficilmente si dimentica: le prove degli outfit, la strategia messa a punto con l’amica, soprattutto se si conosce poco o niente la persona da incontrare («chiamami fingendo un’urgenza» «se non ti rispondo entro tal ora, preoccupati» e altri scrupoli che, purtroppo, riguardano quasi esclusivamente la sfera femminile). L’ansia di non piacere, non sapere cosa dire, non trovare argomenti in comune. Ma sì, anche le farfalle nello stomaco, le mani sudate per l’emozione, l’impaccio delle prime volte.
L'alcol non è più un rito di passaggio
Se a 15 anni tutto questo avviene al massimo di fronte a uno dei primi caffè (schiumato, al vetro, con cacao, una bustina e mezzo di zucchero e tutto il necessario per ingurgitare qualcosa che, il più delle volte, neanche piace per davvero), andando più avanti con gli anni le cose cambiano. Si comincia con i primi cocktail – Spritz l’estate, Caipirinha o Sex on the Beach il resto dell’anno, Angelo Azzurro per i veri duri – poi casse di birre comprate al minimarket e scolate in macchina al parcheggio vicino casa, che a quell’età davvero conta la compagnia e non la location, i primi brindisi in famiglia con Prosecco di dubbia qualità; ma a chi importa?
Ci si sente grandi. È un rito di passaggio obbligatorio, o almeno lo era per noi Millenials, svezzati a Bacardi Breezer, le bottigliette colorate che nei primi anni Duemila rappresentavano il grande passo per ogni adolescente, un mix di rum Bacardi, succo di frutta e acqua gassata con una gradazione di solo il 4%, che però non ha mai fermato nessuno dal fingere una sbronza.
Ecco, tutto questo, a quanto pare, non serve più. O almeno non è più una tappa necessaria. C’è chi beve e chi preferisce non farlo, chi sa regolarsi bene, chi si astiene del tutto. Si beve per volontà, non per necessità. Si è passati dal simulare una sbronza per sentirsi fighi all’hangxiety, l’ansia delle conseguenze social che un’alzata di gomito comporta, con tanto di figuracce riprese e postate in rete.
Una cosa però non è cambiata: si cerca l’autenticità. Lo dice il report di Tinder, gigante degli appuntamenti online, che proprio a questo desiderio imputa il calo delle ricerche “interesse per i drink”. Ed era ciò che volevamo anche noi, solo che per essere noi stessi, avevamo bisogno di un piccolo aiuto. Ora le regole del gioco sono cambiate e il giudizio verso chi non beve («goditi la vita» «ma neanche un goccio?» «che santarellina» «che vecchio») non è più accettato.
Le nuove generazioni mettono sempre in crisi. Fanno discutere, talvolta arrabbiare, preoccupare, ogni tanto anche indignare. Ma la verità è che tutto questo avviene perché le cose cambiano, si evolvono, e il nuovo destabilizza. La (silenziosa) rivoluzione sobria dei ventenni è iniziata, con buona pace dei boomer e i loro cibi light ingurgitati con un bicchiere di vino a pasto al suon di «mia madre lo ha fatto ed è vissuta 90 anni», e di noi Millenials che ancora stiamo smaltendo i vodka lemon dei tempi universitari.
Si beve ancora, ma non per inserirsi in un gruppo, tantomeno per fare colpo sulla persona per cui si ha una cotta. Meno che mai per riuscire a trovare qualcosa da dire. Lo si fa se, quando, come e quanto si vuole. Il Dry Dating non è una regola e nemmeno un trend: è un’opzione, un’altra via, un'alternativa. E più possibilità si hanno, più si è liberi.