«Parliamo di vino a Tg2 Post, fenomeno culturale e sociale», introduce Luciano Ghelfi la puntata di TG2 Post dei martedì 16 aprile, intitolata: Made in Italy in Bottiglia. Parte bene, affidandosi al valore economico del vino, perché al netto di voli pindarici e parecchio retorici che spesso affliggono certi settori, bisogna anche essere più realisti del re e parlare di numeri, cifre e fatti incontrovertibili. Dunque: “il vino vale + dell'1% del Pil”. Punto e a capo. In studio ci sono il nutrizionista Giorgio Calabrese, il sommelier Alessandro Scorsone, la giornalista Antonella Boralevi e, in collegamento da Verona, Maurizio Danese amministratore delegato di Veronafiere, che organizza Vinitaly. Argomentare in pochi minuti di vino volendo tracciare un quadro ampio non è facile e si rischia di essere superficiali: si parla di vini dealcolati vero topic di quest'anno, che apre riflessioni su un tema molto attuale che non smette di aprire confronti, come è giusto che sia per un prodotto che porta una rivoluzione nel mondo dell'enologia; il nutrizionista Calabrese sottolinea come il vino sia un alimento liquido al pari di latte e olio, ma richiede un consumo consapevole (ma a digiuno, mai prima dei 18 anni eccetera), Alessandro Scorsone, maestro cerimoniere della Presidenza del Consiglio, ne sottolinea la funzione diplomatica. Insomma: pareva fosse andata liscia con qualche piccola incertezza e invece no, non ce l'abbiamo fatta neanche questa volta a mantenere la linea dritta, perché appena si esce da temi oggettivi - fatturato, internazionalizzazione, percentuali di produzione e di vendita, cambiamenti climatici, informazioni nutrizionali – e si entra nei commenti, lo scivolone tra luoghi comuni, paternalismo, sessismo arriva puntuale, senza una punta di imbarazzo, tra l'altro.
Il vino era una cosa da uomini
«Una volta il vino era cosa da uomini» dice Ghelfi che sottolinea «adesso le donne sono molto più interessate e tra l'altro sono anche protagoniste del mondo del vino come produttrici». Beh, protagonista è una parola grossa: il mondo del vino è un sultanato, con poche donne nei Cda. Evidentemente basta una minima quota rosa per far gridare al miracolo. Ma il bello non è ancora arrivato: Antonella Boralevi che già in precedenza aveva rilevato come il vino negli ultimi 20 anni sia uscito da una posizione subordinata rispetto al cibo «diventando uno strumento di aggregazione sociale» sottolinea «il vino non è uno psicanalista, non è uno strumento di conforto, deve essere un momento di lucidità: lo bevi per godere quel bouquet, quel profumo, quel momento» mentre ormai «la maggioranza delle persone bevono con la bottiglia in mano». Immagine curiosa, non c'è che dire. Ma forse è la nostra fantasia a correre veloce.
Le donne e il vino: una storia di senso di inferiorità
«Il vino era considerato un alimento sia per dimostrare il proprio potere, quindi bevevi nei castelli (e qui ci viene un po' di invidia per i nostri nonni, evidentemente grandi frequentavano castelli), oppure nelle osterie, quando c'erano i fiaschi, vorrei ricordarvi che fino a gli anni '50 i vini italiani stavano nel fiasco». Al netto della ricostruzione storica che pare un po' ardita, questo vale solo per gli uomini; per quanto riguarda le donne il discorso è diverso, perché qui Boralevi si lancia in una considerazione spericolata: «Sul tema delle donne forse conviene guardare le cose un po' in faccia. Abbiamo conquistato tanto, ci mancano ancora tante cose da raggiungere, c'è dentro di noi una specie di sentimento che temo sia genetico: noi non ci sentiamo quasi mai all'altezza».
Ora dire che la sindrome dell'impostore o come si voglia chiamare sia addirittura genetica, pare un'affermazione forte, che manda all'aria un secolo di psicoanalisi. Comunque andiamo avanti: «quando si dice che una donna soffre di solitudine, sì anche gli uomini, però una donna deve sempre combattere con quella parte di sé per cui non si sente all'altezza. Quale è il tema? - a questo punto ce lo chiediamo anche noi – Che le donne spesso bevono come prima si fumava una sigaretta: bevono per darsi un tono. Va benissimo. Torno a dire che prima di tutto noi non abbiamo bisogno di un bicchiere di vino per sapere che siamo persone di valore come voi uomini. Direi di limitarci un bicchiere, una piccola dose e soprattutto mai bere da sole, in casa. Mai». Dunque se una donna beve, lo fa in casa, per sconfiggere la solitudine, afflitta dal senso di inferiorità e con il rischio concreto di cadere nell'alcolismo. Sarebbe già abbastanza, invece no, perché tra una frecciatina di qua e una di là contro i soloni «che gridano delle cose che sul vino c'entrano molto poco», Alessandro Scorsone (a cui evidentemente il caso Barzetti non ha insegnato nulla) chiosa: «il vino è uno straordinario mezzo per conoscere le persone e soprattutto per conquistarle. Ecco perché alle donne piace sempre quando gli viene servito un calice di vino». Amen.