C'è chi lo festeggia al ristorante con un menu speciale (oppure, più semplicemente, i piatti della carta di sempre, come capita in molti ristoranti che scelgono di non proporre menu particolari) e chi, alla cena al lume di candela e i cocktail afrodisiaci, preferisce un buon pasto preparato in casa, magari come sorpresa per il partner. In questo caso, non c'è niente di meglio di un ottimo dessert per concludere con dolcezza. Per realizzarne uno in grado di conquistare anche i palati più esigenti, ci siamo fatti aiutare da uno dei migliori pastry chef d'Italia, in forze a La Pergola di Heinz Beck dal 2004: Giuseppe Amato. Insieme, abbiamo ripercorso la sua storia.
Giuseppe Amato: i primi passi
Gaggi, piccolo comune in provincia di Messina: è qui, nella sua terra natale, che a soli 9 anni Giuseppe inizia a sporcarsi le mani di farina in un ristorante del paese. Usciva di casa alle nove di mattina e rientrava a notte fonda, per pura voglia di lavorare: “I miei genitori non mi hanno mai spinto a farlo, ero io che ne sentivo l'esigenza. Al tempo, non avevo la passione per la cucina, era solo voglia di fare, lavorare, essere indipendente. Il papà di un mio compagno di scuola aveva questo locale, e così ho pensato di buttarmi”. È l'inizio di un'avventura lunga una vita, di un amore ancora tutto da scoprire, quello per la pasticceria, e di un percorso professionale costellato di successi. È un primo, piccolo passo in una strada che ha intrapreso divertendosi, quasi per gioco, e che ancora oggi riesce a farlo sorridere.
Gli stage e la scoperta dell'alta cucina
Dopo, la scuola alberghiera, ma non quella che conosciamo oggi: “Si procedeva per gradi, ogni anno c'era una qualifica specifica, dalla pasticceria alla gelateria”. Seguono gli stage, le continue prove, la ricerca deludente di lavoro negli alberghi, “ero minorenne, non mi assumeva nessuno”. E poi, l'incontro con Salvatore Turrisi, “il primo ad aver creduto in me: è stato lui a portarmi in giro, a farmi varcare per la prima volta lo stretto di Messina”. A 17 anni parte per fare nuove esperienze, dapprima a Passignano sul Trasimeno, poi a Pescasseroli, sempre con Turrisi, fino ad approdare a La Posta Vecchia di Palo Laziale, Roma, con Michelino Gioia, scoprendo per la prima volta quel mondo che lo avrebbe poi conquistato, “la realtà del fine dining”.
Da Ducasse a Beck
Finita la stagione, vola a Londra alla corte di Alain Ducasse, dove rimane per 6 mesi, per poi rientrare a la Posta Vecchia, con l'allora fidanzata e attuale sua moglie, compagna di vita con cui condivide l'immenso amore per la buona tavola. È con lei che si reca per la prima volta a La Pergola per un colloquio, il tempio di Heinz Beck che al tempo aveva ancora Due Stelle, già al centro della scena della ristorazione romana. Inizia così lo stage, un percorso che conta oggi quasi 15 anni, al fianco di Beck, come pastry chef e sous chef di uno dei migliori ristoranti d'Italia.
Il gruppo dei pastry chef
15 anni trascorsi tra una cucina d'eccezione e viaggi intorno al mondo, da Hong Kong a Dubai, e poi la fondazione, insieme a un gruppo di colleghi, del Pass121, associazione di pastry chef nata nel 2016 e volta a far conoscere il ruolo dei pasticceri da ristorazione. E ancora, l'anno successivo, l'ingresso all'AMPI, Accademia Maestri Pasticceri Italiani.
Pastry chef e pasticcere da laboratorio a confronto
Ma qual è la differenza maggiore tra la pasticceria di laboratorio e quella di ristorante? “Io le chiamo sorelle gemelle con capelli diversi: entrambe manipolano gli stessi ingredienti, soltanto che al ristorante si ha il privilegio di avere un contatto più diretto con il cliente, presentando il prodotto sul piatto preparato espresso”. Al contrario delle botteghe di pasticceria, infatti, nei ristoranti “non occorre lasciare i prodotti esposti a lungo, per cui la lavorazione è diversa”.
