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Una banana è una banana è una banana. E una Simmenthal è una Simmenthal eccetera. L’ho scoperto sulla mia pelle nel bar di Milano dove la provocazione fa un giro talmente lungo che ogni cosa torna semplicemente a essere quello che è.
Sono al Dirty, che vuol dire sporco, e con la premessa che ho fatto ci sarebbe da stare sul chi va là, ma no, non temete. Sporco qui si intende nel senso di rude, vero, senza filtri. Il locale va molto di moda, Milano è ancora una città che vive di miti con data di scadenza, se n’è parlato assai di questo locale buio e ironico e graffitista al numero 14 di viale Regina Giovanna, non lontano da Porta Venezia, vale la pena dare un’occhiata. La patria chiama.
Dirty: il late night bar di Milano
La sera in cui arrivo sono le dieci e trenta, forse qualche minuto prima, è un martedì, fa un caldo feroce malgrado l’ora e il locale è semivuoto. “Abbiamo un problema con l’aria condizionata”, ci dice una giovane donna in bermuda che scoprirò poi essere Carola Abrate, una dei tre soci (gli altri due sono i romani Mario Farulla e Gigi Tuzzi. Nota a margine: Milano si sta riempiendo di romani e i milanesi quando se ne accorgeranno sarà troppo tardi per loro. Sarà per questo che non c’è nessuno. Ma no, invece. È semplicemente troppo presto.
Dirty, realizzato in stile brutalista pop dallo studio Nick Maltese, resta aperto fino alle 4, alle 5 di notte, ed è dopo l’una che si vivacizza, “quando gli altri posti chiudono e i clienti e i baristi vengono da noi”. Un’idea semplice e geniale in una città che vorrebbe giocare la Champions League della movida ma che ha un serissimo problema di orari, anzi di fuori-orari. Provate a voler mangiare qualcosa che non sia un kebab dopo le 22, provate a voler bere qualcosa che non sia la Coca del distributore dopo mezzanotte e mezza.
I cocktail di Dirty
Da Dirty si beve e si mangia a ogni ora, e il discorso è lungo ma tanto non avete fretta, no? I cocktail sono un pugno di signature che non cercano il facile successo di pubblico, giocando sulle corde estreme dell’acidità e dell’umami. Il Big Mac è un Negroni sbagliatissimo, che va a cercare il gusto dell’hamburger più junk che c’è riproducendo l’aroma e il sapore del pane e quello del cetriolo. Un drink spiazzante – francamente – tecnica sopraffina ma godimento alla fine poco. Va un po’ meglio con il Boosterino: rum, pistacchio salato e lime. Sapidità estrema, nessuna concessione a sensazioni facili, ma un maggiore equilibrio. Completano i quadri l’Accetta i Cookie, un infuso al pandan con blue curaçao, sour e biscotti. E il Karashò, vodka, lampone salato, Thomas Henry Mystic mango.
Poi ci sono gli Specials, che differenza ci sia con i Signature non è ben chiaro ma in fondo noi siamo di larghe bevute, quindi che importa? Il Superdirty è una specie di Martini in cui le olive fanno il colpo di stato prendendo il potere, anche con la loro salamoia. Astenersi perditempo. Mortazza & Sciampo cita Gianfranco Funari e la sua idea di aperitivo: mortadella e Champagne, miseria e nobilità, ma più miseria. Un paio di cocktail restano misteriosi: Bombafragola (lo shakerato del 3000), Pompony, che prevede, tra gli ingredienti, oltre al liquore al melone e al Thomas Henry grapefruit, l’astio sociale. Gli haters troveranno qui il loro drink.
No logo spirits
Ah, qui non ci sono logo. Molti distillati sono prodotti in proprio, altri sono comunque anonimizzati. Quando ordinerete un Gin tonic non vi verrà chiesto quale gin si preferisce, che tanto - diciamocelo - la gran parte di noi sceglie a caso o per sentito dire o per sentito bere. A proposito, il mio Gin tonic con cui ho proseguito la serata, era ottimo, stile London Dry, con botaniche non troppo invadenti. Uno dei migliori della città ad appena 8 euro. Miracolo a Milano.
Naturalmente vengono realizzati anche dei classici, e l’idea, ci dice Carola, è che con i classici non si scherza. “Quelli li facciamo come devono essere fatti, è la base della mixology, se un cliente viene qui e ci chiede un Cosmopolitan non ci possiamo mettere a giocare e lo facciamo al nostro meglio”. In carta Negroni, Daiquiri, Martini, Paloma, Spritz “quello arancione” (no logo ma mica fessi) e poi ALTRO (“fate anche altro?”. “Dipende”). In carta anche un paio di drink analcolici, qualche “birretta”, tre etichette di Champagne, un “prosecchino”, un vino rosso, un vino bianco.
Cosa si mangia da Dirty
E se uno ha fame? Se uno ha fame sono fatti suoi, qui cucina non c’è e gli spazi sono quelli che sono. La piccola carta degli snack sembra costruita da un tossico in fame chimica. La banana costa un euro e di una banana si tratta, ancora da sbucciare. La Mortazza è mortadella, punto, i sottacetini manco a dirlo. Ma il trionfo del nonsense è la Simmenthal, che io ho ordinato immaginando un piatto citazionista. Mal me ne incolse: trattasi di scatoletta della più celebre carne in scarola, fresca di Esselunga, aperta e rovesciata su un piattino. La mangio con una forchettina di plastica, avvolto da un’esaltante tristezza. La rivoluzione non è un pranzo di gala, assomiglia più al pasto di un fuori sede.
Dirty – Milano - viale Regina Giovanna, 14 - Profilo Instagram