La ricerca delle materie prime
Fra corsi di pasticceria, consulenze e tanto impegno dentro e fuori dalla cucina, Giuseppe non perde mai il suo spirito gioioso e la sua voglia di fare: “Non è un lavoro semplice, ti porta via tanto tempo, ma è uno dei più belli che ci sia: può darti una serie di soddisfazioni indescrivibili, ma te le devi andare a cercare”. Attraverso una ricerca e uno studio continui, come quello delle materie prime, “per offrire qualità, ho bisogno di qualità”, ingredienti di nicchia che seleziona sempre confrontandosi con lo chef, “da soli non si va da nessuna parte, il dialogo è alla base di ogni lavoro”. Fra i suoi prodotti del cuore, agrumi, frutta secca e cioccolato, sua vera passione, “cioccolatto, diciamo in Sicilia”. Fondente per le lavorazioni, “il migliore”, al latte da mangiare, “ma non disdegno neanche quello bianco”. Insomma, purché sia cioccolato, naturalmente di qualità.
I ricordi della Sicilia
Una volta superato quello stretto, non è più tornato a lavorare nella sua isola, ma i ricordi restano impressi nella memoria: colori, profumi e sapori indelebili che accompagnano ogni buon siciliano in giro per il mondo. Non importa quanto lontano da casa sia, Giuseppe il gusto della Sicilia lo conserva nel cuore e lo restituisce, con la sua personale interpretazione, anche ai clienti del ristorante. “La cassata, per esempio, la preparo con cake al pistacchio, chantilly di ricotta mista di pecora e vaccina, spuma alle mandorle per ricordare l'involucro verde che la ricopre, sorbetto all'arancia candita e coulis croccante al cioccolato”. Tocco finale, le arance pelate a vivo e azotate sparse dal cameriere di fronte agli occhi del clienti, per un effetto ghiacciato al sapore di arancia.
I progetti futuri
Oggi Amato ricopre un ruolo importante, ma non smette di studiare, con la curiosità di quando era bambino, la consapevolezza frutto di anni di esperienza, e l'umiltà di chi sa di avere accanto uno più grandi protagonisti della ristorazione internazionale. “Insieme allo chef abbiamo un paio di progetti in mente: un omaggio a Bronte, con latte d'asina in ricordo dei pastori che un tempo andavano in giro con gli asini per il paese, e il pistacchio in varie consistenze, strutture e temperature”. E poi quello sul latte di capra, “con tanti ortaggi all'interno, dalla zucca alle zucchine, ma è ancora tutto da decidere. Ho fatto le mie prove, attendo il confronto con lo chef”.
La ricetta: crostatine al limone, frutti di bosco e vodka
Ingredienti
Per la crema al limone
100 g. di zucchero semolato
20 g. di buccia di limone
134 g. di uova intere
10 g. di acqua
85 g. di succo di limone
201 g. di burro
Grattugiare la buccia di limone sullo zucchero,miscelare con i liquidi e portare a 82°C al microonde. In fase di raffreddamento e raggiunti i 60°C, versare sul burro ed emulsionare per 5 minuti. Filtrare in un contenitore,coprire a contatto con pellicola e conservare in frigo.
Per il gel di fragoline e combawa
500 g. di purea di fragoline
60 g. di succo di combawa
50 g. di zucchero semolato
2 g. di buccia di combawa
6 g. di agar agar
Portare tutti gli ingredienti a ebollizione, versare in un contenitore e lasciar freddare. Emulsionare e utilizzare.
Per il gel di vodka
100 g. di acqua
100 g. di vodka
2 g. di agar agar
Portare tutti gli ingredienti a ebollizione, versare in un contenitore e lasciar freddare. Emulsionare e utilizzare.
Per la meringa all'italiana
90 g. di acqua
300 g. di zucchero semolato
150 g. di albume fresco
Portare acqua e zucchero a 121°C, versare sugli albumi a temperatura ambiente e montare sino a raffreddamento. Dressare sul silpat (il tappetino in silicone) e cuocere per 4 ore a 90°C.
Per la pasta frolla
300 g. di burro
500 g. di farina debole
3 g. di buccia di limone
1 g. di vaniglia
1 g. di sale
90 g. di tuorli d'uovo
200 g. di zucchero a velo
Sabbiare i primi 5 ingredienti, aggiungere tuorli e zucchero lavorando il composto il meno possibile. Stendere tra 2 fogli di carta da forno a 1mm e congelare. Ritagliare la forma della misura desiderata e cuocere in forno a 150°C per 8 minuti circa (possibilmente su silpat microforato).
Assemblare i vari elementi e comporre il dolce.
La Pergola dell'Hotel Rome Cavalieri – Roma – via Alberto Cadlolo, 101 - romecavalieri.com/it/la-pergola-it/
a cura di Michela Becchi